Grillo dice che il limite del doppio mandato non va nemmeno votato dagli iscritti
"Il limite dei due mandati è fondativo, non va nemmeno messo in votazione". Beppe Grillo avrebbe detto così, secondo alcuni presenti, all'incontro di ieri con i senatori del M5s. Il garante e fondatore del Movimento, quindi, non sembra cedere alle richieste di chi, come Conte, vorrebbe deroghe alla regola. La paura del leader grillino è che senza la ricandidatura di diversi big che hanno già svolto due mandati parlamentari gli equilibri nel M5s, già precari dopo la scissione, possano saltare del tutto. Insomma, molti potrebbero passare con Di Maio per provare a farsi ricandidare e in ogni caso si rischia di perdere ulteriormente consensi alle elezioni politiche del 2023. Quattro anni fa la formazione prendeva il 32% dei voti, oggi è stimata attorno al 10-11% e in un anno, se le cose non migliorano, la percentuale potrebbe scendere ancora.
Di fronte alle telecamere Grillo ha ribadito che quello dei due mandati "è un totem del Movimento", per poi lasciarsi andare a un enigmatico "non lo so" in merito a un possibile voto online degli iscritti sul tema. Eppure, fino a qualche settimana fa, come era stato annunciato dallo stesso Conte, sembrava tutto pronto per la consultazione sul web. La scissione, però, ha scosso il quadro, facendo arroccare il fondatore sulla sua contrarietà a ogni deroga. Quasi a voler difendere quello che molti considerano uno dei principi fondativi del Movimento, in un momento in cui a scricchiolare sono le stesse fondamenta grilline. Il fondatore, durante la riunione con i senatori pentastellati, avrebbe suggerito di valorizzare l'esperienza maturata da chi è a fine corsa nel Movimento, ma senza mettere in discussione la regola, ritrovando "i temi e l'identità".
Intanto Grillo ha lasciato Roma senza incontrare i ministri del M5s, come inizialmente previsto, scosso dalle polemiche sulle telefonate tra lui e Draghi in cui il premier gli avrebbe chiesto di rimuovere Conte. Telefonata bollate dal presidente grillino come "gravi", ma il cui contenuto è stato smentito da Palazzo Chigi.