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I migranti disabili anche se irregolari non possono essere espulsi

Una sentenza della Cassazione ha stabilito che i migranti irregolari, se hanno una grave disabilità, non possono essere espulsi dall’Italia anche se irregolari. I giudici hanno valutato come prioritario il diritto alla salute e invitano a valutare caso per caso vicende di questo genere.
A cura di Stefano Rizzuti
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Gli immigrati irregolari con una grave disabilità non possono essere espulsi: quella che ha emesso oggi la Cassazione è una sentenza che fa emergere come prioritario il diritto alla salute, anche a scapito delle indicazioni previste dalla legge. Se soffre di grave disabilità, quindi, un immigrato irregolare colpito da sanzione amministrativa che rischia di non ricevere in patria la stessa assistenza che riceve in Italia, non deve necessariamente essere espulso, ma bisognerà valutare la situazione caso per caso.

La Suprema Corte ha deciso, con questa sentenza, di bloccare il rimpatrio di un magrebino che vive da 30 anni in Italia, amputato della gamba sinistra e assistito dall’Inps. Secondo i giudici i principi umanitari impongono di valutare caso per caso le categorie vulnerabili, nonostante la legge non preveda alcun tipo di deroga per situazioni di questo tipo.

I giudici premettono nella sentenza che la grave disabilità motoria indicata da Mokaadi Lofti Ben Dhaouadi non rientra nel diritto alle cure urgenti o essenziali grazie alle quali la legge Bossi-Fini consente la permanenza in Italia anche per gli immigrati irregolari. Però, la Cassazione ha ritenuto che non possano essere presi provvedimenti espulsivi che ledono al “nucleo irriducibile” del diritto alla salute garantito dall’articolo 32 della costituzione.

L’invito dei giudici della Cassazione è quindi quello di valutare caso per caso situazione di questo genere, tenendo sempre in considerazione le disposizioni di carattere umanitario in materia di categorie definite vulnerabili. Quelle previste dalla Bossi-Fini, secondo la Suprema Corte, non rientrano in un elenco esaustivo e si devono quindi considerare anche altri principi, come quelli affermati dalla Corte dei diritti umani.

L’uomo detenuto in Italia per il quale il tribunale di sorveglianza di Perugia aveva applicato l’espulsione dal nostro paese come sanzione alternativa alla detenzione, è invalido al 100% ed è beneficiario di un assegno Inps dopo l’amputazione di una gamba, essendo costretto a utilizzare una protesi o una carrozzina. Nel ricorso che ha presentato, ha fatto leva sul fatto che nel suo paese d’origine – dove non ha legami familiari e in cui non torna da più di 30 anni – non esista una normativa assistenziale per le persone disabili.

La Cassazione ha quindi contrastato le conclusioni del giudice di sorveglianza di Perugia, secondo il quale “la disabilità non rientra tra le condizioni che il legislatore ha posto a fondamento del divieto di espulsione”. Il tribunale di sorveglianza dovrà quindi riesaminare il ricorso dello straniero detenuto.

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