Sì, il titolo di questo pezzo è dal sapore chiaramente populista. Prendetelo come un tentativo di cura omeopatica al populismo di destra intorno a una questione di cruciale importanza. La scelta di calendarizzare per ultimo il disegno di legge sulla cittadinanza (comunemente denominato Ius soli) rende palese l’insussistenza di tutte le altre “scuse” dietro cui si era nascosta la maggioranza e il PD in particolare in questi ultimi mesi.
In primo luogo la questione delle “priorità”, tra cui non sarebbe rientrata la legge su ius soli / ius culturae. Con il via libera alla legge di bilancio, infatti, non si capisce quale precedenza rispetto a una legge che tutela i minori senza cittadinanza possano avere i provvedimenti calendarizzati dopo il biotestamento, come la “modifica del Regolamento del Senato”, oppure il ddl a favore degli orfani vittime di femminicidio o il provvedimento sulla protezione dei testimoni di giustizia. Azioni sacrosante, magari, ma per le quali è piuttosto difficile utilizzare il criterio di priorità.
C’era poi il problema della tenuta del Governo, che secondo il PD in particolare, avrebbe impedito di portare il provvedimento in Aula. Ma con la legge di bilancio in sicurezza e con la quasi assoluta certezza della fine della legislatura a gennaio, non si capisce quale fosse il rischio. E, se anche il Governo si trovasse a non poter usare la questione di fiducia, quale sarebbe il problema di lasciare al Parlamento la possibilità di decidere in autonomia, accettando magari anche il rischio di una bocciatura?
Marcucci, del PD, poco fa ci ha ripetuto come “la mancanza di numeri in Parlamento sia un fattore determinante” nella scelta di far scivolare in coda il provvedimento. Due obiezioni, però, ci sentiamo di avanzarle. La prima: se così fosse, allora che senso ha metterlo comunque in calendario? Si spera che Berlusconi cambi idea per magia? Che i centristi disertino l’Aula in massa perché a fine mese fa più freddo? Che il M5s dopo mesi di incertezze sconfessi la posizione di Di Maio? La seconda, strettamente collegata: da quando si portano in Aula solo quei provvedimenti di cui si conosce l’esito? Perché non accettare l’idea che il Parlamento possa essere centrale rispetto a questioni di tale rilevanza?
Infine, l’ultima questione: la responsabilità del MoVimento 5 Stelle. È vero, sullo ius soli i grillini sono indifendibili. Ma chi frequenta Palazzo Madama sa benissimo come, specie al termine della legislatura, ci siano molti senatori 5 Stelle favorevoli al provvedimento. E “assenze tattiche”, voti a titolo personale e scelte diverse sono tutt’altro che improbabili. Con numeri non perentori, del resto.
La realtà è che sembra esserci una precisa volontà politica, quella legata ai sondaggi e al “clima” che si respira intorno al provvedimento. E alla timidezza del PD di rivendicare con forza una legge necessaria, giusta, forse addirittura fin troppo cauta, facendone un elemento positivo e non una tara per la prossima campagna elettorale. Dove non ci sono più scuse, c'è solo l'immaginazione, la provocazione amara.
Dunque diciamo che, esaminato tutto il quadro, cosa resta? Forse solo il tornare alla versione populista, ovvero il non voler allungare la permanenza in Senato durante le festività, peraltro nell’anno della pausa estiva fra le più lunghe della storia parlamentare. E la cosa tremenda è pensare che forse sarebbe davvero la giustificazione più valida…