Il 9 dicembre si vota sul Mes: ecco tutte le questioni sul tavolo e perché se ne parla tanto
Il dibattito politico torna a concentrarsi sul Meccanismo europeo di stabilità. Mercoledì 9 dicembre, infatti, il Parlamento sarà chiamato a votare sulla riforma del Fondo Salva Stati: e la maggioranza rischia di spaccarsi. Per la precisione, Camera e Senato si esprimeranno in merito alle comunicazioni di Giuseppe Conte che il giorno successivo parteciperà al Consiglio europeo. Venerdì 11 novembre toccherà poi al Vertice euro riunirsi ed è esattamente qui che si approverà la riforma del Mes. Ma il presidente del Consiglio rischia di non ricevere il via libera tra Montecitorio e Palazzo Madama. All'interno del Movimento Cinque Stelle, storicamente critico del Mes, la tensione è infatti alle stelle e la corrente più radicale potrebbe opporsi alle comunicazioni di Conte. Che, senza i numeri in Parlamento, non avrebbe quindi il pieno mandato per sostenere la riforma. Con forti ripercussioni sull'intero governo.
Conte, da parte sua, ha cercato di rassicurare affermando che il suo esecutivo non cadrà sul Mes. "Siamo in guerra con il virus, ma ora inizia la ricostruzione nel segno dell'Europa e sarà il mio governo a guidarla perché io non cadrò sul Mes", ha detto. Sottolineando che la riforma riguarda alcuni meccanismi del Fondo Salva Stati, ma non ha nulla a che vedere sulla decisione di un Paese di accedere o meno alle linee di credito del Mes. Sia che si tratti di quelle ordinarie che di quelle per coprire le spese sanitarie, attivate durante la pandemia. Sulle quali lo stesso presidente del Consiglio non ha mai nascosto il proprio scetticismo.
Su cosa voterà il Parlamento
Per ricapitolare, il Parlamento non dovrà decidere se accedere o meno al Mes. Ma voterà sulle comunicazioni di Conte, che spiegherà perché nel Vertice euro dell'11 dicembre il governo italiano intende approvare la riforma del Meccanismo. Per il via libera definitivo, ad ogni modo, si dovrà comunque attendere un passaggio nei Parlamenti dei Paesi coinvolti. Che avverrà solo nei prossimi mesi e solo nel caso in cui le istituzioni europee si dicano favorevoli. Approvare la riforma, però, non comporta automaticamente un utilizzo del Mes. Sull'accesso alle linee di credito europee, infatti, l'ultima parola spetta sempre ai Parlamenti interessati.
Ciò nonostante, in Italia le polemiche politiche sono sempre state molto accese sul Mes, percepito da più parti come un tentativo di intromissione negli affari nazionali da parte delle istituzioni europee. E anche l'approvazione di qualsiasi provvedimento che riguarda il Fondo Salva Stati viene inteso come un voto pro-Mes. Ragion per cui alcuni parlamentari pentastellati hanno già messo nero su bianco in una lettera la loro contrarietà alla riforma. Anche il fondatore del M5s, Beppe Grillo, si era esposto qualche giorno fa contro il Meccanismo: anche se nel suo post Grillo non aveva menzionato esplicitamente la riforma, ma si era solo schierato contro l'attivazione del Mes, le tempistiche delle sue dichiarazioni comunque rischiano di influenzare il voto. Ci potrebbe essere così un ulteriore strappo nel M5s tra corrente moderata e radicale, che potrebbe poi travolgere anche l'intero governo.
La riforma del Mes
Ma che cosa cambierebbe con la riforma del Mes? Di fatto se ne discute da quando era in carica il governo gialloverde e prevede di fatto due principali cambiamenti: un Fondo di risoluzione unico per le banche in difficoltà e l'obbligo per il Paese che accede ai prestiti del Mes di affrontare un piano di ristrutturazione del debito emettendo particolari titoli di Stato. Grazie ai quali si andrebbero a semplificare le procedure attraverso le quali si avviano i programmi di riduzione del debito: il rischio è che, a fronte di tali meccanismi, i creditori possano chiedere interessi più alti agli Stati membri particolarmente a rischio, come appunto l'Italia.
Accedere al Mes, quindi, farebbe scattare delle ingenti operazione di taglio della spesa pubblica per ridurre il debito. Specialmente i Paesi mediterranei, soprattutto dopo l'esperienza dalle crisi del 2008, temono che l'utilizzo del Mes comporti politiche di austerity e un'intrusione di Bruxelles nei propri conti pubblici.
Le posizioni degli altri partiti
Oltre alla corrente più radicale del M5s, si è apertamente schierata contro la riforma del Mes anche la destra: sia Matteo Salvini che Giorgia Meloni hanno duramente criticato le modifiche su cui si è discusso negli ultimi anni, affermando rispettivamente che nel caso queste fossero approvate "dovremmo sopportare le conseguenze di una Troika modello Grecia" e "significherebbe consegnare definitivamente la sovranità italiana ai diktat europei". Entrambe queste forze politiche sono anche espressamente contrarie all'utilizzo del Mes nell'ambito della risposta al Covid. Più complessa è invece la posizione di Forza Italia, che nei mesi scorsi si è detta a più voci favorevole all'utilizzo delle linee di credito per la Sanità messe a disposizione dal Fondo, ma che sostiene di essere invece contraria alla riforma. Forse perché il segretario della Lega nei giorni scorsi ha minacciato di rompere la coalizione del centrodestra se qualcuno degli appartenenti all'opposizione avesse votato a favore in Parlamento.
Il Partito democratico, Italia Viva e l'ala moderata dei Cinque Stelle, anche se si scontrano sull'opportunità di usare il Mes per le spese sanitarie, sono invece sulla stessa linea per quanto riguarda il via libera alla riforma. Matteo Renzi ha però avvertito che nel caso in cui alcuni parlamentari del M5s decidessero di respingere le comunicazioni di Conte, la maggioranza verrebbe meno.