Il 20% dei giovani italiani non studia e non cerca lavoro: nessun paese europeo è messo peggio
Non cercano lavoro ma non sono nemmeno inseriti in un percorso di studi: sono i Neet, cioè (Not Engaged in Education, Employment or Training), che in Italia, secondo l'indagine 2017 sull'occupazione e sugli sviluppi sociali in Europa (Esde) diffusa oggi dalla Commissione, sono 19,9%, cifra più alta rispetto alla percentuale europea dell'11,5%. Sono ragazzi che vanno dai 15 ai 24 anni. Il mercato del lavoro li sta tagliando fuori, e loro, scoraggiati, rispondono smettendo di fatto di cercare un impiego. Il loro numero nel 2016 è comunque diminuito, se consideriamo che nel 2015 la percentuale toccava il 21,4%. A livello europeo, dopo il picco registrato nel 2013, il numero dei giovani disoccupati è diminuito di 1,8 milioni di unità e quello dei Neet di 1 milione di unità. Il gap tra uomini e donne che lavorano resta alto, il 20,1%, mentre il numero di persone che vivono in condizioni di estrema povertà equivale all'11,9%: oltre all'Italia, nei paesi Ue questa percentuale è cresciuta solo in Estonia e Romania.
Nel 2016, la disoccupazione in Italia fra i 15 e i 24 anni si attesta al 37,8%, in calo rispetto al 40,3% del 2015, terza dopo Grecia (47,3%) e Spagna (44,4%). Chi un lavoro invece ce l'ha già, in più del 15% dei casi, ha un contratto atipico e temporaneo, e se ha meno di 30 anni guadagna in media meno del 60% di un lavoratore con più di 60 anni. Nel grafico il confronto con gli altri paesi europei:
Se allarghiamo il campo, il trend generale dello studio segna una crescita dell'occupazione in Europa: 234 milioni di lavoratori in tutto, rispetto ai 225 milioni del 2013. I dati dimostrano poi che la disoccupazione è al livello più basso dal dicembre 2008, e che dal 2013 sono stati creati 10 milioni di posti di lavoro nell'UE. La commissaria responsabile per l'Occupazione Marianne Thyssen, ha commentato così lo studio: "Questa indagine annuale dimostra ancora una volta che stiamo procedendo con determinazione verso una maggiore crescita e occupazione. Ciononostante, i giovani d'oggi e i loro figli potrebbero ritrovarsi in condizioni peggiori rispetto ai genitori, e non è quello che vogliamo". Sono ancora i giovani a pagare il prezzo più alto sul lavoro, a nonostante i generali segnali positivi che arrivano da tutta Europa. Da qui al 2060 si prevede un calo dello 0,3 % nella popolazione lavorativa. E questo peserà naturalmente sul tasso di fecondità, sulla capacità di creare nuovi nuclei familiari, sulla possibilità per i giovani di acquistare una casa, sulla sostenibilità dei nuovi sistemi pensionistici. Pertanto si percepiranno pensioni più basse, in rapporto agli stipendi.