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I diritti LGBTQ+ sono sotto attacco: è il segnale che anche le democrazie stanno sempre peggio

I diritti LGBTQ+ non vanno solo protetti in quanto tali, ma perché sono diritti umani dai quali dipende la salute delle nostre democrazie. Oggi però, questi diritti sono sotto attacco in gran parte del mondo.
A cura di Jennifer Guerra
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I diritti LGBTQ+ nel mondo si stanno contraendo e questo arretramento è il segnale che anche le democrazie stanno sempre peggio. È la conclusione di uno studio del Williams Institute dell’Università della California condotto su 175 Paesi che ha messo a confronto la tutela dei diritti delle persone gay, lesbiche, trans e bisessuali con lo stato di salute delle democrazie liberali. L’80% della popolazione globale vive in un Paese in cui esistono delle restrizioni alla democrazia, la percentuale più alta mai raggiunta negli ultimi 26 anni, e secondo gli autori dello studio uno dei primi segnali di autoritarismo è proprio l’attacco alle minoranze sessuali.

Lo studio analizza nello specifico quattro casi esemplari, il Brasile, il Ghana, l’Indonesia e la Polonia. In quest’ultimo Paese, l’ascesa autoritaria del PiS ha coinciso con l’arretramento dei diritti LGBTQ+, a partire dall’istituzione delle “zone libere da LGBTQ+”, per le quali la Polonia è stata condannata dal Parlamento europeo, che ha anche negato i fondi europei alle municipalità che si erano dichiarate tali. Queste iniziative non solo fanno da apripista a misure antidemocratiche che riguardano tutta la popolazione, ma ogni tentativo di resistenza porterebbe, secondo il Williams Institute, a un loro maggiore inasprimento. Ogni volta che una iniziativa omofoba è stata contrastata dalle associazioni, dai cittadini o dall’opposizione, ha portato a intensificare la repressione.

Il problema della contrazione dei diritti in Europa era stato rilevato anche lo scorso anno dal Congresso dei poteri locali e regionali del Consiglio d’Europa, che esprimeva preoccupazione per “la crescente contestazione del riconoscimento dei diritti e dell’identità [delle persone LGBTQ+], ricordando alle autorità lovali e regionali che la protezione di tali diritti è essenziale al rafforzamento della coesione sociale e della democrazia”. Secondo il Consiglio d’Europa, molti Paesi dell’Unione sono passati in breve tempo dal rimanere neutrali o silenti rispetto a questi temi all’attacco diretto nei confronti delle persone LGBTQ+, attraverso l’aumento di “discorsi che cercano di delegittimare le identità LGBTQ+” e la creazione di “un’ambiguità concettuale sulle questioni LGBTQ+ attraverso l’uso di termini come ‘propaganda dell’omosessualità’, ‘ideologia gender’ o ‘ideologia LGBTQ+”. Il report sottolinea inoltre il ruolo chiave di un “movimento ben coordinato che prova a presentare come ‘ideologiche’ le misure che proteggono i diritti umani di donne e persone LGBTQ+ e garantiscono uguaglianza per tutti”, influenzando le decisioni politiche.

Anche fuori dall’Europa la situazione è preoccupante. Il New Yorker ha dedicato un lungo reportage proprio a uno di questi gruppi, Alliance Defending Freedom, lo studio legale che ha portato il caso Dobbs alla Corte Suprema degli Stati Uniti, riuscendo a far ribaltare la sentenza Roe v. Wade ed eliminando il diritto d’aborto in 13 stati. Il prossimo obiettivo, spiega il settimanale, sono i diritti delle persone transgender, che già subiscono una pressione senza precedenti: secondo Trans Legislation Tracker, quest’anno sono state proposte più di 500 leggi che in un modo o nell’altro limitano i diritti delle persone trans, compreso quello di ricevere cure adeguate. 83 di loro sono già passate. Anche negli Stati Uniti il legame tra una democrazia sempre più in pericolo e l’intensificarsi degli attacchi nei confronti delle persone LGBTQ+ è evidente.

Nella storia, i governi autoritari e le dittature hanno sempre cominciato la loro scalata al potere prendendo di mira le minoranze, individuando di volta in volta un nemico conveniente da eliminare. E anche le modalità sono sempre più o meno le stesse: presentare queste minoranze come una sorta di maggioranza silente che in realtà è quella che tira le fila della politica, pur senza avere alcun tipo di potere ma anzi subendo un trattamento discriminatorio in ogni ambito della propria esistenza. Eppure, queste strategie funzionano e, soprattutto, distraggono. Finché c’è un “altro” su cui proiettare il proprio malcontento sociale, il cittadino o la cittadina media non si accorgono che il diritto al dissenso, alla scelta, all’autonomia vengono messi ogni giorno sempre più in discussione.

I diritti LGBTQ+ non vanno solo protetti in quanto tali, ma perché sono diritti umani dai quali dipende la salute delle nostre democrazie. In Italia, dove ogni giorno assistiamo alla legittimazione e alla normalizzazione dei discorsi d’odio, alla contrazione dei diritti delle famiglie arcobaleno e all’opposizione di ogni seppur minima conquista della comunità LGBTQ, non possiamo più permetterci di pensare che queste questioni, se non ci riguardano in prima persona, non siano importanti. Con un governo che prende a modello uno dei Paesi più illiberali d’Europa, che reprime con la violenza ogni forma di dissenso politico, che si sottrae alle domande dei giornalisti, che pensa che la pena sia l’unico mezzo per risolvere qualsiasi problema sociale, c’è poco da stare tranquilli.

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Jennifer Guerra è nata nel 1995 in provincia di Brescia e oggi vive in provincia di Treviso. Giornalista professionista, i suoi scritti sono apparsi su L’Espresso, Sette, La Stampa e The Vision, dove ha lavorato come redattrice. Per questa testata ha curato anche il podcast a tema femminista AntiCorpi. Si interessa di tematiche di genere, femminismi e diritti LGBTQ+. Per Edizioni Tlon ha scritto Il corpo elettrico. Il desiderio nel femminismo che verrà (2020) e per Bompiani Il capitale amoroso. Manifesto per un Eros politico e rivoluzionario (2021). È una grande appassionata di Ernest Hemingway.
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