Guerra in Ucraina, perché non possiamo parlare ancora di una svolta nei negoziati tra Mosca e Kiev
Primi segnali di pace nel conflitto tra Mosca e Kiev. I negoziati di questa mattina a Istanbul tra Ucraina e Russia sembrano abbiano portato due importanti aperture, almeno stando agli annunci: la Russia ha infatti annunciato che "ridurrà drasticamente" le manovre militari intorno alla capitale ucraina e a Chernihiv, città a Nord del Paese, e contemporaneamente ha mostrato una disponibilità ad accettare un eventuale ingresso dell'Ucraina nell'Unione europea. Kiev da parte sua ha avanzato una proposta che includerebbe delle garanzie di sicurezza – che non sarebbero però applicate a Crimea e Donbass – in cambio della sua neutralità.
Il consigliere del presidente ucraino Zelensky, Mykhaylo Podoliakm ha assicurato che agli ucraini verrà chiesto con un referendum di approvare un eventuale accordo che colleghi lo stato di neutralità con specifiche garanzie di sicurezza: solo a quel punto l'accordo passerebbe alla ratifica dei parlamenti dei paesi garanti e del parlamento dell'Ucraina. Secondo l'analista Eleonora Tafuro Ambrosetti, ricercatrice dell’Osservatorio Russia, Caucaso e Asia Centrale dell'Ispi, è presto per parlare di veri e propri passi avanti nelle trattative, perché per il momento si tratta di svolte solo sulla carta.
Che impressione ha avuto sui negoziati di oggi a Istanbul?
Questi negoziati suscitano in me una speranza venata di scetticismo. Tutte le occasioni di incontro ad alto livello devono essere salutate con attenzione e un cauto ottimismo. Non c'è una vittoria militare netta da parte della Russia, quindi l'Ucraina resiste e non vuole giustamente cedere su punti importanti, come l'integrità territoriale, quindi non mi aspetto un immediato accordo di cessate il fuoco. Bisognerà vedere poi se questo accordo sarà sostenibile.
L'apertura della Russia verso un'eventuale adesione dell'Ucraina all'Ue è un segnale da leggere con ottimismo?
Il grosso problema per la Russia è sempre stato un eventuale ingresso dell'Ucraina nella Nato. Anche se l'adesione all'Ue è stata negli anni considerata come l'anticamera dell'ingresso nella Nato. Sono due processi che il Cremlino vede paralleli. Quindi quest'apertura acquista ancora più rilevanza, considerando questa tendenza di lungo periodo. In questo contesto bisogna chiedersi però se si tratti effettivamente di una concessione, una volta che la Russia avrà ottenuto una dichiarazione formale in cui Kiev assicura che non entrerà nella Nato, oppure se non sia solo una strategia che Mosca vuole portare avanti insieme ai negoziati sulle due repubbliche separatiste. Quando vennero firmati gli accordi di Minsk l'Ucraina aveva il timore che una volta reincorporati i due territori separatisti con uno status di autonomia, questi avrebbero avuto una voce troppo forte, in grado di influenzare la politica estera di Kiev. Bisogna capire adesso quali saranno le concessioni da parte di Zelensky. Perché se l'intenzione è quella di riprendere gli accordi di Minsk e di riannettere i due territori separatisti con uno status di autonomia praticamente sarebbe come tornare alla situazione pre-invasione.
La Russia ha fatto sapere che nell'agenda dei negoziati c'è il riconoscimento delle realtà territoriali della Crimea e del Donbass. Da quello che è emerso si sta andando in questa direzione?
Se si parla di indipendenza sarebbe veramente problematico per Kiev. Nel protocollo di Minsk si parlava appunto di reintegro nello stato ucraino con uno status di autonomia. Il riconoscimento dell'indipendenza vorrebbe dire per Kiev perdere questi territori. Questo secondo me è il problema più spinoso di tutta la questione, perché qui si gioca davvero tutta la partita della sovranità e dell'integrità territoriale dell'Ucraina. E qui mi sembra che Zelensky sia poco disponibile a cedere.
Sullo status della Crimea Kiev ha proposto che si decida entro 15 anni. Cosa significa?
Segna un cambio di rotta importante da parte di Kiev. Prima dell'invasione, nel 2021, il governo ucraino aveva rilanciato il tema della Crimea, attraverso la Piattaforma Crimea, un'iniziativa diplomatica che puntava ad avere appunto un maggiore supporto internazionale, per riprendersi la penisola. Il fatto che ora Zelensky offra una finestra temporale, magari per proporre un referendum sotto l'egida internazionale, è un passo avanti. In questo quadro la presa di Mariupol da parte di Mosca potrebbe avere un peso politico negoziale molto forte: a quel punto Putin potrebbe ottenere delle grandi concessioni.
Le notizie sulla presa di Mariupol sembrano contrastanti. La città è caduta?
È una città ridotta in macerie, è molto difficile da capire, perché questa è una guerra anche di propaganda. Ucraini e russi danno versioni molto diverse, per esempio sul numero dei caduti: per i primi le perdite russe sarebbero di 40mila soldati, per i russi si tra di poco più di mille. È ovvio quindi che da parte ucraina c'è l'esigenza di far vedere che c'è una resistenza strenua, mentre i russi vogliono mostrare che stanno procedendo secondo i piani.
Cosa vuol dire che l'Ucraina è pronta ad accettare lo status neutrale in cambio di garanzie di sicurezza?
Questa proposta si basa sul principio molto classico del sistema delle garanzie: ci sono degli stati che si fanno garanti della sicurezza di una parte più debole, attraverso un trattato. Anche l'Italia si è offerta di essere garante dell'Ucraina. Il sistema delle garanzie è molto diffuso, ma non ha evitato negli anni i conflitti. Basti pensare al conflitto turco-cipriota: anche per Cipro c'era un sistema di garanzie, ma questo non è bastato a impedire l'invasione, nel 1974. Ma escludere da questo eventuale accordo vincolante la Crimea e il Donbass sarebbe una concessione importante da parte di Kiev, un riconoscimento di quelle zone come particolarmente turbolente. Nel Donbass del resto si è registrata la maggior parte dei morti prima dell'invasione, circa 13mila fino a febbraio, è lì il fulcro del conflitto.
È una svolta comunque l'annuncio di un abbassamento del livello della tensione da parte di Mosca, che ha assicurato che ridurrà le manovre militari intorno a Kiev a e a Chernihiv?
È una notizia ottima, sulla carta. Anche i corridoi umanitari sono stati fallimentari, rispetto a quanto era stato preannunciato. Bisogna capire se la Russia poi manterrà questa promessa. Purtroppo la reputazione di Mosca in questo periodo non lascia molto spazio alla fiducia. Bisogna vedere se ci sarà davvero una riduzione dei combattimenti e delle vittime civili, che è la priorità.
Potrebbe essere semplicemente una mossa di Mosca per dare un po' di respiro alle truppe?
Noi non possiamo sapere con certezza se davvero l'esercito russo ha difficoltà logistiche in questo momento. Dall'esterno sembra che ci siano, e che Mosca stia adattando i suoi obiettivi al contesto della guerra, gli scopi dichiarati non sembrano irremovibili. Ma noi non possiamo sapere cosa sta avvenendo davvero sul campo, e bisogna avere l'umiltà di riconoscerlo, per questo le nostre analisi devono essere molto caute, e devono fare i conti con la difficoltà di reperire informazioni attendibili.