video suggerito
video suggerito

I magistrati di Aosta: “Passeggiare in montagna non è un rischio. Al massimo si incontra una volpe”

Nove magistrati valdostani hanno scritto una lettera aperta in cui protestano contro il divieto di passeggiare in montagna: la norma, imposta dal governo con l’emergenza coronavirus, non avrebbe senso in territori rurali e poco abitati, denunciano i giudici. Che suggeriscono anche come i soldi pubblici spesi per potenziare i controlli sarebbero meglio utilizzati per il sostegno delle piccole comunità montane.
A cura di Annalisa Girardi
425 CONDIVISIONI
Immagine

In una lettera aperta, nove magistrati di Aosta hanno protestato contro il divieto di passeggiare, imposto tra le misure restrittive approvate dal governo per far fronte all'emergenza coronavirus. In territorio come quello della Val d'Aosta, dove la densità della popolazione è molto bassa e una camminare tra le montagne non si traduce in assembramenti di persone, sarebbe insensato continuare a "perseguire illeciti che non esistono", denunciano i magistrati. I soldi pubblici che si stanno stanziando per potenziare i controlli, proseguono le toghe, sarebbero meglio spesi in iniziative di sostegno alle piccole comunità montane.

A firmare il documento sono i giudici Eugenio Gramola, presidente del tribunale, i giudici Anna Bonfilio, Maurizio D'Abrusco, Luca Fadda, Davide Paladino, Marco Tornatore, Stefania Cugge (giudice a Ivrea) e i pm Luca Ceccanti ed Eugenia Menichetti. "Con estremo sconforto – soprattutto morale – abbiamo assistito – ed ancora assistiamo – ad ampi dispiegamenti di mezzi per perseguire illeciti che non esistono, poiché è manifestamente insussistente qualsiasi offesa all'interesse giuridico (e sociale) protetto", si legge. In territori rurali o di montagna, come quello valdostano, "che pericolosità rivestono le condotte di chi, per sopravvivere alla situazione pesante in cui tutti viviamo, faccia una passeggiata nei boschi ‘osando' allontanarsi anche per qualche chilometro dalla propria abitazione, laddove superate le ‘quattro case' del paese – proprio nel raggio delle poche centinaia di metri di spostamento consentito od almeno tollerato – si spinga fino alle zone solitarie di montagna dove – se ha fortuna – potrà incontrare forse qualche marmotta, o capriolo o volpe, transitando al più in prossimità di qualche alpeggio, al momento anche chiuso", si chiedono i magistrati.

"Soldi pubblici meglio spesi altrove"

Pur riconoscendo che sia compito della politica e delle forze dell'ordine decidere dove concentrare i controlli per il rispetto delle misure contenitive, i giudici proseguono domandandosi "se davvero non si sappia immaginare un modo più utile per spendere il danaro pubblico, in settori ove ce n'è ben più bisogno per le tante necessità urgenti delle strutture sanitarie o per più seri interventi di prevenzione e protezione degli anziani in strutture di accoglienza". I magistrati sottolineano quindi come i divieti imposti per evitare la diffusione del virus rappresentino un sacrificio dei diritti fondamentali delle libertà personali garantiti dalla Costituzione, che almeno in questo caso non pare necessario. Quindi ricordano che le norme che incidono sui diritti costituzionali (come la libertà di circolazione), anche in nome della tutela di diritti dello stesso valore (come quello alla salute), "sono comunque sempre soggette a stretta interpretazione e perdono ogni legittimazione laddove le condotte sanzionate siano prive di lesività per il bene preminente salvaguardato".

Limitare i divieti

I magistrati ribadiscono anche che lo scopo dei divieti sia quello di prevenire e ridurre la propagazione del contagio e che, si legge nella circolare del ministero dell'Interno dello scorso 31 marzo, "il perseguimento della predetta esigenza implichi valutazioni ponderate rispetto alla specificità delle situazioni concrete". Per questo, conclude la lettera, sarebbe più opportuno limitare i divieti agli ambiti dove figurano rischi reali, "e non immaginari", in modo da salvaguardare per quanto possibile le libertà fondamentali dei cittadini. I quali sono estremamente consapevoli della ragione delle misure restrittive, per cui un'applicazione diversa dei divieti li motiverebbe anche al pieno rispetto delle norme in vigore, senza costringerli a cercare "i più umilianti sotterfugi per sottrarsi a solerti controlli che finiscono per essere percepiti come gratuite persecuzioni di nessuna utilità per l'effettiva tutela del bene della salute pubblica".

425 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views