È morta una ragazza di 22 anni sul lavoro a Montemurlo, cioè a due schioppi di fucile da casa mia, e si chiamava Luana D’Orazio, un'operaia morta intrappolata in un orditoio. Io non sapevo neanche cosa fosse un orditoio, prima d'oggi. Poi ho letto sia un macchinario che permette di preparare l'ordito, in modo che possa essere montato su un telaio da tessitura. Cosa vuol dire ancora non lo so, ora però che me lo immagino, immagino lei trascinata dentro.
Quattro giorni fa è morto anche Mattia, 23 anni a Montebelluna, è morto sotto un'impalcatura, dicono "un carico sospeso", che a dire così sembra meno grave e anche responsabilità sua.
Il 2 febbraio a Prato invece è morto Sabri, schiacciato da una macchina per la cardatura. La cardatura è un'operazione che precede il processo di filatura della lana.
La cardatura è un po' come l'ordito, sono vocaboli di 50 anni fa, e anche le morti sono come quelle di 50 anni fa, anche se oggi siamo nel 2021.
Ieri è morta Luana D'Orazio, l'ho conosciuta leggendo le agenzie che rimbalzavano la notizia della morte, che è poi solo un altro aspetto terribile della dipartita: gente che sa della tua esistenza dopo che non ci sei più. E qualcuno si accorge di quanto ti voleva bene un po’ troppo tardi.
Quelle sul lavoro le chiamano morti bianche, ma invece sono morti rosso sangue, soprattutto se vieni stritolato o schiacciato, che in realtà il sangue non è neanche rosso, quando si rapprende a terra diventa viola scuro e quasi nero. È di questo colore il sangue di una persona morta sul lavoro, intrappolata in un orditoio o sotto un carico sospeso che poi si è staccato, o schiacciata da una macchina per la cardatura.
Certi verbi come schiacciato, intrappolato, stritolato, si portano la morte dentro. E allora bisogna dirli altrimenti sembra che siano morti per caso o di sonno.
Invece sono morti sul lavoro e non per caso.
Per questo io ho brutte opinioni dei politici eletti che prendono stipendi per fare le leggi e stabilire i controlli, e poi invece campano facendo post di cordoglio su Facebook.
"Quanto mi dispiace", scrivono.
"Bisogna ristabilire le priorità".
"Non si può morire di lavoro a 22 anni", ecco per cominciare io direi neanche a 70. E sotto il post la collezione di "riposa in pace". Come se le leggi non dovessero farle proprio loro, come se la colpa fosse del fato, o fosse degli altri e mai la loro; non dico per la morte di Luana, di Mattia o di Sabri, intendo per la morte di tutti. Come funzionano il distretto tessile di Pistoia o quello di Prato, da queste parti lo sanno i bambini appena nascono, che tutti in famiglia conoscono qualche sfruttato, o hanno avuto un’azienda chiusa da una concorrenza sleale, o vedono una luce accesa in una fabbrica che di notte dovrebbe stare chiusa, o hanno partecipato prima a un funerale che a una comunione. Lo sanno anche i politici, ma poi alle cene invitano i padroni, perché gli operai non possono permettersi di finanziare le campagne elettorali.
E allora non scandalizzatevi se muore Luana D’Orazio di 22 anni e lascia un bambino di 5.
“Scandalo” è una parola preziosa, lasciatela a noi, che per voi è solo amministrazione dell’esistente, forse giusto con una punta di dispiacere quando tornate a casa e lo specchio vi riflette dentro, senza fare sconti.
Scandalo lasciatelo dire a noi, che a voi in fondo va benissimo così.