I politici che patteggiano possono candidarsi: circolare del Viminale
I politici che hanno patteggiato una pena potranno candidarsi alle prossime elezioni amministrative: non incorrono quindi in una situazione di incandidabilità. È il contenuto di un parere dell'Avvocatura generale dello Stato in risposta a un quesito posto dalla direzione centrale per i servizi elettorali del Viminale. Nel parere si sottolinea come la Riforma Cartabia, riducendo gli aspetti extrapenali del patteggiamento, abbia inciso sulle precedenti disposizioni contenute nella cosiddetta legge Severino.
Si tratta, si legge nel parere, di un caso di abrogazione tacita della legge precedente. Il parere è stato acquisito e riportato in una circolare del dipartimento per gli Affari interni e territoriali del Viminale, pubblicata lo scorso 17 marzo, e inviata ai prefetti in prossimità della tornata elettorale amministrativa.
"Tutti i soggetti, per i quali sia stata pronunciata sentenza di patteggiamento ex art.444 cit, non incorrono più in una situazione di incandidabilità, potendo così concorrere alle prossime elezioni" tranne che nei casi di applicazione di pene accessorie, si legge nel documento. In questo modo, in base a una interpretazione della riforma Cartabia che prevede che "se non sono applicate pene accessorie, non producono effetti le disposizioni di leggi, diverse da quelle penali, che equiparano la sentenza prevista dall'art. 444, comma 2, alla sentenza di condanna", si deroga alla legge Severino sulla incadidabilità per chi ha ricevuto una condanna definitiva per delitti non colposi.
Nella circolare si rimanda appunto al parere in tal senso dell'Avvocatura generale dello Stato del 13 marzo, secondo il quale "tutti i soggetti, per i quali sia stata pronunciata sentenza di patteggiamento ex art.444 cit., non incorrono più in una situazione di incandidabilità, potendo così concorrere alle prossime elezioni. Solo nel caso di applicazione di pene accessorie – conclude il predetto organo consultivo – tale favor non può operare".