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Opinioni

Legge di bilancio, il bagno di realismo del governo Meloni e la bandierina sul reddito di cittadinanza

Nessuna sorpresa dalla prima legge di bilancio del governo Meloni, che deve fare i conti con un principio di realtà: non ci sono soldi e per mantenere le promesse elettorali sarà necessario scontentare qualcuno. Meglio se gli elettori degli altri.
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Diciamoci la verità, c’è sempre un enorme scarto fra l’enfasi con cui vengono comunicate le misure economiche del governo e la loro reale incidenza sulla vita dei cittadini o sull’andamento di imprese e attività commerciali. È andata in modo diverso la prima legge di bilancio del governo guidato da Giorgia Meloni, che in queste ore non ci viene presentata come una rivoluzione copernicana in grado di cambiare il rapporto degli italiani con lo Stato e di far ripartire un Paese in grande difficoltà. Un ulteriore segnale del fatto che la situazione sia piuttosto complessa, per usare un eufemismo.

Cominciamo col dire che gran parte della paternità di questa manovra potrebbe essere rivendicata da Mario Draghi, che ha impostato il Documento di Economia e Finanza, solo parzialmente rivisto dalla Nota di Aggiornamento di Meloni. Una coperta corta che ha reso "impossibile rispondere a tutte le esigenze", per citare il ministro Lollobrigida, e che ha costretto Meloni a una legge di bilancio prudente, con gran parte delle risorse disponibili destinata all'emergenza energetica e con un'oggettiva difficoltà a reperirne altre (da tagli o da ulteriori scostamenti). Lo stesso comunicato ufficiale parla di un “approccio prudente e realista che tiene conto della situazione economica, anche in relazione allo scenario internazionale, e allo stesso tempo sostenibile per la finanza pubblica”. Un bagno di realismo e di prudenza, determinato dalla impossibilità di usare interamente il già esiguo margine di manovra a disposizione, con ben 21 miliardi di euro (sui circa 35 totali) destinato a interventi per la crisi energetica.

Qualche sacrificio è stato inevitabile, come il dimezzamento degli interventi per alleggerire il caro benzina o la rinuncia all'eliminazione dell'IVA sui beni di prima necessità.

Il problema è che in campagna elettorale la compagine di centrodestra si era sbilanciata non poco, in campo economico e sul tema fiscale. In particolare, il programma comune prometteva la “riduzione della pressione fiscale per famiglie, imprese e lavoratori autonomi”, fino a ipotizzare allargamenti sostanziosi per il regime forfetario del 15% per le partite Iva (sulla flat tax, invece, va dato atto a Meloni di aver sempre smorzato). Una rivoluzione promessa e sbandierata che evidentemente non c'è stata né poteva esserci.

È difficile rivendere come un successo questa legge di bilancio, come dicevamo, ma certamente la destra può affermare che i primi provvedimenti vanno nella direzione promessa agli elettori. La revisione del reddito di cittadinanza è la bandiera intorno alla quale Meloni e i suoi stanno chiamando a raccolta le proprie truppe. Perché è la vera decisione politica riconoscibile di questo governo, forte al punto da aver immediatamente aperto un fronte polemico con il leader della minoranza di sinistra Giuseppe Conte. Una scelta molto discutibile, dato il contesto e viste le condizioni di migliaia di italiani, ma che si inserisce perfettamente in quell'idea di "rispettare il mandato degli elettori, costi quel che costi" che è il frame narrativo della reggenza Meloni. Soprattutto, permette di evidenziare una certa discontinuità con le esperienze precedenti, messaggio che è l'architrave della sua propaganda. Tanto più se può innestarvisi un concetto cardine della nuova destra, quello che vede nel reddito garantito un residuo dell'assistenzialismo che ha portato i conti pubblici allo sfascio e vi contrappone un'altra idea di società.

Anche in questo caso, per la verità, siamo in presenza di mezze misure e compromessi. Perché Meloni e i suoi sono ben consapevoli della necessità di non apparire come coloro che considerano la povertà una colpa, peraltro in un contesto in cui le famiglie italiane a bassissimo reddito rischiano di pagare il prezzo più alto della crisi economica e geopolitica. E allora si rispolverano le social card, si aumenta di una miseria l'importo delle pensioni minime, si cercano nuovi palliativi a basso impatto. Soprattutto, si annuncia una "riforma complessiva" di cui nessuno sa nulla e su cui non ci sono dettagli di alcun tipo. Tutto pur di non rinunciare alla bandierina.

Siamo alle solite: se non puoi fare la rivoluzione, non ti resta che raccontarne una.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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