“In quei giorni di giugno, io ho capito, anzi ho valutato che se noi non avessimo avuto una iniziativa che cercasse di governare i flussi migratori, noi avremmo avuto un rischio molto serio per la tenuta sociale e democratica del nostro Paese”. Sono queste le parole con le quali il ministro dell’Interno Marco Minniti ha giustificato la ratio degli ultimi interventi del governo in materia di sbarchi e immigrazione. Il ministro ha parlato all’indomani del vertice europeo di Parigi, dal quale è emerso l’apprezzamento dell’Unione Europea per il cambio di linea dell’Italia per quanto attiene gli interventi per bloccare la rotta del Mediterraneo Centrale.
La dichiarazione è passata praticamente sotto silenzio ma, a parere di chi scrive, merita qualche considerazione, perché rappresenta un deciso salto in avanti. Per la prima volta un rappresentante del Governo parla apertamente di rischio per la tenuta della democrazia, collegandosi agli sbarchi dei migranti sulle nostre coste. È la versione istituzionale de “la gente è esasperata ed è pronta a farsi giustizia da sola”, da sempre uno degli slogan preferiti della destra populista o post fascista. In altre parole, si dà per scontato che l’arrivo di circa 150mila migranti sulle coste italiane possa costituire una problematica di livello tale da scardinare le istituzioni democratiche del Paese, o quantomeno di farle vacillare, prospettando l'idea della "bomba sociale", altra costruzione molto cara alla destra.
È singolare che Minniti non si sia preoccupato di giustificare una simile affermazione e che nessuno ne abbia chiesto conto. Il ministro ha semplicemente fatto riferimento alle obiezioni di alcuni Sindaci, immaginiamo (si spera) quelli che stanno facendo il loro dovere, circa i meccanismi di gestione dell’accoglienza sul territorio. Che, evidentemente, non funzionano come dovrebbero, considerando che gli accordi tra Anci e Viminale non sono rispettati e che tra Sindaci e prefetti ci sono più incomprensioni che esempi di gestione virtuosa. In altre parole, Minniti ha ricavato il “timore per la tenuta democratica del Paese” dalle rimostranze dei Sindaci nei confronti del ministero che lui stesso dirige?
C’è poi una seconda, enorme, questione che le parole di Minniti sollevano. Ed è quello della “narrazione” della questione migranti. Solo un anno fa, Matteo Renzi sosteneva che non si potesse parlare di “emergenza immigrazione” e bollava come strumentali i toni allarmistici della destra e di parte dell’opposizione parlamentare. A flussi sostanzialmente identici, il cambio di paradigma è evidente. Ora non solo si adotta un approccio emergenziale, ma si arriva a sostenere che la presenza dei migranti sul territorio nazionale possa mettere in discussione la tenuta democratica del nostro Paese.
Cosa è cambiato? Semplicemente, passo dopo passo, cedimento dopo cedimento, si è imposta la narrazione della destra. Si è legittimato un pensiero, quello della “gente esasperata”, si è dato per scontato che “il Paese fosse al collasso” e che l’accoglienza fosse “un problema serio per tutti gli italiani”. Dopo mesi di allarmismo mediatico / politico, dopo una lunga campagna di criminalizzazione delle ONG, dopo una serie di provvedimenti legislativi che hanno legato a doppia mandata i concetti di sicurezza e immigrazione, dopo aver sdoganato culturalmente l'aiutiamoli a casa loro, dopo aver rinnegato il "dovere morale" dell'accoglienza, si finge di essere sorpresi e stupiti per il modo in cui i cittadini stanno reagendo e si usano queste reazioni per rivendicare le proprie scelte.
Abbiamo creato e nutrito un mostro con scelte, comunicazione e provvedimenti. E ora usiamo lo spauracchio di questo mostro per legittimare quelle scelte, quella comunicazione e quei provvedimenti. È un cortocircuito totale, è il cortocircuito della politica. È una specie di profezia che si autoavvera. Sulla pelle di chi, dovrebbe importare a qualcuno, per la verità.