M5s, nodo terzo mandato: da Di Maio a Fico, chi sono i big che non potrebbero più essere candidati
A un anno dalla fine della legislatura nel Movimento 5 stelle il tema del terzo mandato si fa sempre più caldo. Mentre monta il duello tra il leader Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, si discute delle attuali regole che condannerebbero un parlamentare su tre. Dei 230 tra senatori e deputati grillini, infatti, sono 66 quelli che stanno per concludere il loro secondo mandato. Questo significa che, stando all'attuale Statuto del Movimento, non potrebbero ricandidarsi più.
Tra questi ci sono quasi tutti i big, tranne Conte e il ministro dell'Agricoltura Stefano Patuanelli. Si parte infatti da Luigi Di Maio, per arrivare al presidente della Camera Roberto Fico, passando per la viceministra dell'Economia Laura Castelli, Paola Taverna (oggi vicepresidente M5S), fino a Danilo Toninelli e Alfonso Bonafede, Riccardo Fraccaro e l'ex reggente Vito Crimi.
In un'intervista a La Stampa il leader del Movimento ribadisce che la questione, oggi, non è ancora all'ordine del giorno e che al momento opportuno verranno sentiti gli iscritti sul web. Una linea diversa rispetto a quella di quest'estate, quando si parlava di un Conte desideroso di inserire tra le regole un sistema di "quote" fondate sul "merito" per salvare almeno alcuni tra i big. L'opzione, però, non si è ancora concretizzata, anche e soprattutto per la contrarietà di Beppe Grillo.
In un post sul suo Blog, infatti, il fondatore lo scorso sabato ha fatto una serie di proposte per provare a far passare il Movimento dagli «ardori giovanili» alla «maturità». Tra queste la necessità di «una rotazione o limiti alla durata delle cariche, anche per favorire una visione della politica come vocazione e non come professione».
Si ragiona su un pacchetto di deroghe per il 2023
Quello del terzo mandato diventa quindi un terreno impervio che si fa sempre più scosceso. Conte vorrebbe gestire il nodo mettendo gli iscritti di fronte al fatto compiuto: o si opta per un pacchetto di deroghe valide l'anno prossimo oppure servirà eleggere tutti volti nuovi, perdendo le maggiori risorse attualmente disponibili. Certo, la tentazione di non forzare la mano e non far eleggere Di Maio potrebbe farsi sentire, ma l'opzione potrebbe essere controproducente, visto che gli farebbe perdere alleati e lo esporrebbe a una possibile scissione. L'obiettivo, invece, è blindare la sua leadership, per stilare la lista dei prossimi candidati.
Una cosa, tuttavia, è certa: con il taglio dei parlamentari nella prossima legislatura ci saranno 345 posti in meno e difficilmente il Movimento tornerà ai fasti elettorali del 2018. Questo significa che, a meno di sconvolgimenti negli ultimi 12 mesi di legislatura, le poltrone da deputato e senatore disponibile per i grillini saranno meno della metà delle attuali.