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Opinioni

I dissidenti del M5S si accomodino all’uscita

Come già in passato (si vedano casi Favia e Salsi), anche stavolta la linea del Movimento 5 Stelle nei confronti dei dissidenti sembra essere chiara: “Se ci si dà delle regole, allora si rispettano”.
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Come vi raccontavamo, il Movimento 5 Stelle attraversa in queste settimane uno dei periodi più controversi della sua storia recente. Dopo le polemiche sulla rendicontazione, dopo l'emarginazione parlamentare (anche a causa della reticenza, per certi versi inaccettabile, dei partiti di maggioranza nel far partire le commissioni di garanzia che toccherebbero al M5S), dopo la discutibile rottura di Grillo con Rodotà (e più in generale, considerato l'atteggiamento manicheo adottato dal capo politico del Movimento), dopo la retromarcia sulla presenza in televisione, ora sembra arrivata la resa dei conti interna. L'ennesima, verrebbe da dire, se ci fidassimo delle ricostruzioni più o meno interessate rilanciate praticamente ad ogni minimo accenno di contestazione.

Invece stavolta la frattura sembra sostanziale e le conferme arrivano dai vertici del Movimento. Ne ha parlato Roberto Fico nella trasmissione di Lucia Annunziata, smentendo si trattasse di "40 parlamentari". Ne discutono continuamente i parlamentari 5 Stelle sui loro profili social. Ne discetta anche il futuro capogruppo alla Camera dei Deputati Riccardo Nuti che, in una intervista su SkyTg24 detta la linea e ribadisce (con toni meno drastici) quanto più volte sostenuto da Beppe Grillo: "I Cinque Stelle hanno uno statuto, delle regole accettate da tutti. La nostra posizione è molto chiara, le regole sono state accettate al momento della candidatura, se qualcuno non si ritrova più non è perché sono cambiate le regole ma perché sono loro che hanno cambiato opinione. Se ci si dà delle regole allora le si rispettano. Dovrebbe essere ovvio, altrimenti siamo all'anarchia". Ciò che è ovvio per Nuti, in realtà non lo è per tanti altri parlamentari che non hanno digerito i continui scatti umorali di Grillo, non solo sulla questione Rodotà, ma anche nei rapporti con i giornalisti. Per la verità Nuti minimizza, ricordando che "non c'è alcuna ansia tra i parlamentati M5S per le parole di Grillo, e nel Movimento non vige la regola del tutti zitti. Anzi, in questo siamo iperdemocratici".

Tutto sotto controllo? Non proprio, perché la fronda esiste e i dissensi stavolta sono sostanziali, come tutto sommato si capisce dalla puntualizzazione ulteriore di Nuti: "I problemi vengono dalle dichiarazioni che si fanno contro le regole già accettate. Se abbiamo accettato l'idea che non siamo un partito, non si può dichiarare il contrario". Il riferimento, anche questo per nulla scontato è alle parole di Civati (anche lui vittima della "mezza fatwa" grillina), che sul suo blog, in merito alle possibili epurazioni scrive: "Se c’è una cosa che Grillo può fare per aiutare il governo, è espellere i dissidenti. Primo, perché darebbe argomenti straordinari ai suoi avversari, che già lo trattano da dittatore dello stato libero di Bananas. In secondo luogo, perché isolerebbe ancora di più il M5S in questo Parlamento, sconsigliando a tutti quanti di conferire con i colleghi".

È chiaro che non si tratterebbe di una novità assoluta, dal momento che il leader del M5S ha sempre mostrato il pugno di ferro nei confronti dei dissidenti interni (tranne che in occasione dell'elezione di Grasso al Senato) ed è sempre riuscito ad alzare il tiro nei momenti di maggiore difficoltà politica del Movimento, tuttavia stavolta la sensazione è che Grillo stia giocando una partita cruciale. Perché se le amministrative hanno dimostrato che il sogno della cannibalizzazione del Pd e dello scontro finale con Berlusconi è ancora, appunto, un sogno, allo stesso tempo il cammino parlamentare dei neo eletti 5 Stelle sembra tutt'altro che in discesa, per una serie di motivi di senso. Perché l'asse Pd – Pdl al governo finora regge oltre ogni aspettativa; perché Letta in un modo o nell'altro ha già portato a casa la sospensione dell'Imu, il decreto salda debiti della Pa e l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti (ne abbiamo parlato qui, spiegando le nostre perplessità sul provvedimento, ma anche l'infondatezza della leggenda della legge truffa); perché il ruolo di spettatori sulle riforme sembra (giustamente) insostenibile per una forza che ha ottenuto oltre il 25% dei consensi alle politiche; perché l'atteggiamento nei confronti degli eletti 5 stelle da parte dei colleghi della maggioranza oscilla tra il paternalismo e l'indifferenza; e infine perché senza voce in capitolo è difficile riuscire a portare a casa "i fatti".

Di fronte a questa marea di sollecitazioni, sensazioni, prospettive, Grillo reagisce nel solito modo: cercando di rafforzare il gruppo eliminando i fattori di tensione, riprendendo in mano il timone, alzando il livello dello scontro e riproponendo una comunicazione aggressiva, ora anche in tv. Una tecnica che ha sempre funzionato, mandando in fretta nel dimenticatoio i vari Favia, Tavolazzi, Salsi e Mastrangeli e rafforzando il suo "uno". Sarà così anche stavolta?

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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