I timori di Lara Comi e i goffi tentativi per non farsi scoprire: “Possono indagarmi? Usa Telegram”
È dal 22 gennaio di quest'anno che, almeno secondo quanto emerge dall'ordinanza di misura cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari di Milano Raffaella Mascarino, l'ex eurodeputata di Forza Italia Lara Comi, finita ieri ai domiciliari con le accuse di corruzione, truffa aggravata e finanziamento illecito ai partiti, aveva iniziato a usare particolare accortezza nelle sue conversazioni. "Comunque scarica Telegram che è più comodo", diceva via Whatsapp l'ex europarlamentare all'amica avvocato Maria Teresa Bergamaschi, indagata in concorso con lei per l'accusa di corruzione. E dopo poco aveva aggiunto: "Ciao! Se dovessero chiamarti non rispondere né al telefono né agli sms, poi ti spiego".
Il presunto meccanismo corruttivo: Zingale vorrà il regalo di Natale
La Bergamaschi, secondo gli inquirenti, era il tramite attraverso il quale la Comi avrebbe ricevuto consulenze da Afol Città Metropolitana, azienda speciale consortile partecipata che offre servizi su formazione professionale, orientamento e lavoro. Il meccanismo corruttivo, secondo gli inquirenti, era il seguente: Afol, tramite il direttore generale Giuseppe Zingale (finito in carcere) e con la mediazione di Nino Caianiello, ex coordinatore di Forza Italia a Varese (indagato e ritenuto la mente del presunto sistema di tangenti al centro di tutta l'inchiesta), assegnava formalmente consulenze alla Bergamaschi: parte dei soldi di queste consulenze venivano però retrocesse allo stesso Zingale – "Vorrà il regalo di Natale", scrive la Comi all'amica su Whatsapp riferendosi a una "mazzetta" da 10mila euro – e alla Comi. A inguaiare l'ex eurodeputata in particolare c'è una fattura da cinquemila euro emessa il 21 dicembre 2018 dalla Premium Consulting srl (società di Comi) alla Bergamaschi, "a fronte di un'operazione totalmente inesistente e finalizzata esclusivamente a veicolare la dazione corruttiva", scrive il gip.
Mi possono indagare? La risposta: In una giustizia corretta non dovrebbero
I timori di essere indagata, da parte della Comi, diventano concreti il 10 maggio, tre giorni dopo i primi 43 arresti nell'ambito dell'inchiesta "Mensa dei poveri" e pochi giorni prima dell'effettiva iscrizione della Comi nel registro degli indagati. "Secondo te mi possono indagare?", chiede la Comi alla Bergamaschi: "Per potere possono – risponde l'avvocato – ma sarebbe una porcheria. Dovrebbero sentirti secondo me ma come persona informata sui fatti, ma se c'è sotto qualcosa perché vogliono crearti danni per la campagna elettorale e vogliono fare una vaccata te la danno". E l'amica poi si lancia anche in un commento che, alla luce dei fatti, appare quanto meno paradossale: "Diciamo che in una giustizia corretta non dovrebbero, ma qui di corretto non c'è niente mi sembra".
L'amica: Diremo che se pensavano di avere un ritorno era un loro pensiero
Seguono conversazioni tra le due amiche per ricostruire i flussi delle consulenze con Afol e concordare versioni da fornire a giornalisti e inquirenti: "Comunque oggi io dirò che non ho mai preso 17k (17mila euro, il valore di un'altra consulenza al centro dell'indagine, ndr), non ho mai avuto consulenze con Afol né di società a me collegate che non esistono… Se mi chiedono perché dicono questo posso dire che eri tu che facevi loro consulenza con tutto quello che ne consegue per la tua bravura". E l'amica completa la versione: "E che tu mi hai presentato solo perché sono esperta e loro avevano manifestato interesse a entrare in contatto con i progetti europei. Che se loro pensavano di avere un ritorno era un loro pensiero che mai tu avresti considerato perché non hai mai fatto nulla del genere e sapendo anche chi sono io e come lavoro. Insomma la verità. Il nostro modo di lavorare. Pulito e basta!".
Tentativi che adesso sembrano davvero goffi, decisamente in contrasto con quell'immagine di una donna che "nonostante la giovane età ha mostrato nei fatti una non comune esperienza nel far ricorso ai diversi collaudati schemi criminosi", come ha scritto il gip a proposito della Comi. E soprattutto tentativi del tutto inutili, in quanto poi la stessa Bergamaschi ha deciso di consegnare spontaneamente il proprio cellulare agli inquirenti, facendo diventare prove documentali tutte le chat e i messaggi scambiati con la Comi.