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I metalmeccanici chiedono orario ridotto a parità di stipendio, Pd: “Governo lanci la sperimentazione”

Il contratto collettivo dei metalmeccanici riguarda circa 1,5 milioni di lavoratori e lavoratrici. Nella proposta iniziale per il rinnovo, i sindacati confederali hanno chiesto tra le altre cose di accorciare la settimana lavorativa, fino ad arrivare a 35 ore a settimana.
A cura di Luca Pons
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I sindacati confederali dei metalmeccanici (Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm) hanno presentato la loro piattaforma per il rinnovo del contratto collettivo 2024-2027 con Federmeccanica e Assistal. Si tratta solo del primo passo in una lunga negoziazione, ma tra le richieste alcune hanno attirato l'attenzione anche del mondo politico. Non solo si chiede un aumento medio dello stipendio di 280 euro e un aumento dei benefit, ma anche di sperimentare una riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario: la settimana lavorativa dovrebbe passare gradualmente a 35 ore.

Il 30 giugno scadrà il contratto attuale, che riguarda oltre un milione e mezzo di lavoratori e lavoratrici, in circa 30mila aziende diverse. Si tratta di poco più del 6% dell'intera occupazione italiana, e proprio per questo si guarda con una certa attenzione alle condizioni che vengono inserito in questo contratto anche al di fuori.

Per quanto riguarda l'aumento economico, i minimi retributivi aumenterebbero di 280 euro in media, e si chiede un incremento anche del bonus pagato a quei dipendenti di aziende che non prevedono un premio di risultato: salirebbe a 700 euro. I benefit aziendali salirebbero a 250 euro all'anno invece di 200, e nascerebbe una piattaforma di welfare unica a livello nazionale: l'obiettivo sarebbe di permettere a chiunque di chiedere alcune prestazioni di welfare al posto del premio di risultato.

Il punto forte, però, è la sperimentazione per ridurre l'orario di lavoro a 35 ore settimanali. Questo dovrebbe avvenire mentre si rimodulano gli orari per fare spazio al telelavoro o il lavoro smart. La proposta dei sindacati porterebbe quindi a creare una normativa nazionale per accorciare l'orario di lavoro, che poi ciascuna azienda potrebbe applicare a suo modo. In questo modo, sostengono le sigle sindacali, non solo gli infortuni sul lavoro scenderebbero e la qualità della vita aumenterebbe, ma si renderebbe il settore più attraente per i giovani.

Si tratterebbe di una vera e propria sperimentazione contrattuale, per arrivare nel tempo a una settimana lavorativa da 35 ore. E qui entra in gioco la politica, perché avere un sostegno anche normativo potrebbe aiutare la contrattazione su questo punto. Arturo Scotto, deputato del Pd e capogruppo dem in commissione Lavoro alla Camera, ha sottolineato che la proposta dei sindacati è "rilevante" e ha ricordato: "Il Pd ha avanzato una proposta che giace in Parlamento da mesi: finanziare un fondo per la sperimentazione – attraverso la contrattazione collettiva tra sindacati e imprese – della riduzione dell'orario di lavoro". Sul tema il Pd aveva anche parlato di sperimentare la settimana lavorativa di quattro giorni.

Ora la palla passerebbe quindi alla maggioranza: "Il governo si confronti con questa proposta", ha chiesto Scotto: "Abbiamo già molte aziende che si stanno muovendo in questa direzione al netto della politica. Si tratta ormai di una tendenza europea che aiuta la produttività delle imprese, libera tempo e qualità della vita e contribuisce a redistribuire il lavoro. L'Italia non resti indietro davanti a questa sfida".

Marco Grimaldi, deputato di Alleanza Verdi-Sinistra, ha parlato di una proposta "giusta, necessaria, non rinviabile" da parte dei sindacati. "Il futuro del lavoro passa attraverso una progressiva adozione dell'orario di lavoro a 35 ore settimanali: ora sta alla lungimiranza della Confindustria e alla politica, alle istituzioni e il governo raccogliere la sfida. Noi ci siamo, siamo pronti, da tempo".

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