Immaginate di trovarvi di notte, in mare, in mezzo a una tempesta. Immaginate di urlare, più forte che potete, per chiedere aiuto. Immaginate che, tutto sommato, vi vada bene. Ma solo perché qualcuno ha sentito le vostre grida d'aiuto. O meglio, non abbia potuto ignorarle. È successo a un gruppo di migranti che viaggiavano su una barca a vela che si è arenata a 150 metri da Isola di Capo Rizzuto, in Calabria. Dopo una lunga traversata dalla Turchia sono rimasti bloccati molto vicino alla costa e hanno fatto l'unica cosa che potevano fare, travolti dalle onde e dal vento fortissimo. Urlare chiedendo aiuto.
Gli abitanti del comune crotonese, sentendo le urla disperate delle persone a bordo della barca, hanno chiamato i soccorsi. L’intervento di uomini e donne della Croce Rossa, Polizia e Guardia Costiera, che si sono tuffati in acqua e hanno raggiunto la barca nel mezzo della tempesta, ha permesso di portare in salvo 88 migranti. Un corridoio umano, più che umanitario, che ha trasportato fisicamente quasi cento persone a riva. Tra loro ci sono famiglie, bambini, disabili. Ma cosa sarebbe successo se nessuno avesse ascoltato le loro urla? Cosa sarebbe successo se non fossero stati a pochi metri dalla costa italiana ma nel bel mezzo del Mediterraneo?
Poche ore dopo il salvataggio di Isola di Capo Rizzuto la ministra dell'Interno, Luciana Lamorgese, è intervenuta a margine della firma di un protocollo d'intesa per corridoi umanitari di afghani: "Abbiamo navi di Ong che hanno tanti migranti a bordo", ha spiegato riferendosi alle centinaia di persone in attesa di un porto sicuro sulla Sea Eye 4. "È giusto che si salvino, ma è ingiusto che sia solo l'Italia" a farlo. E ancora: "Non può essere un carico che deve avere solo il Paese di primo approdo, serve maggiore partecipazione dei Paesi europei per una giusta redistribuzione dei migranti secondo il principio di solidarietà".
No ministra, non è l'Italia a salvare i migranti in mare. Sono le tanto demonizzate Ong a soccorrere chi rischia la vita nel Mediterraneo. Senza di loro, le 1.100 persone che sono a bordo delle loro navi in questo momento sarebbero morte. Perciò ora non prendiamoci i meriti. E soprattutto non utilizziamo il fatto che manca un coordinamento europeo sulla questione migratoria – che è assolutamente vero – per giustificare la morte delle persone in mare. Certo, bisogna superare il trattato di Dublino. Certo, è sempre più necessario andare verso un'organizzazione europea dei salvataggi. Certo, gli altri Paesi non stanno ascoltando le nostre ragioni. Ma i migranti in mare vanno salvati, sempre. Non ci sono scuse, non ci sono giustificazioni. E soprattutto non ci diciamo che è merito nostro o che ce ne occupiamo noi, perché nella maggior parte dei casi non è vero. Dovremmo fare come a Isola di Capo Rizzuto, ma dovremmo farlo sempre, non solo quando le urla di dolore e di paura della morte si sentono dalle nostre finestre.