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Gribaudo a Fanpage: “Da inizio anno quasi 3 morti sul lavoro al giorno, è piaga sociale”

“Molto spesso gli incidenti sono figli di una cultura nociva del lavoro, che mette ad esempio la velocità dei tempi di consegna prima della vita dei lavoratori e delle lavoratrici. Questo cambiamento culturale è il lavoro più difficile che abbiamo di fronte”: lo dice Chiara Gribaudo in un’intervista con Fanpage.it, sottolineando che da inizio anno sono morte sul lavoro quasi tre persone ogni giorno.
A cura di Annalisa Girardi
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Quasi tre morti sul lavoro al giorno. È il bilancio che fa Chiara Gribaudo, deputata del Partito democratico e presidente della commissione di inchiesta parlamentare sugli infortuni e le morti sul lavoro, in un'intervista con Fanpage.it. Una "piaga sociale", dice Gribaudo che per essere sanata ha bisogno di un importante cambiamento culturale. Le norme infatti non mancherebbero, ma vengono spesso disattese in nome del profitto e di una maggiore produttività.

Anche nel 2023 purtroppo sono stati tantissimi i morti sul lavoro. Le leggi in realtà non mancano, che cosa bisogna fare concretamente per fermare questa strage continua?

Oltre 500 morti da inizio anno, quasi 3 persone al giorno perdono la vita sui luoghi di lavoro. Le norme possono essere aggiornate, magari guardando con maggiore attenzione ai nuovi lavori, ma in questo caso il problema non sono i vuoti normativi. L’Italia è tra i Paesi europei con le migliori norme per quel che riguarda la sicurezza. Il punto, semmai, è farle rispettare. Serve investire di più su prevenzione, formazione e controlli. L’impiego di nuove tecnologie sicuramente avrà un impatto importante, ma è nelle piccole e medie imprese italiane che si fa più fatica a investire in sicurezza.

Spesso le norme di sicurezza vengono disattese in favore di una maggiore produttività e di un maggior profitto: c’è bisogno anche di un cambiamento culturale? Come si genera questo?

Assolutamente sì, perché purtroppo molto spesso gli incidenti sono figli di una cultura nociva del lavoro, che mette ad esempio la velocità dei tempi di consegna prima della vita dei lavoratori e delle lavoratrici. Questo cambiamento culturale è il lavoro più difficile che abbiamo di fronte e che passa necessariamente dall’impegno congiunto di tutte le istituzioni del Paese, delle forze sociali ed economiche, delle organizzazioni sindacali e datoriali. Il nostro faro deve essere la Costituzione e il principio della dignità del lavoro, che deve esser messo prima rispetto al profitto privato. Non credo, ad esempio, che vada nella giusta direzione il taglio delle ore di formazione, da 16 a 10, per i lavoratori dei settori ad alto rischio, come è stato ipotizzato nella bozza di accordo Stato-Regioni presentata dalla Ministra Calderone, che oggi interrogheremo in aula proprio su questo. Così come non è accettabile che il governo abbia tagliato 500 milioni di euro del PNRR destinati al sistema Ertms, che serve ad aumentare la sicurezza della circolazione ferroviaria. Ancora una volta, non è la direzione giusta.

Bisogna anche considerare che non tutti i lavoratori sono tutelati allo stesso modo: chi è precario è anche infinitamente più vulnerabile. Come si affronta questa situazione?

È così, e per questo dobbiamo contrastare il precariato, il lavoro nero, i sub-appalti a cascata e i contratti pirata. Ce lo dicono tutte le statistiche e i numeri: dove c’è precarietà e irregolarità c’è una più alta possibilità di essere vittima di un incidente mortale. Per questo, quando Salvini ha modificato il codice degli appalti, ci siamo opposti soprattutto su alcune norme che semplificano l’impiego dei subappalti. Per questo ci siamo opposti alla reintroduzione dei voucher o alla precarizzazione del decreto lavoro. Perché sapevamo a quali rischi sarebbero stati esposti lavoratori e lavoratrici, anche in termini di sicurezza.

I corsi di formazione dell’Ispettorato nazionale del lavoro sono sicuramente importanti: c’è però un problema di accessibilità, è così?

Sì, purtroppo ci giungono segnalazioni da parte dei neo ispettori dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, magari anche lavoratrici con figli piccoli o caregivers, che non riescono a frequentare i corsi di formazione obbligatori perché vengono convocati in presenza a molti chilometri di distanza dalla sede di assegnazione. Ci fa quantomeno storcere il naso che proprio l’INL, che dovrebbe tutelare anche sui temi della genitorialità, della parità di genere e dell’equilibrio tra vita e lavoro, non riesca ad organizzare un numero di classi sufficienti o modalità agili per consentire a tutti gli ispettori di partecipare alla formazione obbligatoria. Questo è un passaggio fondamentale, perché i nuovi ispettori dovranno essere la spina dorsale della lotta al lavoro insicuro in questo Paese.

Lei presiede la commissione di inchiesta sugli infortuni e le morti sul lavoro: come stanno procedendo i lavori e le vostre indagini?

La Commissione, che non era presente alla Camera nelle passate legislature, si è da poco insediata. Siamo stati la settimana scorsa a Brandizzo, dopo l’incidente, incontrando le autorità locali e i sindacati per approfondire le cause di questa tragedia in maniera parallela al lavoro che sta svolgendo la procura di Ivrea, che ci tengo davvero a ringraziare. Ora inizieremo il lavoro istruttorio qui a Roma, con un elenco serrato di audizioni per arrivare quanto prima a fornire strumenti puntuali a favore di tutte le altre istituzioni del Paese, affinché non si ripetano tragedie di questo tipo. Con i colleghi di maggioranza e opposizione c’è un'importante spirito di collaborazione. Vogliamo recarci in quelle zone d’Italia dove sappiamo che l’incidenza degli infortuni sul lavoro è più alta, per definire insieme una nuova strategia in grado di aggredire questa piaga sociale.

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