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Green pass, il costituzionalista Curreri: “Legge consente già di imporre a tutti obbligo vaccinale”

In un’intervista a Fanpage.it il costituzionalista Salvatore Curreri spiega perché il governo potrebbe presto introdurre l’obbligo vaccinale per tutti: “L’articolo 32 dice che si possono imporre trattamenti sanitari, per legge, con l’unico limite del rispetto della dignità della persona umana. Abbiamo ancora una quota non indifferente di popolazione non immunizzata. Che è pur sempre una minoranza, ma è una percentuale significativa”.
A cura di Annalisa Cangemi
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Dopo i fatti accaduti sabato sera, quando alcuni manifestanti presenti alla piazza dei no green pass si sono introdotti con la forza all’interno della sede della Cgil a Roma, devastando diverse stanze, il governo è tornato a parlare di obbligo vaccinale. Il ministro della Salute Speranza ha detto che l’ipotesi di introdurre la vaccinazione obbligatoria per tutti è ancora sul tavolo, e sarà oggetto di valutazione nelle prossime settimane. In Parlamento, dopo la presentazione di una mozione a prima firma del Pd, si discute già della possibilità di sciogliere Forza Nuova, i cui leader, Fiore e Castellino, considerati tra gli organizzatori delle violente proteste no green pass, sono stati arrestati a Roma.

Intanto da venerdì 15 ottobre la certificazione verde diventerà obbligatoria nei luoghi di lavoro, e potrebbero verificarsi situazioni di caos e disservizi nelle aziende e negli uffici, visto il numero ancora alto di cittadini non immunizzati: secondo alcune stime i lavoratori ancora senza vaccino potrebbero essere circa 3 milioni. Abbiamo chiesto al costituzionalista Salvatore Curreri, professore di Diritto costituzionale e pubblico comparato presso l'Università di Enna "Kore", di spiegarci come e perché il governo potrebbe a questo punto pensare a una stretta, introducendo l’obbligo vaccinale per tutti.

Secondo la nostra Costituzione si può rendere il vaccino obbligatorio?

L’obbligo vaccinale è espressamente previsto dalla Costituzione. L’articolo 32 dice che si possono imporre trattamenti sanitari, per legge, con l’unico limite del rispetto della dignità della persona umana. Il fatto poi che debba essere approvata una legge per introdurre il vaccino obbligatorio sembra marginale, ma è invece sostanziale, perché impone che ci sia un dibattito pubblico, e che quindi la discussione avvenga in sede parlamentare. Questo dà ovviamente modo alla maggioranza e all’opposizione di esporre le proprie ragioni. Se fosse invece un atto del governo, come i famosi dpcm, tutto avverrebbe nelle stanze segrete del governo, mancherebbe la trasparenza.

Quali sono le condizioni per imporre l’obbligo vaccinale?

Le condizioni per imporre l’obbligo vaccinale sono diverse. Innanzi tutto ci deve essere un’evidenza scientifica alla base. E su questo profilo noi sappiamo che tutte le agenzie internazionali e nazionali che si occupano di questa materia hanno ormai certificato che i vaccini sono efficaci, che la sperimentazione – seppur fatta in un tempo più breve rispetto al solito per l’urgenza della situazione – ha dato risultati. Si può banalmente considerare il fatto che i ricoveri sono diminuiti, così come è calato il numero di morti. Con questo non voglio dire che i vaccinati non possono essere contagiati o non possono contagiare, ma possiamo dire che il grado di immunità che si raggiunge con la vaccinazione consente ai vaccinati di avere percentuali molto più basse di mortalità e ricoveri, soprattutto in terapia intensiva. Fino ad ora poi si è seguito un approccio graduale, cioè il governo ha sposato la via della raccomandazione, rendendola via via sempre più stringente. Non abbiamo cioè avuto da subito un obbligo vaccinale, che è stato imposto solo per determinate categorie: prima il personale sanitario, poi quello scolastico, quindi il green pass per accedere ai luoghi pubblici, e ora siamo arrivati ai luoghi di lavoro. E questo percorso secondo me è stata la scelta migliore, perché invece di imporre l'obbligo dall'alto si fa in modo che il vaccino sia frutto di una scelta autonoma, seppur incentivata. Ora però siamo arrivati a un punto critico.

Perché?

Perché dopo tutti questi mesi di campagna vaccinale purtroppo abbiamo ancora una quota non indifferente di popolazione non immunizzata. Che è pur sempre una minoranza, ma è una percentuale significativa, circa il 20%. E soprattutto sono persone che lavorano, anche in settori strategici. È abbastanza inverosimile che un lavoratore si faccia un tampone ogni 48 o ogni 72 ore. Quando uno Stato approva una legge il presupposto è che quella legge venga osservata dalla quasi totalità dei cittadini. In questo caso purtroppo abbiamo un comportamento fortemente incentivato a cui una quota di persone non si vuole adeguare. Non è un obbligo irrilevante, ma un obbligo da cui dipende la sanità di tutti. Non vaccinarsi ha delle conseguenze sociali. Noi non abbiamo avuto mai a che fare con fenomeni così estesi di disobbedienza.

Quindi ora potremmo arrivare all'obbligo vaccinale?

Sì, tenga conto che la Corte Costituzionale, su ricorso della Regione Veneto, con una sentenza del 2018 – che si è occupata di un altro obbligo vaccinale, quello introdotto dalla ministra della Salute Lorenzin per i bambini della scuola materna e degli asili nido – ha detto chiaramente che questi provvedimenti del governo sono assolutamente legittimi perché sono a tutela della salute pubblica. Questo è un punto fondamentale: la vaccinazione a beneficio della collettività prevale sulla libertà individuale. Al corteo di sabato scorso sentivamo proprio invocare la libertà. Ma il concetto di libertà previsto dalla nostra Costituzione non equivale certamente a fare tutto ciò che si vuole, disinteressandosi degli altri. Il concetto di libertà va coniugato sempre con il concetto di responsabilità nei confronti degli altri, in un'ottica di solidarietà sociale. La prevalenza della dimensione collettiva è ispirata dalla stessa Costituzione. Ma c'è ancora un'altra condizione necessaria per imporre l'obbligo vaccinale.

Quale?

Anche se il trattamento sanitario non è obbligatorio, ma facoltativo e fortemente raccomandato, chi dovesse avere delle conseguenze negative – e qualunque vaccinazione può esporre un cittadino a conseguenze, anche se è una percentuale statisticamente minima – ha diritto a essere risarcito e indennizzato.

Perché secondo lei il governo ha adottato una strategia graduale, visto che ora ci troviamo a un punto critico?

Perché sostanzialmente ha voluto evitare lo scontro politico. Ha cercato di arrivare alla più larga copertura vaccinale possibile senza seguire la via dell'obbligatorietà, che avrebbe potuto essere una via controversa, cercando piuttosto di far leva sulla persuasione. Una scelta a mio parere corretta. L'obbligo vaccinale è secondo me una soluzione estrema. Quando ci fu la sentenza sui vaccini della Corte Costituzionale, nel 2018, il presidente Zaia diceva le stesse cose che stiamo dicendo oggi: piuttosto che obbligare al vaccino è sempre meglio arrivarci con la convinzione. Ma quando non si riesce a convincere tutti una soluzione drastica bisogna trovarla. Ai bambini non vaccinati è stato impedito di andare a scuola e le vaccinazioni sono tornate ai livelli di qualche anno prima.

Se il green pass limita la libertà di alcune persone, i non vaccinati, si può parlare di discriminazione?

Non si può parlare di discriminazione. Questo concetto presuppone che io stia trattando in maniera diversa persone e situazioni che dovrebbero essere trattate in maniera uguale, discriminando senza una valida ragione. Ma qui una valida ragione c'è, perché è chiaro che nel momento in cui ci troviamo la vaccinazione non è un'imposizione senza giustificazione. I vaccini hanno dimostrato di funzionare e di salvaguardare la salute pubblica. Chi non si vuole vaccinare non si può sentire discriminato o penalizzato, perché la differenza di trattamento è ragionevole e giustificata. Questo è il concetto di eguaglianza in Costituzione: non significa che tutti devono essere trattati allo stesso modo. Una persona che non si vaccina è certamente diversa da una persona che si vaccina, quindi è giusto che riceva un trattamento differente. C'è un motivo fondato per l'introduzione dell'obbligo vaccinale? Sì, e il motivo è la tutela della salute pubblica, in base alla quale la Costituzione stessa prevede trattamenti sanitari obbligatori o limitazione della libertà di circolazione.

È legittima secondo lei la proposta di Lega e Fdi, ma anche di Beppe Grillo, di prevedere tamponi a carico dello Stato per i lavoratori?

Questa è una valutazione politica. Questa richiesta non soltanto avrebbe dei costi non indifferenti per la sanità, ma si esporrebbe a un'obiezione: perché lo Stato dovrebbe accollarsi le spese dei tamponi per persone che potrebbero anche vaccinarsi? Il governo potrebbe però valutarla, se si presentassero per esempio criticità in alcuni settori. Ma secondo me al di là dei costi c'è anche un problema di operatività: non è facile fare tamponi a decine di migliaia di persone ogni 72 ore.

Se si introducesse l'obbligo vaccinale quali sarebbero le sanzioni a cui andrebbero incontro coloro che non lo rispettano?

Questo è un problema, cosa facciamo, mettiamo tutti i no vax in carcere? Fino a quando la disobbedienza ad una legge è marginale si possono prevedere sanzioni, pecuniarie o detentive, si possono fare processi. Ma quando ci si trova davanti a un fenomeno così diffuso di disobbedienza è molto complicato.

In che modo in Italia si può sciogliere un partito come Forza Nuova?

Premetto che un partito in Italia viene sciolto non per le idee che professa, ma per il modo violento con cui le persegue. Nella nostra democrazia ci possono essere anche partiti che perseguono finalità che vanno contro la Costituzione. Basti pensare al periodo in cui la Lega aveva come scopo la secessione dall'Italia, con la costituzione della Padania. Nessuno ha mai messo fuori legge la Lega perché contraria al principio di unità e indivisibilità della Repubblica. Quando parliamo di messa fuori legge lo facciamo non in relazione agli obiettivi politici, ma in riferimento alle modalità non democratiche con cui il partito agisce. La legge Scelba del 1952 prevede due possibilità di scioglimento: o a seguito di una sentenza, e non necessariamente la sentenza deve passare in giudicato. E questo si è verificato nel '73 nel caso di Ordine Nuovo, che fu sciolto prima ancora che il Consiglio di Stato concludesse il procedimento di scioglimento, con la sentenza del '74. La seconda possibilità prevista dalla legge Scelba è che un governo adotti un decreto legge in casi di straordinaria necessità e urgenza. Quello che è successo sabato è qualcosa di inaudito, l'assalto alla sede di un sindacato richiama alla memoria quello che accadeva 100 anni fa. L'escalation, il fatto che non si tratti di episodi isolati, e che siano atti largamente sostenuti e condivisi in quella forza politica, potrebbero portare il governo a rompere gli indugi e intervenire.

Nel caso di Forza Nuova quale ipotesi vede più plausibile?

A mio modo di vedere questa seconda possibilità, che considerata la gravità dei fatti potrebbe essere percorsa, dovrebbe avere il consenso non dico di tutto l'arco parlamentare ma certamente un consenso molto ampio, perché si tratta di una decisione politica grave, mettere fuori legge un partito è sempre una materia da maneggiare con cura. Se invece non ci fosse un largo consenso preferirei la via giudiziaria.

Che peso può avere la mozione presentata dal Pd e sottoscritta da altre forze del centrosinistra?

La mozione è un atto di indirizzo politico, attraverso cui il Parlamento sollecita il governo a prendere una determinata decisione. Ma il governo non è obbligato giuridicamente a eseguire quanto chiesto nella mozione, salvo poi esporsi eventualmente a conseguenze politiche, rischiando di essere sfiduciato.

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