I parlamentari che non conoscono l’articolo 18
Ormai sentiamo parlare sempre più spesso di articolo 18. L'imminente riforma del lavoro da parte del governo Monti lo ha posto al centro del dibattito tra governo e parti sociali. I sindacati lo difendono a spada tratta, qualcuno vorrebbe modificarlo, qualcun altro addirittura abolirlo. Insomma, di articolo 18 se ne parla quasi ogni giorno. Ma i nostri parlamentari sanno cos'è l'articolo 18? Conoscono i suoi ambiti di applicazione? Sanno di quale legge fa parte? Qualcuno, e ci mancherebbe, lo sa e come. Qualche altro, però, sembra trovarsi in (eccessiva) difficoltà a parlare di questo argomento. E non per ragioni ideologiche, ma perché, semplicemente, non sa bene di cosa si tratti.
Un piccolo ripasso sull'articolo 18- Ricordiamo che l'articolo 18, intitolato "Reintegrazione sul posto di lavoro", fa parte dello Statuto dei lavoratori e affronta la disciplina dei licenziamenti. Nello specifico, prevede che un licenziamento è valido solo se avviene per giusta causa. Va precisato, però, che di tale tutela possono beneficiare solamente i lavoratori di aziende che hanno più di 15 dipendenti, mentre nelle restanti il datore di lavoro ha facoltà di respingere una sentenza di reintegro pagando al lavoratore un indennizzo (il tentativo di estendere l'articolo 18 anche alle aziende con meno di 15 dipendenti naufragò nel referendum del 2003)
"Ne so pochissimo, sono in Commissione trasporti"- Un giornalista de L'ultima parola, programma di approfondimento politico in onda su Rai 2, ha provato a fare qualche domanda sull'articolo 18 ai nostri parlamentari. E, come dicevamo, non sono assolutamente mancate le sorprese. Alle domande "A quale legge si riferisce l'articolo 18?", "A chi si applica?", "Che cos'è?" non è stato difficile imbattersi in risposte abbastanza stravaganti tipo "Ne so pochissimo, sono in Commissione trasporti", "Non me la ricordo la legge di riferimento, l'importante sono i concetti", "L'articolo 18 è sul licenziamento facile che si vuole avviare qui in Parlamento". E a dare queste risposte sono stati gli stessi parlamentari che la riforma del lavoro dovranno votarla. Meditiamo.