Fan di Putin, integralista ultracattolico, anti-gay, anti-Lgbtq+, anti-abortista, anti-eutanasia, anti-migranti. Il profilo del nuovo presidente della Camera, Lorenzo Fontana, si può riassumere in questi pochi concetti. Il vicesegretario della Lega nel suo passato recente è stato anche ministro della Famiglia – ai tempi del primo governo Conte – e poi agli Affari Europei. È uno dei dirigenti più vicini a Salvini, con il quale è praticamente cresciuto insieme a livello politico, viene da Verona ed è noto per le sue posizioni ultraconservatrici sui diritti civili.
La terza carica dello Stato, appena eletta dal centrodestra, vuole abrogare la legge 194 sull'aborto, perché "è la prima causa di femminicidio al mondo". Il presidente della Camera si è detto convinto in passato che con unioni gay e immigrazione volessero "dominarci e cancellare il nostro popolo". È in corso una sorta di enorme sostituzione etnica ad opera di omosessuali e migranti, nella testa di Fontana.
Ma soprattutto Fontana – che non manca di ricordare ogni giorno la sua fervente fede cattolica pubblicando foto di santi e sottolineando che lui il 25 aprile festeggia San Marco – ha scelto da tempo un modello a cui ispirarsi, mai rinnegato: Vladimir Putin. La Russia, per Fontana, è "il riferimento per chi crede in un modello identitario di società". Che significa? Che loro "difendono famiglia e tradizione".
Con il suo amico e collega di partito Salvini, nel 2019, aveva infatti partecipato alle proteste contro le sanzioni alla Russia. Ma il suo legame con Putin è ancora più antico: in passato, infatti, ha persino sostenuto l'invasione della Crimea, nonostante i durissimi giudizi delle istituzioni internazionali. Tanto che fu chiamato per fare da osservatore internazionale durante il referendum per l'annessione. Lo scrisse lui stesso sui social.
Se sulla politica estera il suo appoggio alla Russia e a Putin è sembrato incondizionato in passato (ora semplicemente non ne parla, come durante il suo discorso di insediamento di oggi alla Camera), in Italia la sua battaglia principale ha riguardato – appunto – i temi dei diritti civili:
Da un lato l'indebolimento della famiglia e la lotta per i matrimoni gay e la teoria del gender nelle scuole, dall'altro l'immigrazione di massa che subiamo e la contestuale emigrazione dei nostri giovani all'estero. Sono tutte questioni legate e interdipendenti, perché questi fattori mirano a cancellare la nostra comunità e le nostre tradizioni. Il rischio è la cancellazione del nostro popolo.
Il neopresidente di Montecitorio crede che ci sia un'invasione islamica dell'Europa, con la regia di qualcuno di non ben definito, ma quella dei figli è la vera fissazione di Fontana – ci ha scritto anche un libro – che ammira tanto Orbàn per aver fatto aumentare il tasso di natalità negli ultimi anni. Nel 2019 ha partecipato al Congresso Mondiale delle Famiglie, cercando di farlo patrocinare dal suo ministero. E ricordiamo bene di che tipo di manifestazioni si tratti.
D'altronde per Fontana "le famiglie arcobaleno non esistono", perché crede solamente in quella "naturale" con "una mamma e un papà" e "le altre schifezze" non vuole "sentirle nominare". Tra una preghiera e l'altra – si dice dica cinquanta Ave Maria al giorno – trovava anche il tempo di tessere relazioni internazionali fondamentali, intervenendo al congresso di Alba Dorata in Grecia (poi dichiarato un'organizzazione criminale). Ma non mancava neanche di festeggiare per il risultato della Brexit.
Insomma, ora ha cinque anni davanti da terza carica dello Stato e dice che sarà il presidente di tutti i deputati. Ma certo sarebbe stato difficile individuare una figura più divisiva di Fontana da parte del centrodestra.