Come noto, da tempo in Italia è aperta la riflessione sui partiti politici, con diversi progetti di riforma e, d’altro canto, molti richiami all’attuazione dell’articolo 49 della Costituzione, che appunto ne disciplina esistenza, funzioni e principi. Mentre il Parlamento è ancora sostanzialmente impantanato nella discussione della legge delega al Governo per l’emanazione del testo unico per il riordino delle disposizioni riguardanti i partiti politici, è ancora una volta un report di Openpolis a puntare l’attenzione su un tema molto sentito dall’opinione pubblica.
Con il report di luglio “Sotto il materasso”, infatti, si fa il punto sullo stato del finanziamento pubblico ai partiti, o meglio, sulle diverse modalità con le quali i partiti politici continuano ad accaparrarsi soldi pubblici. Come noto, infatti, con la riforma del Governo Letta (che seguiva quella fatta dal Governo Monti) i finanziamenti diretti, ovvero il rimborso delle spese per le consultazioni elettorali e i contributi pubblici erogati per l’attività politica e a titolo di cofinanziamento, sono stati aboliti. C’è una norma transitoria che ha garantito una residuale quota di finanziamento nel triennio 2015 – 2017, nella misura del 75%, 50% e 25% della cifra originaria. Il Movimento 5 Stelle è l’unica forza politica che non percepisce tale quota, avendo optato per la rinuncia della parte spettante (meno di 30 milioni di euro e non 42 milioni, come spesso rivendicato da militanti e parlamentari).
Ci sono però altre forme di finanziamento pubblico, che riguardano tutti i partiti politici, presenti in Parlamento o meno. li mette in fila Openpolis, in un grafico che riassume quale sia il costo complessivo per le casse dello Stato:
La cifra più consistente è quella riservata al funzionamento dei gruppi parlamentari, disciplinato dai regolamenti di Camera e Senato.Si tratta di una cifra che viene utilizzata per il funzionamento dei gruppi, per le attività dei parlamentari, per il personale che lavora a supporto del gruppo (non bisogna considerare i collaboratori e gli assistenti parlamentari, che vengono retribuiti con un contributo versato direttamente al singolo deputato o senatore). Il contributo erogato, che viene inserito nel bilancio di Camera e Senato, è proporzionale alla consistenza numerica dei gruppi. Nel dettaglio:
Una precisazione va fatta per quel che concerne le donazioni volontarie con la formula del 2 x mille. Nel suo report Openpolis inserisce la quota massima prevista dalla legge, ovvero 45 milioni di euro dal 2017 in poi. Nel 2015, però, con il 2 x 1000 gli italiani hanno finanziato i partiti politici con “solo” 9,6 milioni di euro (l’inoptato resta allo Stato, invece). A questa somma bisogna aggiungere quella di 27,4 milioni di euro di minori entrate dello Stato “a causa” delle agevolazioni sulle donazioni ai partiti e circa 7 milioni di euro per l’Iva al 4% relativa alle spese elettorali.