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Ora nei centri in Albania non restano neanche gli agenti di polizia: in 50 tornano in Italia

Viene dimezzato il numero degli agenti impiegati nei centri per i migranti in Albania. I primi 50 torneranno in Italia, mentre nelle strutture – ancora vuote – resteranno 170 unità, il numero minimo per garantire la rotazione dei turni di vigilanza.
A cura di Giulia Casula
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I centri in Albania sono sempre più vuoti. Da ieri è partita quella che è stata definita una "rimodulazione" delle forze dell'ordine presenti nelle strutture di Gjader e Shengjin. In sostanza, si tratta di una riduzione del personale impiegato nei cpr, che verrà nei fatti dimezzato.

A pieno regime il contingente delle forze dell'ordine previsto per i centri in Albania sarebbe dovuto essere di 295 unità, ma a questo numero non ci si è mai arrivati. Tra polizia penitenziaria, carabinieri e Guardia di Finanza, gli agenti non hanno mai superato i 220.

Personale che di fatto è rimasto inattivo sul territorio albanese, dal momento che i centri non sono mai effettivamente partiti. I primi sedici migranti infatti, avevano fatto ritorno in Italia dopo il pronunciamento dei Tribunale di Roma che non aveva convalidato il trattenimento.

E solo qualche giorno fa, la seconda nave che trasportava altre otto persone, ha dovuto fare marcia indietro dopo che i giudici romani hanno sospeso la decisione sulla convalida, rinviando la questione alla Corte di Giustizia europea che dovrà fornire chiarimenti sul conflitto sorto tra diritto comunitario e ordinamento nazionale.

Gli agenti inviati sul posto dunque, rimarranno 170, mentre i primi cinquanta faranno rientro in Italia. Sul territorio albanese, rimarrà il numero minimo di unità necessario per consentire la rotazione dei turni di vigilanza all'interno dei centri, che per il momento però non hanno mai accolto neanche un migrante.

Nonostante la smobilitazione in atto, però, Palazzo Chigi sembra voler tirare dritto. Ieri infatti, è stato pubblicato un bando da 9,3 milioni di euro per la manutenzione ordinaria e straordinaria delle strutture, mentre è stato chiuso un contratto della durata di sei mesi con una ditta di pulizie locale, per il valore di 48mila euro.

Non solo, nei prossimi giorni scadranno anche i termini per l'assegnazione di un appalto relativo alla somministrazione dei pasti nella struttura penitenziaria di Gjader che vale quasi un milione di euro. Costi che gravano sui conti pubblici italiani, mentre le celle dei centri in Albania continuano a rimanere vuote.

A circa un mese dall'apertura dei centri, il protocollo Roma-Tirana voluto da Meloni non è ancora riuscito a partire e ora che spetterà alla Corte europea sciogliere il nodo sui Paesi sicuri, il rischio di un flop definitivo è dietro l'angolo.

Nel frattempo si intensifica il pressing delle opposizioni, con Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi-Sinistra che nelle settimane scorse hanno presentato un esposto alla Corte dei Conti affinché verifichi che l'intera operazione Albania non comporti un danno erariale alle casse dello Stato.

La questione dei costi infatti, resta ancora tutta da chiarire. Stando i documenti ufficiali, la spesa per il mantenimento dei centri si aggirerebbe attorno ai 134 milioni l'anno e secondo il Viminale si tratterebbe comunque di un "risparmio" rispetto alle cifre normalmente impiegate per la prima accoglienza straordinaria. In realtà, però, a questi numeri vanno aggiunte una serie di altre spese, a partire da quelle per i viaggi in mare dei migranti trasferiti in Albania, che potrebbero far lievitare significativamente il conto per l'Italia.

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