I contagi di coronavirus non salgono per colpa dei migranti: 25-40% dei casi importati da vacanzieri
La dichiarazione di Locatelli non lascia spazio a dubbi: "A seconda delle Regioni, il 25-40% dei casi sono stati importati da concittadini tornati da viaggi o da stranieri residenti in Italia. Il contributo dei migranti, intesi come disperati che fuggono, è minimale, non oltre il 3-5% è positivo e una parte si infetta nei centri di accoglienza dove è più difficile mantenere le misure sanitarie adeguate". Il presidente del Consiglio superiore di sanità (Css) e membro del Comitato tecnico scientifico (Cts) prova così a spegnere le polemiche, che da oltre un mese si concentrano sull'arrivo massiccio dei migranti sulle coste del Sud Italia, soprattutto a Lampedusa, e sui rischi, percepiti dai cittadini, di poter essere contagiati dai migranti ‘infetti'.
Le cose evidentemente non stanno così, e come sottolinea l'esperto, dati alla mano, la risalita dei contagi è legata piuttosto ai casi importati dai vacanzieri di ritorno, in particolare dai turisti che vengono da Malta, Spagna, Grecia e Croazia. Il governo è infatti corso ai ripari, e ha stabilito che chi rientra da questi quattro Paesi è obbligato a sottoporsi a test molecolare o antigenico, attraverso il tampone. L'ordinanza, che è entrata in vigore dal 13 agosto (sarà valida fino al 7 settembre), è rivolta a chi ha viaggiato sia per motivi di lavoro sia per motivi turistici.
Eppure fino a ieri Matteo Salvini cercava di strumentalizzare la questione dei flussi migratori, collegandola al coronavirus: "Chiudono le discoteche e sale da ballo. Lasciano i porti spalancati. Vergogna!". E ancora: "Il governo cambia un'altra volta idea e torna a chiudere negozi e locali, mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro, mentre il virus viene importato dall'estero. Un governo duro con gli italiani e morbido con i clandestini. Non se ne può più".
La stagione turistica e le frontiere aperte tra i Paesi hanno generato una situazione preoccupante dal punto di vista epidemiologico, con la nascita di diversi focolai in tutto il Paese. E l'abbassamento dell'età media dei casi positivi ha spinto il governo a intervenire anche sulla cosiddetta movida, e sui locali, come le discoteche, che prevedono grandi assembramenti, e da cui si sono originati dei cluster, come accaduto per esempio a Carloforte nel Sud della Sardegna. Ma questi focolai non sono collegati, come ha precisato Locatelli, né agli sbarchi né alle ‘fughe' di migranti dai centri, episodi che si sono verificati nelle scorse settimane, per via anche del sovraffollamento di queste strutture.
Anzi Locatelli sottolinea un altro aspetto importante. L'eccessiva prossimità e l'impossibilità di mantenere la distanza di almeno un metro tra gli individui all'interno degli hotspot, spesso diventa essa stessa causa di trasmissione dell'infezione.
Locatelli: "Non siamo alla seconda ondata"
"Non pensiamo che si possa riprodurre un'emergenza paragonabile a quella della fase uno anche perché i contagiati vengono diagnosticati precocemente per cui si prevengono le forme gravi. Per valutare l'andamento dell'epidemia dobbiamo avere una visione generale. Se il numero dei contagiati salisse in modo importante ci sarebbe per forza un carico maggiore per le strutture sanitarie. Essere messi meglio di Francia e Spagna non esclude il timore di una crescita esponenziale della curva nelle prossime due settimane. Ma non siamo alla seconda ondata", ha detto ancora Franco Locatelli nell'intervista rilasciata al ‘Corriere della sera'.
Bisogna riaprire le scuole "a ogni costo", ha detto ancora. "Il Cts ritiene prioritario garantire il distanziamento all'interno degli istituti impiegando le mascherine solo se necessario, in situazioni eccezionali e per brevi periodi. Lo sforzo, soprattutto da parte del ministero dell'Istruzione, dev'essere quello di identificare tutte le soluzioni percorribili in modo da non scaricare le responsabilità sui presidi".