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Il 2×1000 di finanziamento ai partiti è un flop: sorride Meloni, a Renzi solo 725mila euro

La stragrande maggioranza dei contribuenti non dà alcuna destinazione al due per mille. I dati del Mef confermano la lontananza dei cittadini dalla politica. Nella tabella calano i fondi per le principali forze: i dem restano primi, ma con un milione di euro in meno rispetto all’anno scorso. Vola Fratelli d’Italia, anche la Lega in flessione. Tra le forze di centro Azione di Calenda supera di 50 euro Italia Viva.
A cura di Stefano Iannaccone
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Il primato, come era prevedibile, spetta al Partito democratico con una quota di oltre 7 milioni di euro. Ma con un calo pesante, un milione, rispetto all’anno precedente. Le “due Leghe”, unite, sono staccate ma restano davanti agli alleati-competitor di Fratelli d’Italia, che però si gode un vero e proprio boom con un milione in più in confronto al 2020. Il due per mille, destinato al finanziamento dei partiti, è così anche una traccia per il sostegno alla politica. I dati diffusi dal Ministero dell’economia e delle Finanze confermano un fatto: su 41 milioni e 372mila contribuenti, meno di un milione e 400mila ha selezionato una forza politica a cui dare quei fondi per un totale di 18.913.260 di euro (+900mila su base annua). Sono, quindi, 40 milioni di cittadini a non finanziare i partiti. Non proprio un attestato di stima, nonostante una crescita del dato, è contenuto nelle 100mila unità.

L'elenco riserva sempre qualche sorpresa, come la presenza del partito La Puglia in più di Dario Stefano, senatore del Pd. Il soggetto politico, non proprio al centro della scena nazionale, ottiene 76mila 490 euro, grazie alla scelta di 7.442 persone. Non male. Nell’elenco figura anche Demos (Democrazia solidale), piccola formazione guidata dal consigliere regionale del Lazio, Paolo Ciani, tra cui figura anche l’ex viceministro agli Esteri, Mario Giro. Demos si porta a casa poco meno di 29mila euro. Ritorna l'Italia dei valori, attualmente guidata da Ignazio Messina, con 52mila euro. Scorrendo la tabella emerge la concorrenza, non solo elettorale, tra Azione di Carlo Calenda e Italia Viva di Matteo Renzi: entrambi si attestano a 725mila euro, la differenza è minima, di appena 50 euro (a favore di Azione).

Ma cos’è esattamente il due per mille? Con l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, approvata dal governo Letta, è stata creata questa forma di contributo su base volontaria: con la dichiarazione dei redditi, ogni cittadino può indicare un codice relativo a un partito. Altrimenti il due per mille viene lasciato alle casse statali. La rosa di soggetti politici, che possono accedere alla ripartizione delle risorse, viene selezionata da un’apposita commissione che valuta i criteri, tra cui l’esistenza di uno statuto e l’elezione di almeno un rappresentante tra Parlamento italiano ed Europarlamento.

Come da tradizione il Pd la fa da padrone: il totale è di 7.428.817 di euro, grazie a 496.844 persone che hanno indicato l’apposito codice. Un primato netto, ma con l'amaro calice della flessione di un milione. La Lega va contata invece a doppia: la Lega per Salvini premier, la nuova creatura dell’ex ministro dell’Interno, e il tradizionale Carroccio, la cui denominazione ufficiale è Lega Nord per l'Indipendenza della Padania. La somma supera i 3 milioni, di cui 2.358.464 della Lega salviniana. Il calo è comunque sostanzioso, intorno agli 800mila euro. Sul “podio” spicca Fratelli d’Italia, che trova un tesoro di 2.196.866 di euro. Una performance eccellente: c'è l'incremento di un milione rispetto all’anno precedente.

Nessuno tra gli altri partiti è riuscito a superare la quota di un milione di euro. Al quarto posto così figura Azione di Calena che, come detto, supera di un soffio la renziana Iv. Poco dietro compare la Federazione dei Verdi con oltre 616mila euro. Un buon risultato, ma in lieve calo. Discreta la performance di +Europa, a 609mila euro: il partito di Emma Bonino paga dazio alla presenza di Calenda e Renzi, perdendo circa 200mila euro rispetto al 2020. Buono l’esordio (in passato non avevano avuto accesso alla ripartizione del due per mille) per i Radicali italiani, ora guidati dal segretario Massimiliano Iervolino: ottengono 260mila euro.

Ma la competizione c’è anche a sinistra: Rifondazione comunista riceve 575mila euro, facendo registrare un miglioramento di varie decine di migliaia di euro. Tra le forze che compongono il gruppo parlamentare di Leu, invece, Articolo 1, il partito del ministro della Salute, Roberto Speranza, raggranella 482mila euro, superando Sinistra italiana che si ferma a 438mila euro. Lo scorso anno, infatti, il soggetto di Nicola Fratoianni aveva raccolto 200mila euro in più rispetto agli alleati di Art.1. Sempre a sinistra Possibile, la formazione fondata da Giuseppe Civati e guidata oggi dall’ex deputata Beatrice Brignone, ricava dal due per mille 164mila euro, crescendo di 15mila euro in confronto all’anno precedente. Il Partito socialista, che conta tra le sua fila il senatore Riccardo Nencini, si attesta a 150mila, senza grosse variazioni. Mentre tra le forze politiche regionali, svetta la Sudtiroler Volkspartei con oltre 330mila euro in arrivo in cassa. Una sorpresa è rappresentata dall'Unione sudamericana emigrati italiani (Usei), che vola a oltre 78mila euro.

La lista del due per mille conferma che anche quest’anno Forza Italia si dimostra poco attrattiva: la quota ottenuta è 575mila euro, con un calo comunque contenuto intorno ai 50mila euro. Ma il trend non è esaltante. Tra le forze minori, ma oggi fondamentali per gli equilibri politici, il Movimento associativo italiano all’estero, meglio noto come Maie, riceve poco meno di 55mila euro. Identità e azione (Idea) del senatore Gaetano Quagliariello porta a casa oltre 32mila euro, con un aumento di oltre il 50 per cento in confronto ai dodici mesi precedenti. L’Udc, anch’esso molto corteggiato per puntellare la maggioranza a Palazzo Madama, ricava dalla ripartizione 28mila euro. Meglio di niente, visto che lo scorso anno non aveva avuto l'okay per la ripartizione dei fondi. Ma, al netto dei singoli risultati, c’è poco da stare allegri: 40 milioni di italiani ignorano i partiti. E non danno nemmeno un centesimo per il loro finanziamento.

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