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Autonomia differenziata delle Regioni

I vescovi contro Calderoli: “L’autonomia differenziata divide il Paese e aumenta la povertà”

L’arcivescovo di Napoli, Domenico Battaglia, ha pubblicato una lettera aperta con una dura critica alla proposta di autonomia differenziata del governo Meloni, promossa in particolare dal ministro degli Affari regionali Roberto Calderoli. La riforma “divide il Paese” e “accresce la povertà già troppo estesa ed estrema”, ha scritto.
A cura di Luca Pons
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L'autonomia differenziata delle Regioni, la riforma promossa dal ministro Calderoli, "lacera il senso di solidarietà che è proprio della nostra gente, divide il Paese, accresce la povertà già troppo estesa ed estrema per milioni di italiani". E per questo anche la Chiesa "non può tirarsi indietro", senza temere l'accusa di "politicismo", perché "la Chiesa prende parte sì, quella dei poveri". Non ha usato mezzi termini Domenico Battaglia, arcivescovo della città metropolitana di Napoli, in una lettera aperta pubblicata sul sito della curia napoletana.

La proposta di legge, che attualmente si trova in Parlamento, è duramente contestata dalle opposizioni. Nonostante le pressioni di Calderoli, che ha detto che abbandonerà la politica se la le riforma si fermerà, sta incontrando anche dei problemi interni: a inizio luglio quattro esperti si sono dimessi dal comitato che doveva stabilire i Lep, i livelli essenziali che tutti i servizi pubblici dovrebbero rispettare (e che sono fondamentali per la riforma).

Battaglia, nella sua lettera pubblicata sul sito della Curia di Napoli, ha criticato lo spirito dell'autonomia differenziata, che lascerebbe ampi poteri alle Regioni e, secondo diverse stime, aumenterebbe le diseguaglianze interne al Paese. "C'è un'aria strana che si muove nel cielo", ha iniziato l'arcivescovo, e questa va nella direzione "della povera gente, resa ogni giorno più povera da una certa politica che non la considera, se non per la convenienza, magari elettorale".

Il territorio di Napoli è "una terra di confine", ha sottolineato il prelato. "Tra un Sud che non parte e un Nord che non viene. E dove Sud è l’arretratezza, con tutto il carico di dolori e di errori, e il Nord è lo sviluppo, con tutto il peso delle sue contraddizioni". Ma anche "tra un Meridione che si modernizza e cresce" e "la mia Calabria, la regione da cui provengo, che resta, nonostante i buoni sforzi di parti della politica e delle istituzioni, ferma al palo dell’antico abbandono e delle moderne speculazioni".

E da questa terra di confine, Battaglia ha osservato che l'Italia "rischia di essere trascinata in un campo in cui l’egoismo che ci prende sempre di più si codifica in scelte politiche nette". Scelte che "alimentano quel desiderio di separatezza di una parte del territorio da tutto il resto del Paese". Oggi, invece, "quella cultura della divisione, quel sentimento di egoismo" hanno la forma "di un’altra legge possente, di un altro colpo, cioè, all’impalcatura democratica dello Stato fondato sulla partecipazione di tutti alla costruzione della ricchezza del Paese".

Il nome ‘autonomia  differenziata' mira a "indorare la pillola sbagliata da ricetta ancora più sbagliata". E l'arcivescovo ha risposto anche a chi afferma "che è tutto previsto dalla Carta Costituzionale". Per Battaglia, "costoro dimenticano, che la Costituzione, prima, durante e dopo, quell’articolo, narra dell’eguaglianza autentica fra tutti cittadini e prescrive che sia lo Stato a garantire l’effettiva parità". E dimenticano anche che "la bellezza della nostra Costituzione è nella inscindibile unità tra autonomie e solidarietà, tra libertà individuale e azione sociale, tra ricchezza individuale e ricchezza complessiva, tra singoli territori e unità territoriale".

La riforma, quindi, "per quanto la si voglia edulcorare con nuovi innesti terminologici che la gente non comprende, rompe questo concetto di unità, lacera il senso di solidarietà che è proprio della nostra gente, divide il Paese, accresce la povertà già troppo estesa ed estrema per milioni di italiani".

Battaglia ha concluso prendendo una posizione netta: "Dinanzi alle enormi sofferenze di famiglie intere che non riescono a fronteggiare il più piccolo dei bisogni, nessuno osi tirarsi indietro. La Chiesa non può e non lo farà. Il prete non può e non lo farà". In più, "non tema alcuno di essere accusato di politicismo, la Chiesa prende parte sì, quella dei poveri, dei bisognosi". Lo fa, ha detto "per dar loro la forza di riscattarsi dalla povertà e dall’arretratezza. Oggi questo sostegno deve andare anche ai territori, affinché non siano lasciati soli. A quelli del Sud perché in essi splenda pienamente il sole".

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