Teoricamente saremmo rimasti al "vediamoci giovedì, anche in streaming", eppure la sensazione è che l'ultima lettera del Partito Democratico al Movimento 5 Stelle segni uno spartiacque importante nel percorso di "condivisione" della riforma elettorale. Stando a quanto trapela in queste ore, in casa grillina a prevalere sono nervosismo e irritazione, soprattutto per l'approccio tenuto dai democratici, tanto formali e rispettosi negli apprezzamenti alla controparte di Arcore, quanto sprezzanti e sbrigativi nei loro confronti. Non è solo una questione di toni, ovviamente: è il tentativo di liquidare in poche battute i rilievi espressi nel merito delle questioni, dal premio di maggioranza ("Cosa cambia se va alla lista e non alla coalizione? Cambia tutto, come si fa a liquidarla come questione minore?", ci spiegano dal quartier generale grillino), alle soglie di sbarramento, fino al legame inestricabile della riforma elettorale con il ddl costituzionale in discussione al Senato (e, come spesso accade, è stata una delle integraliste, Paola Taverna, a spiegare in Aula la posizione dei vertici sul ddl Renzi – Boschi).
Dal bilancio che fanno Renzi e soci nella lettera di ieri sembrerebbe invece che le divergenze si siano lentamente (e magicamente) appianate, o meglio, che il Movimento 5 Stelle possa convergere quasi ineluttabilmente sull'Italicum, magari in cambio di qualche "piccola concessione". Una prospettiva giudicata inaccettabile non solo dagli "integralisti", ma anche dal gruppo (capeggiato da Di Maio e Buccarella) che ha spinto per la mediazione e ha convinto Grillo a restare alla finestra. Già, Grillo. Che il capo politico del Movimento 5 Stelle consideri il dialogo con Renzi una perdita di tempo è cosa risaputa. E con non poca difficoltà lo avevano convinto della necessità di una scelta "strategica", che potesse stanare il Pd e mostrare agli italiani l'esistenza di una concreta alternativa per la ridefinizione delle regole del gioco. Così però non va bene, lo sa benissimo il capo politico del Movimento 5 Stelle: con i "ragazzi" in attesa della chiamata di Renzi (il quale, sia detto per inciso, potrebbe anche non presentarsi al prossimo incontro) ed impossibilitati a "puntare i piedi", anche a causa dello streaming (che si è rivelato certamente un boomerang, considerato il problema di fondo di una trattativa del genere: ovvero il fatto che Renzi abbia un'alternativa alla convergenza con i grillini).
Ma non basta, perché questa settimana si annuncia come campale per i 5 Stelle. Al Senato la discussione del ddl Renzi – Boschi e venerdì la sentenza d'appello sul caso Ruby (con la possibilità di una conferma della condanna a 7 anni per concussione e prostituzione minorile): due appuntamenti per marcare la propria discontinuità e per rilanciare l'immagine alternativa nel Paese. Ed è chiaro che, proprio perché i piani sono interconnessi, un ulteriore incontro interlocutorio apparirebbe come una sorta di legittimazione di una discussione che invece si rifiuta sia nel merito ("Noi d'accordo su tutto? Macché, la Boschi – Renzi andrebbe stracciata", ci ripetono) che per gli interlocutori (Berlusconi, Alfano e Calderoli su tutti).
In casa democratica invece ci si può permettere di attendere ancora: ora la palla è in mano grillina e, se saltasse il tavolo, Renzi ne uscirebbe pulito, potendo giocarsi in pubblico la carta della "disponibilità". Del resto, che la vera battaglia si giochi sui numeri al Senato è cosa nota a tutti…