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I dieci nomi per il Quirinale (con tanti se e tanti ma)

Il 18 aprile la seduta congiunta delle Camere per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica: ancora lontani i partiti, difficile trovare un’intesa.
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Ora c'è anche l'ufficialità: il 18 aprile le Camere si riuniranno in seduta congiunta per l'elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Si tratta ovviamente di un passaggio cruciale, soprattutto in relazione alle contingenze istituzionali ed al complesso risiko politico. Ma non solo. Perché, ovviamente, la frammentazione parlamentare (con la susseguente ingovernabilità) è lo specchio di un Paese diviso, in cui nessuna forza politica riesce a catalizzare il consenso e in cui il partito più rappresentativo raccoglie 8 milioni di voti, poco più del 15% degli aventi diritto. Dunque intorno al nuovo Capo dello Stato si gioca una partita importante, forse decisiva per il futuro a breve – medio periodo del Paese, anche perché il nuovo inquilino del Quirinale dovrà gestire la complicatissima fase del post – saggi, provando nuovamente a verificare se esistono le condizioni per un Governo (politico più che tecnico) oppure sciogliendo le Camere per ridare la parola agli elettori (e con l'incubo che il risultato delle urne sia molto simile).

Ecco perché da giorni l'intera politica è in fermento, con il centrodestra che ha messo le mani avanti paventando il rischio che "la sinistra decida di prendersi tutto", il Movimento 5 Stelle che sembra intenzionato a perseguire la strada della coerenza e dell'unilateralità "costi quel che costi" ed il centrosinistra che, al di là delle aperture di rito, ha nelle mani il vero grimaldello per rompere lo stallo politico. Del resto, una prima riflessione sui numeri porta ad ipotizzare che la "prova di forza" non sia poi un'eresia, ma "semplicemente" un rischio calcolato, considerando la posta in gioco ed il clima che si respira nel Paese.

Più che i numeri, a questo puntano contano i nomi. E sarà sulla capacità di individuare candidature di spessore che si giocherà una partita fondamentale. Per ora solo ipotesi, investiture e suggestioni, che non è arduo mettere nero su bianco (fra favoriti d'obbligo e possibili outsider). Partendo dal suicidio politico di Mario Monti (che sarebbe stato candidato superfavorito) e dalla volontà di Napolitano di non ottenere un secondo mandato.

Romano Prodi – È il favorito numero uno, pur con tutte le resistenze che incontrerebbe la sua ascesa al Quirinale. Su di lui, soprattutto in considerazione dell'avvicinarsi del semestre di Presidenza dell'Unione Europea, potrebbe puntare forte il centrosinistra nel caso intendesse aprire definitivamente ai centristi e allo stesso tempo continuare a perseguire nella strada del dialogo con il Movimento 5 Stelle. Che probabilmente non voterebbe ugualmente il Professore, ma che certamente lo considera opzione "accettabile". Ovviamente si tratterebbe di una elezione destinata a far discutere, dal momento che il centrodestra sarebbe pronto a fare le barricate (Prodi è il vero incubo ricorrente di Silvio Berlusconi, in effetti).

Franco Marini – L'ex Presidente del Senato sarebbe una vera e propria figura di garanzia e, per questo motivo, rappresenta opzione estremamente concreta. Soprattutto nel caso in cui il centrosinistra mantenesse fede alla volontà di "cercare un'ampia convergenza" per il Quirinale.

Stefano Rodotà – Anche su tale nome sembra poterci essere un'ampia convergenza in Aula. Secondo molti commentatori, addirittura, si tratterebbe della candidatura più gradita dal Movimento 5 Stelle. Democratici tiepidi, al di là dell'indubbia stima di cui gode Rodotà all'interno del partito, soprattutto poiché si tratterebbe di una scelta "non risolutiva" dello stallo politico.

Emma Bonino – L'esponente radicale è da tempo associata alla più alta carica dello Stato, nonché uno dei nomi più "gettonati" tra i cittadini (basta dare uno sguardo alla mobilitazione sui social network). Sarebbe, cosa non da poco, la prima donna alla guida dello Stato: un profilo laico, garantista, europeista e liberale. Ovviamente resta una incognita enorme su "chi" dovrebbe incaricarsi di proporla e sostenerla.

Anna Maria Cancellieri – Il ministro dell'Interno è uno dei possibili outsider. Un tecnico rispettato e stimato, che potrebbe / dovrebbe ottenere il consenso dalla quasi totalità dell'emiciclo. Anche in questo caso, però, si tratterebbe di una figura di garanzia che non sposterebbe gli equilibri (come è giusto che sia, tra l'altro) e che dunque potrebbe tornare in corsa se lo stallo dovesse persistere a lungo.

Massimo D'Alema – Dopo essere stato oggetto di una lunga battaglia interna al Partito Democratico, il Presidente dei Socialisti Europei sembra pronto ad un rientro in grande stile. In effetti, intorno al suo nome potrebbero concentrarsi i consensi di parte consistente dei democratici, dei centristi e delle "colombe" del Popolo della Libertà, che sanno benissimo che un'eventuale elezione di D'Alema al Colle aprirebbe la strada a quelle larghe intese di cui ancora si discute. Scontata la dura opposizione del Movimento 5 Stelle e le resistenze dei renziani.

Giuliano Amato – Un nome di garanzia, che ciclicamente ritorna in auge ogni qual volta si tratta di individuare una soluzione di compromesso, di sanare un'emergenza, di facilitare una mediazione. Dunque, un nome che sembra adattissimo al particolare momento che vive la politica italiana. Ovviamente, parlare di discontinuità con il passato sarebbe impossibile.

Gianni Letta – Che il Popolo della Libertà decida di puntare sul fedelissimo di Silvio Berlusconi fin dal primo voto è cosa tutto sommato abbastanza prevedibile. Difficile però che il Pd accetti di sostenerlo alla prova dei fatti (per una serie di motivazioni tra cui spicca la possibilità che siano in tanti a "tradire" nel segreto dell'urna). Resta però in campo, come suggello alla "conversione dei democratici alle larghe intese".

Gustavo Zagrebelsky – Il Presidente emerito della Corte Costituzionale rappresenterebbe un netto segnale di discontinuità rispetto agli schemi "tradizionali", incontrando molto probabilmente anche il sostegno del Movimento 5 Stelle. Una candidatura da tenere in considerazione, soprattutto se l'impasse dovesse determinare una cristallizzazione dei consensi durante le prime votazioni.

Beppe Pisanu – Come nel caso di Franco Marini si tratterebbe di una figura di unione, che potrebbe trovare un sostegno bipartisan soprattutto se le trattative (in sede privata) per la successiva esperienza di Governo dovessero andare in porto.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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