I veri numeri sul Superbonus, l’antidoto alla propaganda del governo Meloni
- di Andrea Orlando, ex ministro e parlamentare del Partito Democratico
Il Governo sin dal suo insediamento ha utilizzato due argomenti per giustificare i tagli alla spesa sociale (sanità e pensioni): Gentiloni e il Superbonus.
Per Gentiloni intendo intendo il vincolo esterno europeo, le conseguenze del patto di stabilità ridefinito dopo il Covid. Questo argomento è miseramente franato dopo che la trattativa tra gli stati (prevalentemente Francia e Germania più i frugali) ha notevolmente peggiorato, dal punto di vista italiano, la proposta di riforma avanzata dalla commissione (e quindi da Gentiloni). Dal Consiglio Europeo in poi l’argomento è diventato tabù per la destra, affrontarlo evidenzierebbe la totale irrilevanza del nostro Paese nella trattativa.
Rimane dunque l’alibi Superbonus.
Premessa, non sono né tra i padri ne’ tra i fan della misura. Nel dibattito che l’ha preceduta ho sempre sostenuto un approccio “minimalista” e selettivo e conseguentemente ho sostenuto gli interventi definiti dal Governo Draghi per contenere gli effetti. Trovo però abbastanza ridicolo che forze, che peraltro hanno sostenuto questo strumento prima e ostacolato gli interventi di contenimento poi, oggi facciano diventare il Superbonus la causa di tutti i mali della finanza pubblica.
Per questo ritengo che vadano, in proposito, rimesse le cose in fila.
Il Superbonus è stato introdotto nel secondo semestre del 2020 dal DL 34/2020 (cosiddetto "Decreto Rilancio") e stabiliva un aumento temporaneo, al 110%, delle detrazioni dall’Irpef previste per alcune tipologie di lavori volti ad aumentare l’efficienza energetica degli edifici e a ridurre il rischio sismico. Inizialmente era previsto che fosse utilizzabile per gli interventi realizzati tra il momento della sua introduzione e la fine del 2021. L’incentivo è stato tuttavia prorogato con varie modifiche a dicembre 2022 e poi nel 2023, con alcune eccezioni, con la stessa aliquota di detrazione e poi con aliquote decrescenti nel tempo (fino al 65%).
La legge, quindi, è del maggio 2020 ma solo nel secondo semestre del 2021 tutta la procedura viene uniformata e il mondo delle banche e della finanza inizia a determinare le procedure di acquisto. E’ pertanto solo dal 2022 che effettivamente il provvedimento è stato calato a terra e le imprese hanno iniziato a partire con i lavori (nel 2021 il 110% ha sviluppato un fatturato minimo). In questi anni sono stati fatti diversi interventi del legislatore a modifica della norma, ben 21, alimentando una situazione di disagio e di grave incertezza tra gli operatori e le famiglie. In sintesi il 110% ha avuto una sua applicabilità al massimo per 18-20 mesi non di più.
L’impatto economico del Superbonus
Uno studio di Nomisma valuta l’impatto economico complessivo del Superbonus 110% sull’economia nazionale pari a 195,2 miliardi di euro, con un effetto diretto di 87,7 miliardi, 39,6 miliardi di effetti indiretti e 67,8 miliardi di indotto. A fine 2022, sempre rispetto al livello medio del 2018-2019, gli investimenti in costruzioni residenziali 2021-2022 sono risultati più elevati di quasi il 40%. La crescita del Pil nel 2021 e nel 2022 è stata trainata dalla domanda interna, soprattutto nella parte degli investimenti (+9,4% per il 2022) e circa un terzo è attribuibile all’edilizia (32,9% nel 2021 e 30,8% nel 2022). Un dato, questo, che ha consentito di abbassare il rapporto Debito/PIL dell’Italia con evidenti vantaggi finanziari per un Paese fortemente indebitato.
L’Ufficio Parlamentare di Bilancio ha effettuato un’analisi sul profilo distributivo di tutti i bonus ristrutturazioni e l’ecobonus ordinario fino al 2020 da cui emerge che queste due misure presentavano un “profilo regressivo, conferma che questo tipo di agevolazioni beneficiano maggiormente i contribuenti con un patrimonio immobiliare e un alto reddito che, disponendo di liquidità e di capacità fiscale sufficiente, potevano effettivamente scomputare le detrazioni dal debito di imposta". Mentre sul Superbonus 110%, lo stesso UPB sottolinea che l’elevato tasso di agevolazione, lo sconto in fattura e la possibilità di cedere il credito “consentono di superare i problemi che limitano la possibilità di fruire dell’agevolazione a quei contribuenti con vincoli di liquidità nel finanziare l’intero importo dei lavori e con un reddito imponibile non sufficientemente elevato per godere della detrazione (incapienza fiscale)”. Sono, infatti, circa 2 milioni gli italiani con reddito medio-basso che beneficeranno del provvedimento. Quindi il Superbonus è un provvedimento che consente a tutte le famiglie, soprattutto a quelle più povere, di poter sistemare il proprio appartamento, valorizzare il loro patrimonio (Nomisma valuta in 7 mld l’incremento dei valore degli immobili oggetto degli interventi) metterlo in maggiore sicurezza e risparmiando in futuro sulla bolletta energetica.
Il risparmio energetico
Inoltre sul piano del risparmio energetico uno studio del Censis dell'ottobre 2022 afferma che, se si tiene conto sia dei degli ecobonus “ordinari” che del Super ecobonus 110%, il risparmio garantito dai bonus edilizi degli ultimi anni sfiora i 2 miliardi di metri cubi di gas, pari a più di 2/3 del risparmio di gas previsto dalle misure di riduzione dei consumi per il settore domestico varate ad agosto 2022 per far fronte all’emergenza energetica. Sempre sul fronte energetico il risparmio stimato da Nomisma sui cantieri terminati a febbraio 2023 era di 29 mld. Con un risparmio medio in bolletta di 964 euro all’anno.
Costi ed entrate per lo Stato
A luglio 2022, Ance ha effettuato un’elaborazione, partendo da una stima di circa 1,3 milioni di unità abitative coinvolte e una corrispondente spesa agevolata di 57,4mld dove risulta che le entrate dirette nel bilancio dello Stato per i lavori effettuati ammontano a 25,8 mld. L'analisi porta a quantificare che, se lo Stato spende 57 miliardi (per 1,3 milioni di unità abitativa) per i bonus, ne incassa, direttamente 26 miliardi, ovvero il 47% della spesa complessiva. Questa percentuale del 47% di entrate per lo Stato su 100% di lavori derivano dall’Iva, dai redditi pagati agli operai di quei cantieri, dai prodotti utilizzati, dalle parcelle dei professionisti e dai redditi degli imprenditori.
Prendendo invece in considerazione anche gli effetti indiretti degli interventi e quelli da essi indotti (ad esempio derivanti dalla produzione dei materiali impiegati), arriviamo a risultati molto più rilevanti e, certamente, più vicini al vero con una percentuale di entrate per lo Stato pari a circa il 74%.
Anche le maggiori entrate della Cassa Edile sono il frutto del valore del superbonus e dell’emersione del nero.
Ad oggi infatti per effetto del superbonus 110% sono emersi 150.000 nuovi lavoratori nel mondo dell’edilizia che prima del superbonus o non erano conosciuti o non occupati. Inoltre altri 48.000 occupati sempre nel settore edile sono passati dal part time al full time. Complessivamente la totalità della massa salari 2023 sul 2021 è stata del 43,66% come certificato dalla Commissione Nazionale paritetica delle casse edili. Sempre la stessa commissione ha certificato al 31 agosto 2023 che la categoria di lavorazioni edili come le ristrutturazioni private sono quasi 4 volte di più rispetto ai lavori di nuova edilizia civile e quasi cinque volte di più rispetto ai lavori su opere pubbliche stradali, ponti, ecc. Cosa succederà a questo comparto dell’edilizia quanto terminerà il superbonus sommato all’attuale costo dei mutui?
Altro che provvedimento che ha scassato i conti pubblici. Esattamente il contrario.
Le truffe
Il direttore dell’Agenzia delle Entrate, in un’audizione alla Commissione Finanze e Tesoro del Senato, aveva reso noto che l’attività di analisi e di controllo dell’Agenzia e della Guardia di Finanza aveva permesso di individuare "un ammontare complessivo di crediti d’imposta irregolari pari a circa 9,5 miliardi di euro", numeri che potrebbero essere saliti a oltre 12 miliardi di euro. La stima pubblicamente disponibile dell’Agenzia delle Entrate sulle truffe dei bonus edilizi è quella resa nota a marzo 2023, all’epoca circa 3,7 miliardi di euro che si riferivano a crediti d’imposta sequestrati dall’autorità giudiziaria, mentre circa 2,6 miliardi di euro si riferivano a «crediti irregolari» che erano stati sospesi e scartati, «impedendo così il verificarsi di danni erariali». I restanti miliardi erano oggetto di indagini o di richieste di sequestro preventivo. Si tratta di truffe non riferibili solo al Superbonus. Nel febbraio 2022, infatti, l’Agenzia delle Entrate aveva comunicato che solo il 3% dei crediti utilizzati nelle truffe si riferivano al 110% mentre l’80% riguardava il bonus Facciate e l’Eco-bonus.
Secondo la stampa (il Corriere della Sera), i crediti d’imposta sospettati di essere oggetto di truffe per quanto riguarda il solo Superbonus sarebbero oggi pari a 2,5 miliardi di euro, un numero comunque lontano dai 12 miliardi di euro citati dal Governo. Rimane il fatto che serviva e serve ancora oggi un maggior controllo da parte degli organi preposti. Giova ricordare che prima del Superbonus le truffe accertate contro lo Stato tra il 2017 e il 2021 ammontavano a 34 mld. Purtroppo, ed è grave, c’è un problema serio nel Paese per le truffe contro lo Stato, ma per questo i Governi non smettono di fare provvedimenti di sostegno favore di operatori privati o di famiglie per il rilancio dell’economia.
La proroga per i condomini
Ora è necessaria una proroga dell’incentivo al 110% per i condomini, nessuna riapertura dei termini della misura, ma solo consentire che chi ha già iniziato il lavoro ed è ad un importante stato di avanzamento, possa portarlo a termine con qualche mese in più. I cantieri hanno subito dei forti rallentamenti per la difficoltà di monetizzare i crediti e per un’estate caldissima (nel mese di luglio scorso) come le eccesive piogge di giugno 2023. Va concesso qualche mese in più per evitare contenziosi, imprese fallite, famiglie disperate, impalcature abbandonate e lavori a metà in tanti nostri Comuni. Non concedere qualche mese in più vuol dire costringere una parte delle imprese più prossime alla possibile chiusura dei cantieri a correre compromettendo la qualità dei lavori e abbassando le soglie di sicurezza dei lavoratori.
La speculazione finanziaria
Non si può più tacere oggi su quanto sta avvenendo sul 110% da parte della finanza. I crediti vengono ceduti come media al sistema del bancario, quando è possibile, attorno al 70 -75% su 110% di cessione, addirittura ci sono speculatori che comprano il 110% al 50% o al 60% e le imprese pur di sopravvivere vendono a qualsiasi prezzo. In un Paese normale tutto questo non sarebbe tollerabile. Come è possibile che una norma così importante per il settore delle costruzioni e per il mondo dell’edilizia abbia spostato tutto il maggior guadagno nelle casse delle banche e nel sistema della finanza? Basta farsi una semplice domanda, quanto guadagna un’impresa di costruzione sul 110% e quanto guadagna chi acquista il credito. Questa è la vera malattia del Superbonus, dove nessuno controlla questa speculazione finanziaria e a farne le spese sono le imprese e le famiglie.
I crediti incagliati
Oggi se vogliamo dare subito un segnale di fiducia servirebbe una precisa indicazione del Governo nel coinvolgere le grandi partecipate pubbliche nell’acquisto dei crediti con percentuali ragionevoli, vero segnale contro la speculazione finanziaria dei crediti. I conti pubblici dello Stato rischieranno di saltare non per l’esborso dello Stato, che come è stato ampiamente dimostrato su 110 di crediti fiscali concessi dallo Stato circa il 74% rientra nella casse pubbliche, ma per non aver risolto da parte del Governo il problema dei crediti incagliati e aver consentito alla finanza di fare l’ennesima speculazione a danno delle famiglie meno agiate.
Basta con la propaganda
Anche il Mef finalmente ha posto chiarezza nella nota del DEF. Il Superbonus secondo Via XX Settembre, anche tenendo conto degli effetti positivi sulla crescita del Pil grazie all’industria delle costruzioni e dell’indotto, la somma fra costi e benefici del Superbonus 110% è negativa e "per quanto riguarda la finanza pubblica, si ritiene che lo stimolo esercitato dal provvedimento sull’attività economica e sul gettito fiscale non sia stato sufficiente a compensarne i costi". Ovvero c’è stato un introito importante per lo Stato ma non pari a quanto costato. È ora che anche il Governo esca dalla propaganda: a fronte oggi di 85 mld circa di interventi a cassetto fiscale del Superbonus le entrate dello Stato, al netto dei vantaggi finanziari legati al miglioramento del rapporto Debito/PIL, ammontano a circa 62,9 mld pari al 74% come oramai ampiamente dimostrato ( ci sono ricerche approfondite che valutano un ritorno più positivo sulle casse dello Stato).
Quindi la differenza tra costi e entrate per lo Stato ad oggi per il Superbonus 110% è di circa 12 mld, un onere per lo Stato da suddividere in 4 anni. Questa è la realtà, tutto il resto è come sempre un tentativo di distrazione di massa per coprire le incapacità ed inefficienze di questo Governo.