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Caso Almasri

I migranti tornati dall’Albania ricordano Almasri e le torture: “Era uno dei capi”

Tra i 43 migranti sbarcati a Bari dopo il no ai trattenimenti in Albania, alcuni hanno riconosciuto Almasri, il generale libico accusato di torture e rilasciato dal governo italiano dopo esser stato arrestato su mandato della Cpi. “Era uno dei capi”, hanno riferito i richiedenti asilo.
A cura di Giulia Casula
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Resta teso il clima attorno al caso del generale libico Almasri, arrestato per il mandato d'arresto della Corte penale internazionale, poi liberato e riportato in Libia con un volo di Stato. L'indagine su Meloni e i ministri Nordio e Piantedosi, scattata dopo l'esposto dell'avvocato Li Gotti, ha alimentato gli attriti con la magistratura, che si sono aggravati all'indomani del terzo no dei giudici al trattenimento dei migranti nei centri in Albania.

Le 43 persone sbarcate qualche giorno prima a Shengjin sono state riportate in Italia, dove sono arrivate sabato sera a bordo della motovedetta della Guardia costiera. I richiedenti asilo, originari di Egitto, Bangladesh, Costa d'Avorio e Gambia sono sbarcati a Bari dopo sette ore di navigazione. Tra di loro, molti sono transitati nelle prigioni libiche, dove hanno avuto modo di incontrare il generale libico accusato di torture e crimini contro l'umanità.

Il deputato del Partito democratico, Marco Lacarra, che era presente al centro di accoglienza a Bari, ha parlato con i migranti reduci dal rientro dall'Albania, mostrando loro le foto di Almasri. "Era uno dei capi nel centro dove siamo stati", hanno risposto alcuni di loro riconoscendo l'uomo.

Il riferimento è al lager noto come Bir El Gama, a Tripoli, dove avrebbe lavorato anche il capo della polizia libica. Nei loro racconti, i richiedenti asilo hanno ricordato le terribili torture subite. "Le donne venivano violentate davanti a tutti" e i video delle sevizie venivano inviati ai familiari per chiederne il riscatto. Le cifre potevano variare, fino a quattordicimila euro, a seconda della provenienza dei migranti e in alcuni casi, per ottenere il pagamento, venivano presi in ostaggio persino dei bambini.

I ricordi delle torture sono simili alle testimonianze rilasciate dalle vittime della prigione di Mitiga a Fanpage. Pestaggi, cavi elettrici, supplizi inflitti con teaser, bastoni, ma con il fuoco, i cui segni sono ancora visibili sui corpi dei sopravvissuti. Anche loro avevano identificato Almasri come l'uomo a capo dell'organizzazione del penitenziario libico, dove transitano un gran numero di migranti fermati prima di mettersi in viaggio per l'Europa o dopo la cattura in mare.

Dopo la sospensione del trattenimento da parte della Corte d'Appello di Roma, che ha rinviato gli atti ai giudici europei in attesa del loro pronunciamento, i richiedenti asilo avranno tempo fino a giovedì per firmare il ricorso contro il diniego della domanda d'asilo. Fino all'esito della procedura resteranno nel centro di accoglienza a Bari.

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