I numeri di cellulare di Meloni, Mattarella e tutti i ministri si trovano online: indaga la Postale

Si troverebbe online più di un sito che permette, con un pagamento mensile da circa 50 euro, di accedere ai numeri di telefono privati di quasi tutti i vertici dello Stato italiano: ci sarebbe il cellulare della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, quello del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ma anche numerosi ministri, figure di rilievo di polizia e carabinieri, migliaia di agenti e dipendenti all'interno delle strutture statali. Dopo la segnalazione di un esperto di informatica, Andrea Mavilla, la Polizia postale avrebbe aperto un'indagine sulla questione.
A riportare la vicenda è il Fatto quotidiano, che afferma di aver testato in profondità tre piattaforme online di questo tipo e di averne trovate altre cinque con le stesse funzioni. Mavilla avrebbe scoperto la possibile ‘falla' nella sicurezza nazionale mentre svolgeva un lavoro di consulenza per un'azienda, a metà marzo.
Si tratterebbe di siti dedicati, ma anche di plug-in che permettono semplicemente di visitare il profilo Linkedin di una personalità nota e, in breve tempo, ottenerne i dati di contatto personali. Non sarebbero piattaforme particolarmente difficili da raggiungere o riservate a esperti informatici, ma veri e propri servizi rivolti a qualunque utente.
Si troverebbero oltre 2mila contatti della presidenza del Consiglio, migliaia di dipendenti di ministeri, regioni, Inps, agenzie governative, e forze di polizia o militari. Si tratta di dati che, con uno sforzo tecnico limitato, permetterebbero anche di localizzare le persone in questione.
L'informatico dopo la scoperta avrebbe avvisato la Polizia postale, ma avrebbe anche scritto direttamente su Whatsapp al ministro dell'Interno Matteo Piantedosi e alla mail personale di Juliane Gallina, la vicedirettrice della Cia per l'innovazione digitale. Come prevedibile, questi ultimi due tentativi non hanno portato a risposte. La Postale, invece, lo ha ricontattato e ha aperto un fascicolo di indagine. E anche il Garante per la Privacy avrebbe aperto un'istruttoria.
Mavilla ha provato anche a contattare l'Agenzia per la Cybersicurezza nazionale (Acn), ma senza seguire la procedura prevista per segnalazioni simili. Prima ha scritto direttamente a una funzionaria dell'Agenzia che si occupa di Gestione rischio, senza risultati. Poi ha inviato una mail alla segreteria del direttore generale, Bruno Frattasi.
Infine ha lasciato un commento sul profilo Linkedin di Acn: "Ma se vi dicessi che tutti i vostri dati sono online mi credereste? Nomi e cognomi dei dipendenti con relative email istituzionali e personali seguiti da numeri mobili e fissi". E ha invitato l'Agenzia ha scrivergli una mail per avere informazioni su "una criticità che, per il ruolo che ricoprite, merita una valutazione seria". Da parte sua l'Acn ha risposto brevemente: "Bah, a noi pare una bufala. Saluti".
Contattata dal Fatto, l'Agenzia ha detto che "allo stato attuale delle nostre conoscenze non c'è alcun data base con i dati" di cui si parla, e quindi non si ravvisa "alcun pericolo per la sicurezza nazionale". Se Mavilla "ritiene di avere qualcosa da mostrarci, esistono i canali ufficiali per comunicarcelo. E se li utilizzerà, e ci mostrerà qualcosa che mette in pericolo la sicurezza nazionale, sarà ben accolto". Insomma, c'è l'apertura a indagare, a seconda di cosa mostrerà l'informatico.