Green pass obbligatorio, parte la raccolta firma per un referendum abrogativo
Un referendum contro il green pass. È partita la raccolta firme per abrogare le norme che rendono obbligatoria la certificazione verde per accedere a luoghi come ristoranti e cinema, ma dal 15 ottobre anche a tutti i luoghi di lavoro, pubblici e privati. I promotori del referendum abrogativo ritengono che il green pass costituisca “un palese strumento di discriminazione che collide con i principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico”. Un’affermazione che si basa sull’idea che la certificazione obbligatoria porterebbe a escludere “dalla vita economica e sociale della nazione quei cittadini che sostengono convinzioni ed evidenze diverse da quelle imposte dal governo”, portando i “cittadini alla vaccinazione”. L’obiettivo dei quattro quesiti referendari, dunque, è quello di abrogare tutte “le disposizioni legislative in materia di green pass”.
I comitati per il referendum abrogativo del green pass
Il comitato promotore del referendum lancia una raccolta firma che avverrà sia attraverso tavoli di volontari, quindi di persona, che in maniera digitale, novità che è stata già sfruttata per le recenti raccolte firme sull’eutanasia e sulla cannabis. Per il referendum abrogativo è necessario raggiungere le 500mila firme, secondo quanto proposto dall’articolo 75 della Costituzione. Il comitato organizzativo è costituto da avvocati come Olga Milanese, dal docente di diritto Luca Marini, dal professore Francesco Benozzo. Nel comitato dei garanti, invece, si trovano i nomi del professore Paolo Sceusa, del professor Ugo Mattei, del professore Alberto Contri, ma anche di Carlo Freccero, ex consigliere di amministrazione della Rai.
Quando potrebbe tenersi un referendum sul green pass
Sul sito gli organizzatori rivendicano di essere “comuni cittadini e studenti universitari” e spiegano anche in che modo attivare la raccolta firme in ogni comune. Nel caso in cui vengano raccolte le 500mila firme sarebbe poi la Corte costituzionale a esprimersi sulla legittimità dei quesiti. Se il parere fosse positivo, comunque, sarebbe difficile pensare a un voto prima della primavera del 2022. Le firme devono essere raccolte entro il 30 settembre per indire il referendum entro la primavera successiva: dopo questa data la Corte decide sui quesiti entro il 10 febbraio dell’anno successivo, in questo caso il 2022. Poi si va al Quirinale, a cui spetta fissare la data in un periodo che può andare dal 15 aprile al 15 giugno del 2022. Se, invece, le firme non dovessero essere raccolte entro il 30 settembre il rischio sarebbe quello di far slittare il voto alla primavera del 2024, considerando che non è possibile depositare richiesta di referendum nell’anno che precede lo scioglimento delle Camere, come dovrebbe avvenire nel 2023, anno di fine legislatura.