Avrai già sentito parlare di Marco Cappato e probabilmente conoscerai il suo volto; avrai sentito la sua parola spendersi per le battaglie sui diritti civili: fine vita, legalizzazione delle droghe e libertà di ricerca scientifica.
Negli ultimi anni Marco Cappato ha organizzato i viaggi, e in due casi accompagnato persone, che avevano deciso di recarsi in Svizzera perché potessero seguire la loro volontà di porre fine alle sofferenze a cui erano costrette.
È impossibile non conoscere almeno parzialmente l'attivismo di Marco Cappato, se si vive in Italia, pianeta Terra, genere umano. Il suo impegno ha scosso ogni volta la politica e l'opinione pubblica, creando un fronte per la libertà di scelta che è stato costantemente attaccato da chi – usando parole come "diritto alla vita" – optava per impedire alle altre persone di fare scelte fondamentali per la propria, di vita.
Non per presentarvelo, dunque, ho deciso di incontrare Marco Cappato; ma per raccontarvelo dietro le quinte, partendo da un palco: il suo debutto assoluto nel mondo del palcoscenico, dove ha raccontato se stesso e le persone con cui è cresciuto politicamente.
Volevo capire come è Marco Cappato oltre le sue battaglie, partendo però proprio da quell'impegno.
La prima volta l'ho incontro alla prova generale del suo debutto in teatro, sono arrivato e lui era già in scena, così mi sono messo in un angolo del palco, la sensazione era quella dell'invasione ma io volevo soltanto assistere, senza disturbarlo. Sul palco mi muovevo con lentezza, usavo lo zoom per non spostarmi e temendo di distrarlo. In quel momento, quando sono arrivato, stava raccontando le prove di DJ Fabo il giorno prima di morire:
"Fabo cercava, con tutto il residuo di forze che gli erano rimaste, di mordere un pezzo di plastica per fare le prove, terrorizzato all'idea di non riuscire a morire".
Poi, Fabo, troverà una particolare inclinazione della testa, laterale, sollevata dal cuscino, che gli avrebbe permesso con i denti di avere abbastanza forza per schiacciare il bottone che avrebbe rilasciato la sostanza che lo avrebbe aiutato a morire. Questo lo scoprirò durante lo spettacolo. L'inizio del mio incontro con Marco Cappato, invece, è stato molto più leggero, seguendolo in camerino mentre cercava – fra una mia domanda e una mia bischerata – di mangiare un piatto di pasta un'ora e mezzo prima dell'inizio dello spettacolo.
Quant'è la rottura di palle, da 1 a 10, di dover fare questa intervista con me mentre mangi?
Io sono felice di averti qua.
Ho sentito il regista quando ti ha detto "mangia poco".
Sì, dai, una pasta in bianco.
Hai la cacarella, prima dello spettacolo? A me prende sempre. Scusa se te lo chiedo mentre mangi.
Ti ringrazio per la motivazione che mi stai dando! Sono un po' agitato, sì.
Ho una curiosità: hai dei riti scaramantici prima dello spettacolo?
No.
Non te ne frega un caxxo di questa roba.
Ho l'associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, se mi metto a fare i riti scaramantici poi non sono più credibile.
Torno serio: durante il tuo lavoro, che cosa ti fa incaxxare di più?
Di solito le persone che rispetto alle battaglie sui diritti civili sono d'accordo, anzi sono più d'accordo di me, e dicono cose come: "No, no, ma io figurati, l'eutanasia, super d'accordo, dai certo che sì", ma poi affermano anche: "Tanto prima o poi ci arriveremo, perché agitarci tanto?" E perciò in conclusione poi non fanno niente, sono distaccati, indifferenti. Meglio gli altri, anche Pannella diceva: "Su divorzio e aborto, i nemici veri non erano quelli che la pensavano all'opposto, ma gli indifferenti".
Marco, ti farai una canna per rilassarti prima dello spettacolo?
Non sono proprio la persona che riesce a fare niente di serio e di lavoro, con una canna ma neanche bevendo alcol.
Allora è vero che fanno male!
Infatti, anche l'alcol è molto pericoloso, causa 30.000 morti l'anno. La cannabis non uccide, può essere pericolosa se abusata soprattutto in adolescenza, ma il punto non è questo. Il punto è essere liberi di decidere, per essere magari un po' più responsabili di decidere.
Grazie Marco, ti lascio alla concentrazione prima dello spettacolo. Ci vediamo domani a casa tua?
A casa mia? Va bene, dai.
Merda merda merda per lo spettacolo, anche se non è molto scientifico come augurio.
Va bene lo stesso, grazie!
Poi ho preso posto e mi sono goduto lo spettacolo. Una parola su questo voglio dirla: bello. Conviene vederlo perché rimette in fila una serie di storie e di aneddoti che hanno a che fare prima con l'Italia che con lui, anche quando parlano di lui, e questo (secondo me) per uno spettacolo è un gran complimento. L'ho detto anche a Cappato dopo lo spettacolo e insieme al mio "buonanotte, a domani".
Il giorno dopo, mentre mi preparava il caffè, gli domando a bruciapelo: "Tu hai portato anche la croce?"
Sì, alla Messa di Natale, in prima media. Quella passione che mi portava a essere ferventemente religioso a quell'età, spero di essermela portata dietro, con diverse modalità di esprimerla, su altro.
Perché comunque c'è una differenza fra essere credenti e clericali.
Certo. Si può essere cattolici e laici insieme quando da cattolici si fa la differenza per se stessi e quello che invece sei disposto a imporre agli altri con la legge, con i tribunali. Non si sarebbe mai vinto, nell'Italia del 1974, il referendum del divorzio con più del 60% dei voti, senza il contributo delle persone cattoliche e laiche. Infatti Pannella, nel comizio a piazza Navona la sera della vittoria nel referendum, la prima cosa che fece fu ringraziare le mamme e le nonne cattoliche, senza le quali quel risultato sarebbe stato aritmeticamente impossibile.
Faccio un passo indietro. Mi racconti la tua famiglia di origine?
Abbiamo sempre respirato politica, discussioni in famiglia, mio papà è stato anche per un brevissimo periodo, segretario del partito repubblicano di Monza. Mio zio era socialista, i miei iniziarono un po' a seguire, poi nell"85 il partito Radicale lanciò la campagna: "O lo scegli, o lo sciogli", cioè "o facciamo 10.000 iscritti oppure chiudiamo". E mia mamma si iscrisse.
E tu da che parte stavi?
Io guardavo con simpatia i radicali, sicuramente. Anche se io ero più sull'anarchico, più musicale che politico, ascoltavo i Sex Pistols, i Clash. Mi piaceva il punk.
Facciamo un passo avanti: tu sei stato parlamentare a 28 anni (oggi Marco Cappato ne ha 53), mi dici la prima cosa che ti viene in mente?
Sono stato il primo parlamentare della legislatura a prendere la parola in aula. Sapevo che c'era una regola: il presidente decano non può rivolgere un discorso inaugurale. E il presidente decano era Giorgio Napolitano, che iniziò invece un discorso. Allora io mi sbracciai per richiamare al regolamento, e lì ovazione per Giorgio Napolitano e fischi per me. Addirittura incrociando Berlusconi, mi puntò il dito e disse: "Esibizionista!"
Ho preso dell'esibizionista da Berlusconi, credo capiti raramente.
Tu, Marco, hai fatto una carriera al contrario, lo dico senza offesa. È una delle cose che più apprezzo di te.
Ho fatto ONU, Parlamento Europeo, Comune di Milano, città metropolitana di Milano, e con un po' di impegno potrei arrivare al Consiglio di zona. In realtà, scherzi a parte, ora non ho più alcun incarico ufficiale.
Faccio un altro passo indietro: tu con quali battaglie ti sei avvicinato ai radicali?
La prima battaglia con cui mi sono avvicinato è stata quella antiproibizionista, perché vedevo gli effetti di questa cosa folle per cui rischi l'arresto, il carcere. Giovani che addirittura si impiccano per la disperazione. Arrestati per cosa? Un pezzo di fumo. È questo l'assurdo assoluto, quello per il quale lo Stato consegna alle mafie un potere economico fortissimo.
A questo punto compio una gaffe e chiedo a Marco Cappato se è favorevole anche alla "liberalizzazione" delle droghe pesanti. Il mio errore stava nella parola "liberalizzazione", e lui me lo fa correttamente notare.
Mai liberalizzazione, sempre legalizzazione. Perché la droga è libera oggi, cioè è libera di essere venduta dalla mafia davanti alla stazione centrale, giorno e notte, senza controlli sanitari e controlli di qualità, senza siringhe sterili. Oggi la droga è libera e della mafia.
Droga legale, invece, significa che ogni droga, anche le droghe pesanti, viene legalizzata in modo diverso a seconda della loro pericolosità. Ad esempio nel Cantone di Zurigo esiste la distribuzione di eroina sotto controllo medico per coloro che già ne sono dipendenti. Risultato: meno morti, meno overdose, meno AIDS. Le droghe illegali possono contare su una rete di vendita poderosa, di quelli che vanno davanti alle scuole perché sono illegali, perché c'è il profitto criminale. Ma è chiaro che quando una sostanza non è più in mano alla criminalità, non è che vai a distribuirla con i venditori aggressivi davanti alle scuole, che magari ti vogliono far provare sostanze sempre più pericolose e sempre più profittevoli per loro. Legalizzare vuol dire controllare, è il contrario di incitare all'abuso.
Ti hanno mai arrestato?
Una volta a Manchester.
E come andò?
Avevano appena arrestato dei malati che autocoltivavano cannabis a fine terapeutici. Io sono andato dalla poliziotta di guardia e le ho consegnato un pezzetto di hashish. E sono stato condannato a una settimana di carcere.
E cosa è successo?
Incontrai il mio compagno di cella, era un pugile, enorme. Ricordo leggeva il libro "The perfect murder", cioè "l'assassino perfetto". Era in carcere solo per rapina a mano armata, però stava studiando.
Lo vedevo ansioso, preoccupato, poi a un certo punto mi disse: "Are you gay?" cioè mi chiese se fossi gay. Era preoccupato che potessi approfittare di lui. Così lo tranquillizzai dicendogli che non lo avrei sfiorato.
Hai qualche ricordo di DJ Fabo l'ultima notte?
Passamo la nottata insieme, con i suoi amici, proprio a ridere, a scherzare, a ricordare tutte le cose che avevano fatto insieme. Poi il giorno dopo, la seconda visita medica. Passata quella, mancavano pochi minuti a quando avrebbe scelto di andarsene. E lui rimaneva sereno, determinato, addirittura a un certo punto scherzando dopo aver mangiato un barattolino di yogurt, disse: "Buono, se non riesco a morire ce lo riportiamo a Milano".
E poi chiamò a sé gli amici che erano lì e disse: "Venite qua, devo dirvi una cosa importante". Lui che era lì per un incidente d'auto, disse: "Allacciatevi le cinture, non potete farmi un favore più grande".
Mi spieghi cosa è il microdosing?
Microdosing significa microdosaggio. Ce lo dicevano già gli antichi latini: è la dose che fa il veleno. In particolare le sostanze psichedeliche, stiamo parlando di LSD, MDMA, psilocibina, ayahuasca, possono avere un effetto terapeutico. La ricerca, in tanti Paesi del mondo, purtroppo non in Italia, sta andando forte nell'utilizzo degli psichedelici per trattare per esempio forme di depressione grave, farmacoresistente, alcol dipendenze, stati di ansia grave nei malati terminali, sindrome da stress post traumatico. Il microdosaggio invece significa assumerne delle quantità molto, molto piccole; e fanno un effetto diciamo drogante, non molto diverso da quello di bere un caffè, cioè una maggiore focalizzazione mentale.
Tu a uso ricreativo hai provato il microdosing?
Sì.
Carino?
Sì, per me ha avuto un buon effetto, però sono cose che si fanno attualmente a proprio pericolo, perché non esistono protocolli medici definiti, sui quali si sta facendo ricerca (però non in Italia), quindi bisogna aspettare.
Ho le ultime due domande. La prima è questa: c'è qualcosa che non ti ho chiesto e secondo te è assolutamente da dire?L'intelligenza Artificiale Civica. Cioè se le democrazie sono ancora in grado di utilizzare la rivoluzione tecnico scientifica a beneficio di tutti.
C'è una frase che ti ronza in testa, per salutarsi?
Gandhi ha invitato ciascuno di noi a essere il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo. Esserlo davvero, veramente. E la cosa più importante è: darsi da fare.
Grazie Marco, ti posso abbracciare?
Ma sì, abbracciamoci!