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Grillo, l’infallibile per (non) statuto

Beppe Grillo ha portato a compimento un vero e proprio capolavoro politico. Per farlo ha usato tutte le armi a disposizione, populismo e demagogia compresi. Ora però la campagna elettorale è finita e la prima forza politica del Paese non può affidarsi solo ai post estemporanei del suo capo politico. Finalmente.
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Grillo-maschera

"Abbiamo la Costituzione più bella del mondo", urlavano dal palco di piazza San Giovanni non più di dieci giorni fa. Un omaggio doveroso a quella Carta che è e deve rimanere stella polare anche nella prossima legislatura. In ciò che verrà dopo la dissoluzione della Seconda Repubblica, cui ha contribuito in maniera determinante proprio la carica escatologica del Movimento 5 Stelle. Perché, diciamolo con chiarezza, il ruolo dei grillini è stato determinante nell'orientare le scelte, i programmi e le decisioni anche dei partiti, per così dire, tradizionali. Grillo, insomma, ha dettato l'agenda, imposto una discussione sui temi, spinto verso il rinnovamento e impostato un nuovo modo di intendere il rapporto fra politica e cittadini. Una egemonia di fatto, più che una "esclusiva" (dal momento che il tema del cambiamento e della discontinuità rispetto al passato è stato elaborato anche all'interno dei partiti), ma cambia poco.

Quello di Grillo è stato un capolavoro politico (e finanche ideologico, ma ditelo a bassa voce). Un risultato raggiunto anche attraverso abbondanti concessioni sul piano del realismo e della logica (fior da fiore, basterebbe ricordare le "tre mosse per risolvere la questione Ilva", i "mille euro a testa", la messa in stato d'accusa di tutti i parlamentari), ma non solo. C'è tanto populismo (nel senso buono, cattivo o vero del termine, fate voi), tanta demagogia, tanto (tantissimo) qualunquismo, tanta superficialità e tanta generalizzazione nella propaganda degli ultimi mesi. A ragione o a torto, lo ripetiamo. Il tutto amplificato dalla rabbia, dalla esasperazione e dalla volontà di cambiare radicalmente le cose: fino a far passare in secondo piano persino i programmi e le idee (lo ripetiamo, di fatto la discussione "nuova" sui programmi non è mai cominciata e ancora si attende la piattaforma sviluppata da Casaleggio per la discussione in rete delle proposte). Un coacervo di messaggi, istanze, critiche e progetti che ha trovato un formidabile megafono nella parola di Grillo. Diffusa con generosità attraverso il suo blog. Elargita con continuità e senza che fossero ammesse repliche o dissensi. Più che di un capo politico, la pratica è quella delle encicliche papali: il "verbo" che giunge inaspettato e definitivo, senza discussioni preliminari e senza alcuna possibilità di modifica (ci riferiamo ai post di Beppe, non alla discussione delle idee nei meet up locali, per molti versi il "vero" esempio da seguire…).

Funziona così, in pratica: Grillo riflette, ragiona, poi scrive un post e detta la linea. Stop. Dal nulla, il capo politico indica la strada e posiziona il Movimento. Spesso raccoglie riflessioni interne, è vero. Ma altre volte si tratta di costruzioni ex novo, di ragionamenti "individuali" che vengono calati dall'alto e, sia pure commentati e criticati, mai messi in discussione. Uno schema che andava benissimo per un movimento in costruzione, che ha la necessità di cementarsi intorno ad una figura carismatica e che tende ad eliminare il dissenso, accettando piccoli compromessi e atti di arbitrio in nome di una "missione più alta". Uno schema che va meno bene per la prima forza politica del Paese, che non dovrebbe affidarsi ai monologhi ed al pensiero unico, magari proprio in nome di quell'uno vale uno che pretende essere il tratto distintivo della sua prassi politica. Basti guardare il modo in cui Grillo ha liquidato, con poche righe, una riflessione lunga e complessa come quella del "vincolo di mandato" per i parlamentari. Una valutazione semplicistica che svilisce la portata stessa della rivoluzione a cinque stelle e che ancora una volta ci costringe a discutere di un falso problema (con tutta la buona volontà non si capisce come una misura di grande civiltà e democrazia possa essere un ostacolo alla salvezza del Paese).

Insomma, la campagna elettorale è finita ed il Movimento non ha più bisogno di "sparate ad alzo zero": è il momento di mettere in campo un'idea di Paese, di cominciare quel cambiamento radicale per cui Grillo "ha sacrificato tutto" e che è la speranza di tantissimi militanti. E non servono dogmi, ma idee e voglia di agire.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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