Governo tace su Paragon, Palazzo Chigi si rifiuta di rispondere a interrogazione Avs: “Non possiamo”

Il governo "non può rispondere" sul caso Paragon. È questa, fanno sapere da Avs, la replica di Palazzo Chigi all'interrogazione parlamentare presentata dal deputato Marco Grimaldi sul caso dello spionaggio con lo spyware Graphite dell'azienda israeliana Paragon Solutions, ai danni del direttore di Fanpage.it Francesco Cancellato, del cappellano di Mediterranea don Mattia Ferrari e di altri attivisti.
Si ricorda che Paragon Solutions vende il suo prodotto esclusivamente ai governi, che dovrebbero usarlo per prevenire attività criminali. Dopo aver negato in un primo momento la sospensione del contratto, lo scorso 14 febbraio il governo ha confermato quello di cui eravamo già a conoscenza, e cioè che l'azienda ha interrotto i rapporti con i suoi clienti italiani. Secondo il governo questo è avvenuto per consentire lo svolgimento delle indagini della Procura di Palermo e di Napoli, e per lasciar lavorare il Copasir e l'Agenzia per la cybersicurezza, che stanno approfondendo il caso.
Il governo, fa sapere sempre Avs, nella nota in cui comunica la sua scelta di non rispondere all'atto ispettivo di Grimaldi, fa appello all'articolo 131, primo comma del Regolamento. Ma in tale norma si prevede che, in caso di rifiuto, si debba sempre "indicare il motivo". E invece, sottolineano in Avs, "di motivi neanche l'ombra. Dicono no e basta. Ed è gravissimo che il governo decida di non rispondere ad un'interrogazione parlamentare".
Nel testo, Grimaldi chiedeva di sapere "quale amministrazione" avesse "firmato l'atto di classificazione"; quale sia "il livello di segretezza" attribuito alla vicenda "considerato che per legge bisogna sempre specificarne la modulazione tra segretissimo, segreto, riservatissimo e riservato a seconda del grado di danno che la conoscenza di certe informazioni possono recare alla sicurezza nazionale" e infine "se non ritenga urgente fare chiarezza sull'intera vicenda".
Non è certo la prima volta che il governo Meloni si trincera dietro il silenzio per il caso Paragon. Lo aveva già fatto in vista di un question time alla Camera, quando era stato chiamato a rispondere a due interrogazioni di Iv e Pd, sull'utilizzo del software di Paragon da parte della Polizia penitenziaria o da parte delle Procure. Dopo aver richiamato l'articolo 131 del regolamento di Montecitorio, che permette appunto all'esecutivo di rifiutare di rispondere alle interrogazioni, il giorno successivo il governo aveva smentito sé stesso, e il ministro della Giustizia Nordio era intervenuto in Aula, per dire che "Nessuna persona è stata mai intercettata dalla polizia penitenziaria".
Proprio pochi giorni fa, il sottosegretario Alfredo Mantovano, interpellato da Fanpage.it e da Repubblica durante la conferenza stampa per la presentazione della relazione annuale sull'attività dei servizi segreti, aveva ribaditola linea dell'esecutivo: "Tutto quello che si poteva dire pubblicamente fino a questo momento è stato detto", provando a mettere la parola fine sulla vicenda, che resta oscura.
Cosa chiedeva Grimaldi nella sua interrogazione al governo su Paragon
Grimaldi, nella sua interrogazione che per il momento resterà senza risposte, ricorda come siano "almeno 90 le vittime, inclusi attivisti e giornalisti italiani, spiate attraverso uno spyware graphite di una azienda israeliana" osservando che "intercettare i giornalisti è vietato dalle leggi italiane ed europee, il Media FreedomAct da poco in vigore, impedisce esplicitamente l'uso di spyware ai danni dei cronisti, salvo che per motivi di sicurezza nazionale".
E "il divieto – spiega – riguarda non solo la captazione di tutte le conversazioni, messaggi e dati, ma anche del semplice inserimento del software di spionaggio".
"Alfredo Mantovano, autorità delegata alla sicurezza, con una lettera inviata al Presidente della Camera dei deputati, Lorenzo Fontana, ha comunicato che ogni aspetto della vicenda avrebbe dovuto "intendersi classificato", per cui il Governo ne avrebbe riferito solo al Copasir", si legge ancora nel testo dell'interrogazione.
"In ogni caso – prosegue – la suddetta classificazione addotta da Mantovano non comporta l'automatica secretazione poiché è necessario un iter amministrativo ben definito nelle sue procedure e la predisposizione di specifiche cautele tese a limitare l'accesso alle informazioni classificate, assicurandone la protezione".
"Il caso Paragon – scrive Grimaldi – è connotato da un palese sfregio al diritto all'informazione perché intercettare un giornalista, il cui diritto a proteggere le proprie fonti può essere sacrificato solo in casi estremi, rappresenta una restrizione alla libertà di stampa, pilastro di ogni ordinamento democratico". E "tale libertà non è assoluta, ma per limitarla serve un bilanciamento con gli altri diritti nonché l'osservanza delle garanzie previste dalla legge e non è noto se questi presidi di legalità siano stati rispettati, visto che in base alle regole poste dall'azienda israeliana, lo spyware non avrebbe potuto essere usato nei riguardi di giornalisti".
Grimaldi inoltre dichiara come "il diritto all'informazione" sia "stato leso anche sotto il profilo del diritto alla conoscenza, poiché il suo esercizio, a tutela della democrazia, consente alla collettività di sindacare le decisioni prese dalle autorità pubbliche e il segreto calato sull'intera vicenda ne preclude indebitamente ogni controllo e non basta affermare che un giorno se ne parlerà al Copasir".
"Serve invece chiarire pubblicamente chi e perché ha spiato un giornalista, anche per fugare i dubbi che si tratti di qualcuno che opera all'interno di istituzioni governative, le uniche a cui lo spyware poteva essere dato in uso", sottolinea il deputato di Avs.
Boschi (Iv): "Governo non risponde? Porrò tema in capigruppo"
"Ancora una volta il governo sceglie di non rispondere sul caso Paragon senza neppure indicare una motivazione, è una decisione grave e preoccupante, una lesione alla democrazia", ha dichiarato la presidente dei deputati di Italia Viva Maria Elena Boschi in merito all'interrogazione presentata dal deputato di Avs Marco Grimaldi. "Ha ragione Grimaldi a chiedere trasparenza e chiarezza su una vicenda che coinvolge giornalisti, attivisti ed esponenti della società civile. La libertà di stampa e il diritto all'informazione sono pilastri fondamentali della nostra democrazia e non possono essere sacrificati nel silenzio o nel segreto. Mi farò carico di porre la questione alla prossima conferenza dei Capigruppo, affinché il Parlamento possa discutere apertamente delle implicazioni di questa vicenda. Gli italiani hanno il diritto di avere risposte adeguate dal governo".