“Ho coltivato 56 piante di marijuana e non mi hanno arrestato”: intervista a Rita Bernardini
La prima disobbedienza civile? Venti anni fa. Cessione di hashish con Marco Pannella, a Roma. Disobbedienza che le è costata qualche giorno di arresti domiciliari, ma "mia madre era felice perché almeno mi vedeva a casa per qualche giorno". E' una vita che disobbedisce, Rita Bernardini, segretario dei Radicali ed ex parlamentare. Per questo ha pagato anche qualche prezzo giudiziario. "Tecnicamente sarei una impresentabile anche io", ride. E ormai da anni coltiva marijuana sul terrazzo di casa, un piccolo appartamento romano con un enorme terrazzo pieno di luce. Perché lo fa? Semplice: "Perché è una questione di libertà personali, di salute, di lotta all'ipocrisia". E anche alla mafia. Sì, perché la necessità della legalizzazione delle droghe leggere non è un regalo alla criminalità organizzata, come va gridando in giro (anche qui, ai nostri microfoni) il senatore antidroga Carlo Giovanardi; al contrario, sarebbe un passo in più nella lotta alle mafie. Mentre guarda i suoi vasi ormai vuoti (e più avanti vi spieghiamo il perché), lo ribadisce più volte: "L'Antimafia ormai chiede la legalizzazione, eppure viene censurata". La relazione del 2014 della Dna, infatti, parla chiaro: "Davanti a questo quadro, che evidenzia l’oggettiva inadeguatezza di ogni sforzo repressivo, spetterà al legislatore valutare se, in un contesto di più ampio respiro […] sia opportuna una depenalizzazione della materia". Non c'è molto spazio per i dubbi.
Poi, sempre davanti ai vasi vuoti – ma pronti ad accogliere nuove piante – Rita Bernardini continua: "Questa è la mia quarta disobbedienza civile per la cannabis terapeutica, ispirata dal cannabis social club "La Piantiamo". Il loro leader è Andrea Trisciuoglio, che lotta insieme a noi contro una legge fortemente proibizionista, ma in particolare quella sulla cannabis terapeutica in vigore dal 2007 (la legge Turco, ndr) e mai attuata, basta guardare i dati: 60 persone hanno avuto accesso alle cure con farmaci cannabinoidi".
Andrea Trisciuoglio e Lucia Spiri (qui e qui abbiamo raccontato la loro esperienza), entrambi malati di sclerosi multipla, hanno dato vita a una lotta antiproibizionista diversi anni fa e la portano avanti con un cannabis social club a Racale, in Puglia, con numerose altre persone che hanno problemi di salute e non riescono ad accedere facilmente alla cannabis terapeutica, che si è dimostrata efficace in un grandissimo numero di patologie e che molti studi descrivono che, se è usata per scopi ricreativi, è molto meno dannosa di alcol, tabacco, caffeina. "Una follia, non crede?"; poi Bernardini tira fuori una foto e la appoggia sui vasi. C'è lei in in alto, in posa trionfante, e fa un po' quadro della Rivoluzione Francese. Ma tra le mani ha le piantine di marija. Dopo quella foto, ricorda, "ho dovuto chiedere più volte alla polizia di intervenire e solo alla fine lo ha fatto". Ma perché? "Me lo domando anch'io. Non vogliono arrestarmi, ma io lo sto chiedendo da tempo. Ho fatto e documentato, sul mio terrazzo di casa, quattro disobbedienze civili coltivando marijuana, pubblicando giorno per giorno le foto della mia coltivazione e cedendo la cannabis ai malati che ne facevano richiesta. Per la precedente coltivazione e cessione non sono nemmeno indagata". Non lo era prima, ora chissà se lo sarà: qualche settimana fa la polizia è piombata sul suo terrazzo: "Vuole sapere come hanno fatto? – racconta – Hanno tolto le cime alle mie piantine in fiore, hanno fatto il narcotest che è risultato positivo, le hanno sradicate, messe tutte in fila e le hanno schedate. Poi ho dovuto rendere dichiarazioni spontanee, nemmeno mi hanno chiesto perché lo facessi. Io però ho spiegato i motivi della mia disobbedienza civile. Ah, dimenticavo -aggiunge – non mi è stata data copia delle mie dichiarazioni". Con la Fini-Giovanardi sono andate in galera tantissime persone anche per pochi grammi di marijuana, ma dopo la bocciatura le cose non sono migliorate. E' tornata in vigore la Jervolino-Vassalli, "che comunque è una legge fortemente proibizionista", spiega Bernardini.
La polizia ha fatto piazza pulita stavolta, ma lei non si arrende: "Con Marco Pannella e Laura Arconti, i miei ‘sodali‘ (ride), abbiamo promesso che la ripiantiamo fino alla legalizzazione. E così faremo". Tira fuori dal frigo i semi e parte il tutorial: "Vuole vedere come si fa? Anzi, ne vuole piantare una?". Sempre per i malati, s'intende. L'operazione è piuttosto semplice ma quello che ci vuole è molta dedizione – spiega con intento pedagogico – e molto amore; mentre lo dice stende in un piatto, coperto da un fazzoletto, i semi di marijuana bagnati con l'acqua, che devono germinare al buio. "Non è l'unico metodo – aggiunge – ma è il più efficace". Il tutorial va avanti spedito e alla fine proviamo a seminare anche noi. Finita l'intervista-corso di giardinaggio, ci ferma e ammette: "Lo sa perché non mi arrestano? Perché non si vuole fare un dibattito serio su questo problema, su questa ipocrisia tutta italiana per la quale alcol, tabacco, psicofarmaci, morfina vengono dati a go-go; ma coltivare una pianta fa andare in galera tante persone. Anche se lo facciamo con un sorriso, questa è una lotta maledettamente seria perché ha a che fare con la salute e la libertà delle persone". Chi non è d'accordo alzi la mano, così lo distinguiamo meglio.