I casi in cui può essere richiesto il Green Pass sul luogo di lavoro, spiegati da un giurista
Dopo i sanitari, il governo valuta se estendere l'obbligo di vaccinazione contro il coronavirus ai docenti, in vista del ritorno a scuola in sicurezza. E intanto si continua anche a discutere della proposta di Confindustria, sulla possibilità di richiedere il Green Pass anche sui luoghi di lavoro. Tuttavia, su quest'ultimo punto si è aperta una questione giuridica dal momento che, ad oggi, l'obbligo vaccinale per legge non esiste. Abbiamo fatto il punto con Francesco Clementi, professore di diritto pubblico comparato all'università di Perugia. "Se guardiamo al Green Pass come un rapporto esclusivo di diritto privato, tra un datore di lavoro e un lavoratore, stiamo analizzando la questione con un'ottica molto riduttiva. Perché in realtà ci stiamo riferendo a diritto, quello alla salute, che è l'unico definito come fondamentale in tutta la Costituzione italiana. È quindi una questione prettamente costituzionale. Se affrontiamo il tema con lo sguardo del diritto costituzionale, allora dobbiamo basarci sull'articolo 32 della Costituzione, che stabilisce che qualsiasi restrizione in tema di trattamento sanitario sui singoli deve dipendere da un atto avente valore di legge, quindi una legge ordinaria o un decreto legge", spiega Clementi.
In altre parole, un'azienda non è legittimata a imporre l'obbligo di Green Pass per i suoi dipendenti se la legge non prevede un obbligo vaccinale a monte: "Perché ci sia un obbligo vaccinale ci deve anche quindi essere una legge che lo dispone. Un datore di lavoro, quindi, senza una legge non può adottare provvedimenti così compressivi su un suo lavoratore. Finché il governo non fa una legge sull'obbligo vaccinale, non ci può essere trattamento obbligatorio", ribadisce il professore. Per poi precisare alcune differenze fondamentali: "Un conto è l'obbligo, un conto è il requisito all'accesso per alcune realtà. Per cui, ad esempio, senza Green Pass non si può andare al ristorante o al cinema. Se parliamo di un obbligo, senza legge non c'è soluzione. Se invece parliamo di un requisito, allora si può fare a meno della legge". Ma il requisito è una cosa diversa, prevede solo delle limitazioni per date attività, precisa Clementi. Un azienda potrebbe quindi chiedere il Green Pass come requisito per un lavoro specifico: "Il demansionamento o lo spostamento ad altra attività lavorativa è legittimo se il Green Pass viene considerato come un requisito, è illegittimo se viene considerato alla pari di un trattamento sanitario obbligatorio, impedendo quindi al lavoratore di lavorare".
Questo potrebbe valere in particolare per alcune categorie di lavoratori. "Ad esempio in uno sportello c'è un rapporto particolare con il pubblico: allora si può prevedere che chi lavora a uno sportello ed è a contatto con il pubblico debba essere vaccinato. Questo non significa che altrimenti verrebbe licenziato, ma è possibile richiedere per quel ruolo delle garanzie sanitarie maggiori. Chi non sta allo sportello invece, in assenza di una legge, è libero di scegliere se avere o meno un vincolo", continua Clementi. Un discorso che vale particolarmente per il settore pubblico: "Non è possibile che chi lavora nel pubblico, quindi per la collettività, sia il primo a non proteggere un bene collettivo come è appunto la salute di tutti".
Perché venga introdotto invece un obbligo generalizzato di vaccinazione contro il coronavirus è comunque necessario che si verifichino una serie di fattori: "L'obbligo vaccinale per tutti i cittadini in modo indiscriminato io tenderei ad escluderlo. Infatti non credo che il decreto legge che il governo si appresta ad approvare sarà generalizzato per tutti i cittadini. Secondo me sarà circoscritto ad alcune figure, come i docenti ad esempio", aggiunge il professore. Che poi conclude: "Ad ogni modo il provvedimento del governo si deve basare su due elementi: il primo è lo stato emergenziale, che infatti il governo ha rinnovato, e poi le raccomandazioni del Comitato tecnico scientifico. Per imporre, anche solo alcune categorie, alcuni vincoli ci devono naturalmente essere delle ragioni sanitarie molto chiare".