Gregoretti, niente processo per Salvini. Le parti civili: “Ricorso alla Corte dei diritti dell’uomo”
Neanche alla fine l'udienza preliminare sul caso Gregoretti, a Catania, ha riservato sorprese. Il giudice Nunzio Sarpietro ha chiuso la faccenda con un dispositivo di sentenza letto in dieci secondi: non luogo a procedere per Matteo Salvini. In altri termini: quando, alla fine di luglio 2019, oltre 130 migranti sono stati trattenuti per giorni sul ponte della nave Gregoretti della guardia costiera italiana, per il tribunale etneo non si è trattato di sequestro di persona. E per questo il leader della Lega, ai tempi ministro dell'Interno, non dovrà essere processato all'ombra dell'Etna. Una scelta diametralmente opposta rispetto a quella presa dalla procura di Palermo a proposito del caso Open Arms. Per quella circostanza, invece, nel capoluogo di Regione il processo dovrà svolgersi.
"Per noi il processo si doveva fare. Ricorreremo a tutti gli strumenti processuali a nostra disposizione e anche agli organismi internazionali che tutelano i diritti dell'uomo", attacca Daniela Ciancimino, avvocata della parte civile Legambiente, subito fuori dall'aula. E Corrado Giuliano, legale di AccoglieRete, aggiunge: "Guarda caso il non luogo a procedere arriva da Catania, dove la procura della Repubblica si è tirata indietro e dove noi parti civili abbiamo dovuto supplire a quel ruolo". Il riferimento è alla posizione assunta da sempre dai magistrati del tribunale di piazza Verga: la posizione di Salvini, come ribadito nell'ultima udienza dal pubblico ministero Andrea Bonomo, avrebbe dovuto essere archiviata dall'inizio.
A proscioglimento avvenuto, non ci mette molto il leader leghista a togliersi qualche sassolino dalla scarpa. "Se non esiste sequestro a Catania non vedo perché debba esistere sequestro a Palermo. L'Italia è l'unico Paese in Europa in cui la sinistra ha mandato a processo un ministro per le sue scelte politiche. Spero che questa sentenza sia utile agli amici del Pd e dei 5 stelle per capire che le battaglie si vincono in parlamento e in cabina elettorale, non nelle aule dei tribunali". Una frecciatina che si aggiunge a quella rivolta alla ministra Luciana Lamorgese in mattinata, prima dell'inizio dell'udienza. L'aveva sentita a proposito di quanto accade a Lampedusa? Risposta: "Il nostro interlocutore è il presidente del Consiglio Mario Draghi".
Le motivazioni della sentenza saranno depositate tra trenta giorni. Ma la formula piena, "il fatto non sussiste", fa sperare la senatrice e avvocata Giulia Bongiorno che le 63 pagine di memoria difensiva depositate per conto di Salvini siano state accolte. Facendo passare, dunque, la linea tenuta dall'avvio alla chiusura del procedimento preliminare. E cioè "l'insindacabilità dell'azione politica". Ma anche, di conseguenza, la legittimità di ritardare lo sbarco di persone soccorse in mare in attesa di ottenere informazioni certe sui ricollocamenti dei migranti in altri Paesi dell'Unione Europea. "Il caso Gregoretti è una matrioska – interviene Bongiorno – Dentro ci sono tutti i salvataggi e gli sbarchi di cui si discute. Il giudice ha acquisito gli atti di ogni vicenda, è andato a recuperare le informazioni da tutti i ministeri. Questa non è stata un'udienza preliminare, è stato un vero e proprio processo, dettagliato e approfondito". Approfondimento che, è il sottotesto, a Palermo è mancato.