I consigli del Fmi al governo Meloni: alzare l’età pensionabile e eliminare il taglio del cuneo fiscale
Il Fondo monetario internazionale, nelle sue indicazioni all'Italia, ha tracciato una linea chiara: ridurre le spese inutili o inefficienti, puntare sugli investimenti per il lungo periodo, e così ridurre il debito pubblico. Un comunicato riporta le impressioni dello staff del Fmi dopo l'analisi della situazione italiana svolta nelle ultime due settimane: dopo la crisi del Covid e dei prezzi dell'energia l'economia "si è ripresa bene", ma "la crescita si è ridotta". Le politiche fiscali "espansive" da una parte hanno contribuito a questa ripresa, ma dall'altra hanno "tenuto il deficit e il debito pubblico molto alti". Così, ora è giunto il momento di tagliare queste misure e cambiare marcia, secondo il Fmi: tra gli aiuti che andrebbero cancellati c'è il Superbonus edilizio, ma anche il taglio del cuneo fiscale su cui il governo Meloni punta molto.
Dal Superbonus al taglio del cuneo, tutte le misure che il governo dovrebbe cancellare
Il documento dà delle indicazioni per avere "risparmi considerevoli": per prima cosa "sostituire i tagli del cuneo fiscale e gli incentivi per le assunzioni", lanciando al loro posto "misure che aumentino in modo permanente la produttività del lavoro". Poi bisognerebbe "snellire ulteriormente la spesa per le pensioni, alzando l'età pensionabile effettiva ed evitando costose opzioni di pensionamento anticipato". Seguono poi altri suggerimenti, come "razionalizzare le deduzioni fiscali" per renderle "più progressive" e "meno complesse".
D'altra parte, come spiega il documento, "negli ultimi anni la politica fiscale ha cercato di aumentare gli stipendi, i risparmi e i profitti delle aziende. Tuttavia, anche se è vero che in Italia gli stipendi sono generalmente bassi, questo è dovuto a una produttività del lavoro che è strutturalmente bassa". Quindi per cambiare la situazione "in modo permanente" e aumentare "le condizioni di vita dei lavoratori e il Pil", le "poche risorse fiscali" a disposizione non vanno usate per un generico aumento degli stipendi da alcune decine di euro al mese. Al contrario, bisogna puntare su una "riforma dell'istruzione", facilitare "le transizioni green e digitale", investire in "infrastrutture pubbliche".
Un altro passaggio mette in discussione anche il Superbonus edilizio, contro cui il governo Meloni si è scagliato in più occasioni. Se il Pil italiano dopo la pandemia è cresciuto "più che in altri grandi Paesi dell'Eurozona" è anche grazie "a spese esuberanti nelle ristrutturazioni edilizie, sostenute da generosi crediti fiscali". Tuttavia, "lo stimolo ala crescita derivato da questi crediti fiscali è probabilmente stata piuttosto limitata rispetto all'entità delle risorse spese", a causa anche del "diffuso utilizzo dello sconto in fattura, il forte aumento dei prezzi del settore edile" e "l'abuso di fondi pubblici". In più, "il contributo" del Superbonus "all'attività reale è diminuito nel tempo".
Puntare sulle donne per aumentare l'occupazione e la natalità
Insomma, adesso la priorità per l'Italia è abbassare il debito pubblico, anche "ritirando più in fretta le misure inefficienti o temporanee, come i bonus edilizi e le misure che hanno compensato l'alta inflazione". Allo stesso tempo, bisognerebbe investire di più nell‘occupazione femminile: "Espandere la forza lavoro dell'Italia contrastando la bassa fertilità e la bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro darebbe una spinta durevole alle prospettive di crescita". Per farlo, gli interventi necessari sono molti: "Aumentare la disponibilità dell'assistenza per l'infanzia", per "ridurre il conflitto tra lavoro a tempo pieno e responsabilità genitoriali", e "aumentare la trasparenza sulle differenze di genere negli stipendi", tra le altre cose.
Di questo passo, la prospettiva per l'Italia è che il Pil aumenterà dello 0,7% nel 2024, e della stessa misura anche nel 2025. Nei due anni successivi, poi, ci sarà il rischio di un "rallentamento", perché finiranno gli investimenti del Pnrr. Per quanto riguarda l'andamento dei prezzi, invece, il calo dell'inflazione sembra essere ormai ben consolidato: i picchi raggiunti nel 2022, a meno di sorprese, dovrebbero restare solo un ricordo per i prossimi anni.