Governo vieta vendita di prodotti con Cbd, ma finanzia con il Pnrr le aziende che li commercializzano
Il governo ha inserito da poco il Cbd nella tabella delle sostanze stupefacenti. È l'ultimo atto della guerra che l'esecutivo Meloni ha intrapreso contro le droghe. Con un decreto, pubblicato lunedì 21 agosto in Gazzetta, il cannabidiolo, estratto ottenuto dalla cannabis, è stato incluso nelle tabelle delle sostanze stupefacenti, all'interno della sezione B della legge 309/90 (Testo Unico sugli stupefacenti ): significa che ora può essere venduto solo come farmaco, con ricetta medica. La vendita per altri usi, di articoli come oli, con proprietà rilassanti, e altri prodotti a base di cannabidiolo da ingerire, che fino ad ora si trovavano anche nei canapa shop, nelle erboristerie o nelle tabaccherie, sarà quindi vietata dal prossimo 22 settembre, data di entrata in vigore del nuovo provvedimento.
Il decreto di Schillaci riprende un vecchio decreto si Speranza, che successivamente venne annullato dopo le proteste del settore della canapa. Il governo Conte bis aveva insomma cercato di fare un passo in questa direzione, poi aveva dovuto fare marcia indietro con una sospensiva, e l'uso non farmacologico degli estratti di cannabis, e quindi anche la produzione e la commercializzazione, erano permessi. Fino ad oggi.
Eppure il mercato del Cbd si sta espandendo in tutto il mondo, con un valore stimato di 20 miliardi di dollari entro il 2024. Anche se in Italia il mercato del Cbd è ancora relativamente piccolo, è comunque in crescita.
La stretta stabilita dal governo avrà ripercussioni su un settore che fino ad ora i governi hanno sostenuto, foraggiato e incentivato anche con cospicui investimenti pubblici, fondi del Pnrr. E il paradosso è che quegli investimenti, una volta che il decreto entrerà in vigore, rischiano di essere totalmente inutili. Un vero e proprio spreco di denaro pubblico.
È il caso di una società milanese, la JustMary, con sede a Milano, la prima società Italiana che si occupa di consegna di cannabis legale, specializzata nella vendita di olio al Cbd, diffuso per le qualità terapeutiche e per la capacità di alleviare lo stress e l'ansia. L'azienda ha vinto nell'aprile del 2022 un bando per aggiudicarsi finanziamenti Simest per l'internazionalizzazione, di cui una parte a fondo perduto.
La Simest, società del Gruppo Cassa Depositi e Prestiti per l’internazionalizzazione delle imprese italiane, ha assegnato all'impresa lombarda risorse dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) pari a 65mila euro, fondi che sono serviti all'azienda di sviluppare il suo business anche all'estero, in Francia, per aprire un nuovo shop. Tutti soldi che la JustMary ha già speso nel corso di quest'anno per realizzare il progetto. In questo caso il 20% dei soldi ricevuti era a fondo perduto.
Ora però il governo Meloni vorrebbe bloccare tutto. Anche se in realtà la JustMary aspetta a giorni l'erogazione di un'altra tranche del bando del 2022, di circa 10mila euro, somma che dovrebbe arrivare a consuntivo del bando. E nel 2023 JustMary ha già fatto domanda per partecipare a un nuovo bando Simest, uguale a quello del 2022, e ottenere altri finanziamenti agevolati e contributi a fondo perduto, a partire sempre da fondi Pnrr. La contraddizione è evidente: prima si finanziano i bandi per permettere alle imprese di allargare il loro business, e poi è lo stesso governo a voler mettere i bastoni tra le ruote alle imprese italiane.
"Su questi bandi tra l'altro c'è il controllo della Guardia di Finanza, il Nucleo Tutela Spesa Pubblica, che vigila sui fondi Simest – dice Matteo Moretti, CEO di JustMary, contattato da Fanpage.it – Prima ci finanziano, con i fondi Pnrr, poi la Gdf ci sorveglia, con un ulteriore impiego di soldi pubblici, e poi ci chiudono, impedendoci di vendere i nostri prodotti".
Eppure la JustMary è un'azienda in salute: ha chiuso il 2022 con 700mila euro di fatturato. La società ha 20 collaboratori, da sommare all'indotto, e, nel 2022, ha speso 300mila euro per comprare prodotti, oltre a 500mila euro spesi in servizi come marketing, spedizioni e contabili. Insomma il governo italiano ostacola le società che vendono olio Cbd, e contemporaneamente, fa notare Moretti, si continua a vendere marijuana sul mercato illegale "favorendo la criminalità, cosa che invece andrebbe combattuta".
"Senza dimenticare che mettono alle strette società che loro stessi hanno finanziato. Se trattano così i loro investimenti si capiscono i problemi a trovare i fondi per la legge di bilancio. Da parte nostra vorremmo invece fare la nostra parte, pagando le tasse, così da aiutare a coprire le spese dello Stato. Secondo stime, la piena legalizzazione della marijuana, come già avvenuto in California, porterebbe nelle casse dello stato circa 5 miliardi di euro", dice ancora Matteo Moretti.