I medici hanno davvero l’obbligo di denunciare i casi di bimbi nati con Gpa come dice la ministra Roccella?
I medici si ribellano alle parole della ministra della Famiglia Eugenia Roccella, secondo cui "anche i medici e chi è un pubblico ufficiale è tenuto a segnalare i casi di sospetta violazione della legge" sulla Gpa, divenuta la scorsa settimana reato universale, alla Procura. Dichiarazioni che per i medici sono del tutto incompatibili con il loro ruolo, perché il loro compito è curare, non denunciare i genitori di bimbi nati con la Gpa all'estero, trasformandosi in delatori.
Secondo Filippo Anelli, presidente Fnomceo, si è semplicemente riaperto un vecchio dibattito, che ha a che fare con il perimetro dell'azione dei medici. "Non c'è dubbio che il medico debba essere esonerato dall'obbligo di denuncia nei confronti del proprio paziente", ha ribadito a Fanpage.it Anelli, chiamando in causa il capoverso dell'articolo 365 del Codice penale, che solleva il medico dall'obbligo di denuncia quando "il referto esporrebbe la persona assistita a procedimento penale". Un medico infatti sarebbe tenuto a trasmettere un referto tutte le volte che, nell'esercizio della sua professione, viene a conoscenza di fatti che potrebbero integrare gli estremi di un reato perseguibile d'ufficio. Ma ciò che un medico deve tenere presente prima di tutto è la relazione di cura con il paziente. Ed è evidente che se cominciasse a indagare sull'eventuale ricorso da parte di un genitore alla pratica della Gpa, minerebbe il rapporto di fiducia medico-paziente.
Ieri la ministra Roccella si era rivolta ad Anelli, dicendo che in realtà "confonde i piani", perché "è evidente che la cura ha sempre la priorità e che non è in discussione il rapporto fiduciario tra medico e paziente".
"Roccella ci spieghi allora qual è il piano a cui si riferisce. Ci fa piacere se ha cambiato idea, e ha detto che non è in discussione il rapporto tra medico e malato. In generale tutti i cittadini quando vengono a conoscenza di un reato hanno il dover morale di denunciare. Per i medici è un po' diverso, perché quello che avviene tra medico e paziente è un rapporto che si basa sulla fiducia. Per poter curare una persona un professionista deve porre una serie domande. Se queste risposte divenissero pubbliche, la possibilità di cura verrebbe bene. Ecco perché qualsiasi giudice mette al primo posto il dovere di cura, perché al primo posto ci sono la tutela della salute e il diritto alla vita. Alla ministra ricordo che l'obbligo di denuncia da parte del medico decade quando si scontra con il diritto alla salute", ha spiegato Anelli a Fanpage.it.
Roccella, rispondendo proprio ad Anelli, ha anche detto che "in questo caso chi ha commissionato, violando la legge, la maternità surrogata, non ha un problema di salute, visto che chi ha partorito e ha bisogno di cura è casomai la madre surrogata". Quindi in sostanza, ha detto la ministra, non c'è il rischio che venga compromesso il rapporto di cura denunciando alle autorità i casi di bimbi nati con Gpa.
"Ma se un genitore è andato all'estero per far nascere il proprio figlio con Gpa non va a raccontarlo spontaneamente al medico – ha sottolineato Anelli – È un'informazione che un medico eventualmente acquisisce nell'ambito dell'anamnesi, che è una parte fondamentale del percorso di cura. Se dovessi chiedere a un papà se suo figlio è nato da una gravidanza surrogata, è evidente che quel genitore non si rivolgerebbe più a me per curare il suo bambino. Per questo motivo la giurisprudenza tutela il medico, lo dice chiaramente anche la Cassazione. Certo, un medico non deve mai ostacolare la giustizia, ma il principio generale, che vale sempre sia che si tratti di casi di vittime di violenza sia che si tratti di mafiosi, è che siamo obbligati a mettere la salute del paziente al primo posto. Anche quando si è parlato di immigrati clandestini, abbiamo assunto la stessa posizione, dicendo che non li avremmo denunciati. Il nostro dovere, oltre a non intralciare la giustizia, è quello di curare la persona che abbiamo davanti, senza alcuna distinzione. È sempre stato così. Quindi la ministra forse dovrebbe spiegare meglio cosa voleva dire", ha detto Anelli a Fanpage.it.
Sulla questione è tornato anche Antonio D'Avino, presidente Federazione italiana medici pediatri (Fimp): "I bambini vanno assistiti e visitati in qualsiasi condizione. A noi non interessa l'etnia, la provenienza e la religione, a noi interessa la salute del piccolo. Nell'ambito dei pazienti, i minori e i fragili sono quelli che hanno diritto a un canale preferenziale. Quando entra un bambino nel nostro studio noi non sappiamo se è nato con la maternità surrogata, facciamo una anamnesi per sapere come è andata la gravidanza ma questo non vuole dire che dobbiamo approfondire la ‘provenienza' del piccolo", ha spiegato all'Adnkronos Salute Antonio D'Avino, presidente Federazione italiana medici pediatri (Fimp).
Secondo D'Avino, "in Italia parliamo forse di un centinaio di bambini nati con la maternità surrogata, numeri piccolissimi. Ho avuto un piccolo paziente che poi ho scoperto essere nato con questa procedura solo quando aveva 7-8 anni e perché è stata la tata a dirmelo. Noi, ripeto, visitiamo tutti e onestamente il medico deve fare il medico nel rispetto del Codice deontologico e della Costituzione".