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Opinioni

Ho letto tutto il libro del generale Roberto Vannacci, e non potete capire quello che davvero c’è dentro

Ho terminato la lettura del libro del generale Vannacci, e fra tante critiche gli riconosco un merito: essere riuscito ad accorpare le peggiori cretinate tutte insieme.
A cura di Saverio Tommasi
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Il libro del Generale Vannacci
Il libro del Generale Vannacci

Ho letto l’intero libro del generale Roberto Vannacci, 357 pagine di punti esclamativi, virgole dopo le avversative, incisi all’interno di altri incisi a loro volta inframmezzati da incisi, una mezza miliardata di aggettivi qualificativi e alcune ripetizioni.
Parto da qui perché l’affare è interessante: all’interno del libro ci sono degli esempi che – identici, ma con parole diverse – il generale ha ripetuto più volte. Cosa vi devo dire? La sensazione è che si fosse scordato di averli già scritti, oppure non credesse che qualcuno davvero potesse leggere il suo libro per intero, e così gli esempi a cui era più affezionato li ha ripetuti più volte. Ma il generale sarà felice di sapere che si è sbagliato, e qualcuno che ha letto tutto il suo libro esiste e sono io; notizia: sono sopravvissuto.

Generale, lei è stato in Iraq ma io terminato 357 pagine di urla “contro le minoranze”, così per citarla. Non dico che siamo pari perché io non ho rischiato di morire, in fondo il libro è scritto male ma non così tanto da uccidere qualcuno, però le garantisco che talvolta un po’ di dolore lo procura. Una volta ho dovuto smettere di leggere per la rabbia. E sa quando? Glielo dico: quando afferma che non esistono persone che scappano dalla guerra o dalla povertà, altrimenti “si fermerebbero prima e non arriverebbero in Italia”. Vede, io invece ne ho conosciute a centinaia, di quelle persone che arrivano qui dopo viaggi spesso di anni e torture sulla carne, e la sua menzogna mi ha fatto male.
Ma lei è coerente con la premessa, il suo racconto di quando – a Parigi – fingeva di perdere l'equilibrio in mentropolitana per poggiare non accidentalmente la sua mano su quella dei neri e capire se la loro pelle fosse dura come la nostra, quella di noi bianchi. Ma questa perla la vedremo meglio più avanti.

Le dico la verità, generale: non è la prima volta che ascolto idee come quelle contenute nel suo libro, alcune – mi perdoni – così simili a quella sciagurata dittatura che ci ha trascinato nella Seconda guerra mondiale, quella che inizia per “f” e termina con il dittatore issato per i piedi, a testa in giù; tra l’altro questa immagine iconica se ci pensa bene è una specie di citazione del titolo del suo libro: “Un mondo al contrario”. Immagino ci avesse già riflettuto, forse la somiglianza nel titolo è addirittura ricercata.

Facciamo un passo indietro e come in tutte le recensioni che si rispettino, voglio partire proprio dal titolo del suo libro: “Il mondo al contrario”. Dritto o contrario dipende sempre dalla prospettiva, mi sono detto, vediamo lui da che punto di vista guarda il mondo. E’ presto detto: è il punto di vista del panino alla porchetta (“mica cous cous, noi siamo italiani”); un libro ardente come una fiamma su un sepolcro.
E’ un libro alla vecchia maniera, quella di Umberto Bossi e del “noi ce l’abbiamo duro”, tra l’altro lei non può non aver pensato con intensità al membro di Umberto Bossi quando ha scritto “Rocco e il suo batacchio fra le gambe” per spiegare perché non si debba riconoscere la carriera alias nelle scuole ai ragazzi e alle ragazze transgender. A proposito: in questo libro lei riflette molto sul “batacchio” – se posso permettermi in maniera un po’ ossessiva – quando ad esempio parla della necessaria distinzione dei bagni in maschi e femmine, e poi della distinzione tra maschi e femmine in quanto possessori del “batacchio” oppure no.
Vede, generale, io non so come funzionino i bagni in caserma, ma nei bagni “normali” (secondo la sua definizione di normalità uguale quantità), le persone non entrano nei bagni con il pisello in mano, esistono i bagni chiusi o gli urinatoi. Oppure in Austria, dove sono stato quest’anno, molti bagni non hanno un genere, oppure in altri Paesi ancora sono previsti tre bagni. Ma ripeto: magari in caserma è diverso e lei entra facendo l’elicottero, in quel caso in effetti qualcuno potrebbe imbarazzarsi, ma le garantisco anche fra gli uomini.

Questo è un libro che se la prende benissimo con le minoranze, è il suo punto focale. Il generale lo ha scritto per questo, lo rivendica, e in effetti si riconosce subito la mano dell’esperto nella sodomizzazione dei diritti (per usare un linguaggio che gli appartiene): il generale distrugge gay e vegani come fossero un villaggio in Afghanistan. Spezza le redini agli immigrati (il generale disprezza la parola “migranti”, tipica di una certa “sinistra ideologizzata”). Il generale demolisce ambientalisti, animalisti, socialisti, transgender e uccello fratino.
Insomma il generale vede una minoranza e si scaglia contro di essa, e lo rivendica perché il libro – di nuovo – è soprattutto “un libro contro le minoranze, che in questo mondo al contrario comandano”.
Il generale è insomma proprio un gran fenomeno al contrario, per (quasi) citare il titolo della sua opera.

Seriamente: è un libro tossico, ma partiamo dall’inizio. L’esergo è di Benedetto Croce, sempre molto posizionante. Una citazione di Benedetto Croce che se la prende con gli italiani che cercano il pelo nell’uovo e poi si mangiano il pelo. Non la conoscevo. Andiamo avanti, si passa all’indice. Non è usuale l'indice in quel contesto lì, fa un po’ impaginazione anni ‘80 ma soprassediamo. Il generale dedica un capitolo a tutto quel che gli interessa: patria, famiglia, tasse, buonsenso, animalismo e pure energia, perché in fondo (credo di aver capito questo) tutti i generali sono anche un po’ scienziati, no?
Poi l’avvertenza dell’autore prima di entrare nel fuoco ardente del contenuto: l’autore declina “ogni responsabilità in merito a eventuali interpretazioni erronee dei contenuti del testo e si dissocia, sin d’ora, da qualsiasi tipo di atti illeciti possano da esse derivare”. Interessante. A parte la nullità legale di una dissociazione di questo tipo, ma evidentemente il generale sa di aver scritto cose potenzialmente risolvibili (secondo taluni, non lui), soltanto con una bomba a mano, e dopo aver acceso la miccia si sottrae al lancio. Lo pensavo generale e lo ritrovo sottoposto.

Nel libro il generale Roberto Vannacci se la prende con le dittature, quasi tutte: Pol Pot e i Khmer rossi, la Russia di Stalin e la Cina di Mao. Tutte terribili, ovviamente. Suona strano che però non faccia neanche un accenno, in tutto il libro, alle uniche dittature europee: fascismo, nazismo e franchismo. Se ne sarà scordato, andiamo avanti.

Il generale se la prende con chi non ha i soldi per affittare una casa e si trova costretto a occupare uno stabile abbandonato. Se la prende con chi percepisce il reddito di cittadinanza e attacca gli ambientalisti, che scoprirò poi sono una sua fissazione, un po' come il batacchio.
Il generale se la prende con “il potere mediatico che vuol castrare il linguaggio per rendere la nostra lingua asessuata”. Usa esattamente queste parole, giuro. Onestamente sembra abbia un po’ la fissazione del sesso, il generale, ma almeno in questo caso non cita il “batacchio”.

Poi di nuovo il generale se la prende con “le minoranze che prevaricano e sottomettono le masse con metodi cruenti e dittatoriali sino a pretendere che i pubblici poteri si occupino delle opinioni, dei pensieri, dei pareri, degli ammiccamenti o delle predilezioni”. Sembra stia parlando dell’Isis, invece sta parlando dei Pride, che lui chiama Gay Pride.
Poi ribadisce che i galli non fanno le uova, e se sei un uomo barbuto non puoi essere una donna bionda.
Se la prende con Facebook, che accusa di tirannia perché sospende i profili che (esempio suo) scherzano sugli obesi o li offendono. Rivendica la libertà di pensiero e attacca twitter pre-Elon Musk perché sospese quella brava persona di Donald Trump, quando appoggiò l’assalto a Capitol Hill.

Proseguiamo nella lettura. Ha una parola di conforto per i putiniani purtroppo “messi a tacere”, per i “negazionisti del modello green” così tanto vituperati, e per gli “antisistema contrari all’immigrazione incontrollata”.

Rilancia la balla del Genitore 1 e Genitore 2, una roba che non è mai esistita ma lui la scrive con una sicurezza da esponente del governo.

Se la prende con il soldato che diventa soldatessa e fa un esempio spiazzante, da letterato: perché allora “la guardia” non diventa “il guardio”?

Si lamenta che la parola patria sia stata sotituita dalla parola diritti, giuro, scrive proprio così.

Dopo questa prima parte diciamo introduttiva, che va da Trump al batacchio, dai cessi ai social passando per Mao e il Pride e il reddito di cittadinanza, iniziano i capitoli veri e propri. La capacità di sterzare improvvisamente rimarrà in ogni caso elevatissima in tutto lo scritto.

Greta Thumberg? Un'invasata

Se la prende con Greta, la chiama "invasata", e poi attacca gli attivisti dell’ambente che chiama "gretini". La catrastrofe climatica la chiama “spauracchio”. Difende invece le “tonnellate di CO2 che ci permettono di nascere in un ospedale”.
Asserisce che gli ambientalisti sarebbero contrari anche alla lotta contro il vaiolo e contro le malattie perché vorrebbero lasciar fare alla natura. Non è vero, però lui lo scrive.

“Al contrario di quanto asseriscono i Talebani dell’ambientalismo non dobbiamo salvare il Pianeta”, scrive poi a un certo punto.
Poche frasi dopo cambia registro e riconosce che bisogna mitigare gli effetti delle temperature in aumento e della C02. Il motivo è chiaro: i russi e i cinesi stanno investendo soldi per “tratte commerciali dove prima c’erano gli orsi che si mangiavano le foche”, e dunque non possiamo lasciare tutto a loro. L’occhio lungo del generale. Si rammarica nuovamente del fatto che “ogni progetto viene ostacolato dai verdi, dagli ambientalisti, dagli amanti degli animali, dagli eco-ansiosi, dai progressisti, dai sostenitori delle trote e delle anguille”.

Il generale per mitigare gli effetti del clima ha un’ideona: propone di non piantare più alberi ad alto fusto ma soltanto cespugli, così quando cadono non fanno danni. E se la prende con il sindaco Sala perché invece pianta alberi.
Il generale è contrario allo stop alle nuove estrazioni di carbone, e chi è favorevole sarebbe (nuovamente) un “gretino”. Li chiama “eco forsennati che chiedono oboli”.
Il generale rapporti i numeri: “Ogni anno muoiono 3000 persone sulle strade solo in Italia (…) e la meteoropatica ambientalista si dispera per le previsioni climatiche?” Poi dice che “sembra uscita dalla saga della famiglia Adams”.
Riprende con la creazione di offese e ne conia un’altra: “Gli ambientalisti sono forsennati dell’ambiente”. Poi scrive “ambientalismo bacato”, poi di nuovo “neuroni malandati”.

Il generale è favorevole all’introduzione di organismi geneticamente modificati nel settore agroalimentare e fa uno degli esempi arguti che lo caratterizzano: se secondo qualcuno possiamo sentirci “uomini o donne indifferentemente”, fregandosene cioè dei cromosomi, perché qualcuno tiene così tanto a quelli delle piante e non vuole mischiarli a quelli degli animali?
E già, lo chiedo a voi, perché?

Poi il generale se la prende con LIPU, WWF e Italia Nostra. Respinge l’idea di salvare l’uccello fratino e la nidificazione della passera.
Quello che facciamo per l’ambiente è inutile, secondo lui “è come se un obeso, prima di sottoporsi alla visita di controllo dal suo dietologo, si tagliasse unghie e capelli per dimostrare di aver perso peso”. Per lui l’unghia “dell’obeso” sarebbe “l’uccello fratino”.

Secondo il generale “la mobilità privata è ghigliottinata, minando la nostra libertà e il nostro amato stile di vita”. E di nuovo: “ambientalismo da strapazzo”, “zavorra ideologica”, “pretese ecologiste”.
Alla fine del capitolo, poi, se la prende con i comunisti che si nasconderebbero dietro gli ecologisti. Vi ricorda per caso qualcuno?

Aspettate, c’è spazio per un altro insulto: “Ambientalisti talebani”. E poi ci dà la soluzione: “La soluzione, quindi, se volete banale, e che non è né di destra né di sinistra, è quella di non rinunciare a nulla!”
Ma certo, come avevamo fatto a non pensarci prima?

L'immigrazione secondo Vannacci

Poi il capitolo sull’immigrazione, che inizia con quell'aneddoto succosissimo che vi avevo parzialmente anticipato. Vi lascio al trasporto delle sue parole: “Quando con tutta la famiglia ci trasferimmo a Parigi (…) per la prima volta, cominciai a venire a contatto quotidianamente con persone di colore. Mi ricordo nitidamente quanto suscitassero la mia curiosità tanto che, nel metrò, fingevo di perdere l’equilibrio per poggiare accidentalmente la mia mano sopra la loro, mentre si reggevano al tientibene dei vagoni, per capire se la loro pelle fosse al tatto più o meno dura e rugosa della nostra”.
Poi chiude così: “Bastarono poche settimane e la vista dei neri smise di incuriosirmi”.

Secondo me quello che avete letto è uno dei passaggi più poetici di tutto il libro, ma non è il solo. Andiamo avanti.
Il generale si scaglia contro “le società multietniche e colorate, le più insicure”. Poi patria qui, patria qua e quanto è bello morire per la patria.

“Dobbiamo cambiare il colore ai principi che da azzurri devono tendere al nero?” si chiede provocatoriamente. E’ a questo che ci porteranno “i devastati mentali del multiculturalismo”, chiosa. Poi continua: “delinquenti etnici”. Lo scrive chiaramente: “Per molti versi non le tollero le altre società”.

Poi un salto nella modestia, a proposito di etnie e colore della pelle: “Ritengo che nelle mie vene scorra una goccia del sangue di Enea, di Romolo, di Giulio Cesare, di Dante, di Fibonacci, di Giovanni dalle Bande Nere e di Lorenzo de Medici, di Leonardo da Vinci, di Michelangelo e di Galileo, di Mazzini e di Garibaldi”.

E – nel caso non si fosse capito – lo ribadisce con esempi scenografici: “Anche se abbiamo seconde generazioni di Italiani dagli occhi a mandorla, il riso alla cantonese e gli involtini primavera non fanno parte della cucina e della tradizione nazionale”.
Poi scrive che Paola Egonu non ha tratti somatici che possano rappresentare l’italianità “che si può invece scorgere in tutti gli affreschi, i quadri e le statue che dagli etruschi sono giunti ai giorni nostri”, e la paragona (letteralmente) a un panino del McDonald’s: “Sono ormai più di cinquant’anni che abbiamo McDonald’s in Italia e che milioni di italiani si cibano dei suoi prodotti, ma nessuno si azzarda a dichiarare che i panini con hamburger e ketch-up facciano parte della cucina tricolore”. Capito perché Paola Egonu non può rappresentare l’italianità?

Poi un tocco di speranza: “Ma non prendiamo la migrazione come una fatalità alla quale ci dobbiamo arrendere, è una balla madornale!”
E la soluzione finale: “La convivenza di più civiltà è tanto più pacifica quanto più vi è il dominio di una civiltà sulle altre”.

La legittima difesa

“Come si può limitare il diritto alla difesa della propria abitazione e della propria famiglia? (…) Il danno (la morte del ladro) qualora ci fosse, ed anche la perdita della vita, nei casi più estremi, sarebbe da considerarsi auto procurato (…) perché non dovrei essere autorizzato a sparargli, a trafiggerlo con un qualsiasi oggetto mi passi tra le mani o a catapultarlo giù dalle scale o dalla finestra dalla quale sta tentando di entrare e renderlo per sempre inoffensivo”?

La famiglia tradizionale

Il capitolo inizia così: “Sono figlio di una famiglia tradizionale: un padre che lavorava e che spesso non era presente (…) una madre casalinga che, quasi da sola, si è occupata di tutte le faccende domestiche e ci ha cresciuti”.

A me sembra uno spot al contrario della famiglia tradizionale, ma a lui no: “La stessa tipologia di famiglia, bisogna ammetterlo, ha assicurato la sopravvivenza e la prosperità della specie umana per millenni”. Non è vero, quella che lui cita è un’idea di famiglia assolutamente moderna, ma chi sono io per smentirlo? Andiamo avanti. Se la prende con il socialismo reale e con il femminismo che promuovono aborto e divorzio. Attacca lgbtq+ e animalisti che vogliono il concetto di famiglia esteso anche a chi vive con un porcellino d’India per lasciare a lui la pensione di reversibilità. Scrive proprio così, non è vero ma sostiene lo sia.

Nel caso non si fosse capito, lui la pensa così: “Desideri biologicamente contronatura delle coppie arcobaleno”.
E lo spiega con discreta schiettezza: “I fluidi benpensanti (…)”. E per spiegare che “non sono normali” fa un esempio, se posso permettermi, un tantinello bizzarro:
“D’altra parte, seguendo lo stesso criterio potremmo affermare, con un ragionevole grado di certezza, che non è nella natura dell’uomo essere cannibale, che il Conte Ugolino, chiuso tra le mura della Torre della Muda, si sia mangiato i suoi figli non giustifica la naturalezza di tale comportamento”.

Poi, non si sa come, accenna al “cameratismo, altro termine passato purtroppo in disuso”, e poi va avanti scagliandosi contro gli asili nido e i servizi all’infanzia, secondo lui nati per colpa del “rifiuto, da parte dei movimenti femministi di tutto il mondo, della figura di donna-madre”. E io che pensavo gli asili nido fossero pochi e troppo cari, invece scopro che sono proprio sbagliati, e che non dovrebbero proprio esserci perché la donna – nella sostanza – è nata per prendersi cura a tempo pieno dei figli.
“Nella Cina di Mao e nella Russia di Stalin i bambini erano considerati figli del popolo e venivano allevati fuori dalle famiglie. Nelle democrazie occidentali cambiano i metodi ma le finalità non sono tanto diverse: media e ONG ecc. ecc.”.
Avete capito bene: la proliferazione degli asili nido è colpa delle ONG.

Poche righe dopo il generale si compiace che gli Albatros abbiano a disposizione molte femmine, li invidia proprio: “Beati loro”. Insomma, il generale invidia una specie di uccello. La questione batacchio torna predominante, ma passiamo al capitolo successivo.

Bella Ciao e le note zingaresche

Nessuno tocchi l’inno d’Italia, tanto per iniziare. Altro che “le zingaresche note della ballata di ‘Bella Ciao’”.

Il generale propone di far salutare la bandiera italiana prima di ogni lezione, e se la prende con Achille Lauro che l’ha profanata al Festival di Sanremo.

Il generale è contro lo ius soli e contro lo ius culturae, però ha una moglie romena che è diventata cittadina italiana dopo averlo sposato. Per specificazioni, chiedetegli in privato.

Poi ha un paragone non proprio gentilissimo per il sindaco di Bologna che ha cancellato la parola “patriota” dalle targhe dei partigiani: “Non vedo tanta differenza tra quest’atteggiamento e quello di ISIS che ha distrutto chiese millenarie in Siria con l’intento di cancellare una parte della storia”.

I gay non sono normali

Nonostante alcuni amici lo avessero avvertito che si tratta di un argomento ostico “caro Roberto una chiacchierata al bar non è come scrivere un libro”, lui è andato avanti e ha “schiacciato il tarlo del dubbio”. Il maschio Alfa si riconosce subito.

Il generale parte fortissimo: “1,5 milioni di persone si sono identificate nella categoria “gay, lesbiche, bisessuali o altri orientamenti sessuali” andando a costituire il 3,2% della cittadinanza di riferimento (…)
Secondo l’INAIL, 6 persone su 10 nella Penisola soffrono settimanalmente di mal di schiena: eppure nelle nostre serie TV, giornali, spot pubblicitari e cartelloni non vediamo rappresentate schiere di lombopatici che deambulano a malapena e che reclamano busti ortopedici gratis”.

Lo dice chiaramente: “Per un misero 3% di dichiarati “diversi” non possiamo capovolgere il mondo”.

Secondo lui farebbe tutto parte di una “strategia di far passare tutto ciò che non è etero come normale”. Perché per lui, ricordiamolo, “i gay non sono normali”.

“Cari omosessuali, normali non lo siete, fatevene una ragione! Non solo ve lo dimostra la Natura, che a tutti gli esseri sani “normali” concede di riprodursi, ma lo dimostra la società: rappresentate una ristrettissima minoranza del mondo”.

“Il gay, il masochista, il vegano, il mangiatore di cani o di gatti pure è un eccentrico, e tutte le porte gli devono essere aperte nel nome della parità, ma almeno non dovrebbe ostentare la sua eccentricità”.
Insomma chi mangia cani è come una persona gay, entrambi persone “eccentriche”.

Tutto questo, secondo il generale, ha una data di inizio: “Piano Strategico del 1989 di due intellettuali omoessuali”.

Poi si lamenta di non poter più usare tanti bei vocaboli che andavano invece di moda una volta, e li elenca: “Pederasta, invertito, sodomita, finocchio, frocio, ricchione, buliccio, femminiello, bardassa, caghineri, cupio, buggerone, checca, omofilo, uranista, culattone sono ormai termini da tribunale, non ci resta che chiamarli gay importando un’altra parola straniera nel nostro lessico italiano”.

Da qui trova il gancio per parlare dello Schwa come di vocaboli sottoposti a castrazione, e rimpiange “i principi biondi nelle favole e le fanciulle da marito”.

Poi loda Oriana Fallaci, poi rivendica la possibilità di negare l’affitto a coppie gay in quanto gay.

Poi il libro si avvia alla conclusione – ma noi aspettiamo il seguito – mentre il generale riesce anche a dichiararsi contro la raccolta differenziata porta a porta perché ci obbliga a “tenerci in casa i gusci di cozze mangiati giorni prima”.

Ho terminato la lettura del libro, e fra tante critiche gli riconosco un merito: essere riuscito ad accorpare le peggiori cretinate tutte insieme.
La questione gravissima è che quelle idee – in qualche modo – serpeggiano nella società. E se un generale ha deciso di pubblicarle, significa che ha sentito questo come il momento giusto per poterlo fare, per uscire allo scoperto, sicuro di trovare appoggi. E – al di là del cambio di ruolo che gli è stato imposto per il polverone sollevato – è riuscito nel suo intento: all'interno dell'Esercito italiano non risultano prese di distanza significative nei suoi confronti, mentre sono molti i commenti a suo sostegno, anche dall'interno del suo corpo: "Generale non sei solo". In questo momento il suo libro è il più venduto in assoluto su Amazon, per dirne un'altra.
Nessuno ha tolto i gradi a Roberto Vannacci, nessuno lo farà, è la storia d'Italia: tutti i torturatori del G8 a Genova hanno fatto carriera. Siamo sempre lì, non sperate che questa volta possa accadere qualcosa di diverso, anche se noi abbiamo il dovere di provarci: rompiamo le righe.

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Sono giornalista e video reporter. Realizzo reportage e documentari in forma breve, in Italia e all'estero. Scrivo libri, quando capita. Il più recente è "Siate ribelli. Praticate gentilezza". Ho sposato Fanpage.it, ed è un matrimonio felice. Racconto storie di umanità varia, mi piace incrociare le fragilità umane, senza pietismo e ribaltando il tavolo degli stereotipi. Per farlo uso le parole e le immagini. Mi nutro di video e respiro. Tutti i miei video li trovate sul canale Youmedia personale.
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