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Crisi di governo 2019

Governo, cosa succede adesso: tutte le tappe dalla sfiducia al possibile voto anticipato

Tutto rinviato a domani: l’Aula del Senato dovrà decidere il calendario da seguire, con la scelta della data in cui votare la mozione di sfiducia al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Per ora l’informativa di Conte è prevista per il 20 agosto (ma domani dovrà arrivare la conferma o meno). Ma cosa succederà da quel giorno in poi? E quali sono le date possibili per un eventuale voto anticipato?
A cura di Stefano Rizzuti
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Per oggi è tutto rinviato. Sulle tempistiche della crisi di governo non ci sono ancora certezze. La conferenza dei capigruppo del Senato non ha trovato un accordo all’unanimità e dovrà essere l’Aula di Palazzo Madama a stabilire il calendario dei lavori. E, di conseguenza, il voto sulla mozione di sfiducia al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che aprirà formalmente la crisi di governo. Oggi il centrodestra – formato da Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia – ha chiesto di poter votare il 14 agosto la mozione di sfiducia presentata dal Carroccio. Movimento 5 Stelle, Pd e Leu hanno ipotizzato come data per l’Aula quella del 20 agosto. Domani il Senato deciderà con un voto quale delle due ipotesi prevarrà. Per ora Conte è convocato al Senato il 20 agosto, per effettuare le sue comunicazioni a seguito della crisi di governo.

Quando si voterà la sfiducia a Conte

La data del 20 deve essere confermata domani al Senato. Teoricamente l’asse che opta per questa data dovrebbe avere la maggioranza, ma nulla è scontato, soprattutto in questi giorni in cui molti parlamentari sono in vacanza. Se tutto venisse confermato, Conte dovrebbe andare in Aula il 20 e dopo le sue comunicazioni potrebbe seguire una strada a sorpresa: quella di non aspettare il voto di sfiducia del Parlamento decidendo di andare direttamente al Colle a dimettersi. Ipotesi che circola nelle ultime ore, ma che sembra per ora meno probabile di quella di un voto in Parlamento che sfiduci Conte. In entrambi i casi, comunque, inizierebbe ufficialmente la crisi di governo.

Solo da quel momento in poi il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, potrebbe aprire le consultazioni. A quel punto le possibilità sono due: o dalle consultazioni emergerà un’altra maggioranza (magari anche provvisoria, come si ipotizza per evitare l’aumento dell’Iva) o si tornerà al voto. Nel caso in cui prevalga l’ipotesi delle nuove elezioni – che per ora diamo per buona non essendo ancora ufficialmente emerse convergenze certe che portino alla formazione di una nuova maggioranza – Mattarella dovrebbe sciogliere le Camere, con un decreto. Si tratta del primo passo verso le elezioni anticipate.

I tempi per tornare al voto

Una volta sciolte le Camere ci sono alcune regole da rispettare. Innanzitutto temporali: tra lo scioglimento del Parlamento e il voto devono passare almeno 45 e al massimo 70 giorni. Ma il numero di giorni da prendere come riferimento è un altro: per il voto all’estero servono 60 giorni. Per cui ci vorranno due mesi prima di poter tornare al voto. Proviamo a fare due conti: ponendo il caso che le consultazioni siano molto, molto veloci potremmo ipotizzare che lo scioglimento arrivi prima della fine di agosto. Se si votasse la sfiducia il 20 agosto al Senato potremmo considerare qualche giorno per le consultazioni e ipotizzare, quindi, di arrivare allo scioglimento delle Camere entro il 27 agosto. Il che vorrebbe dire che la prima data disponibile per votare sarebbe quella del 27 ottobre. Più probabile, in realtà, è che il Colle abbia bisogno di un paio di giorni per le consultazioni (nel caso in cui non si trovi la maggioranza) a cui vanno aggiunti i giorni successivi al voto di sfiducia per i decreti che portano allo scioglimento delle Camere e poi quello che indice nuove elezioni. Ancora più probabile, quindi, è la data del 3 novembre per le elezioni politiche. Sempre che si decida realmente per un voto anticipato.

Cosa succederebbe dopo il voto

A quel punto si presenta un altro inconveniente: la legge di Bilancio. Le scadenze da rispettare, anche in questo caso, sono molte. Anche se spesso diventano flessibili. Entro fine settembre va presentata la nota di aggiornamento al Def, entro il 15 ottobre il progetto di bilancio all’Ue e infine entro il 20 va presentato in Parlamento. Il problema reale è approvare poi la manovra in Parlamento entro il 31 dicembre. Altrimenti si va incontro all’esercizio provvisorio con un rischio elevatissimo: non riuscire a scongiurare l’aumento dell’Iva. Se si votasse a fine ottobre o inizio novembre i tempi sarebbe strettissimi: una volta che si terrà il voto serviranno venti giorni per eleggere i presidenti delle Camere. Poi inizieranno le consultazioni che potrebbero richiedere anche pochissimi giorni in caso di maggioranza chiara venuta fuori dalle urne. In ogni caso se si votasse il 27 ottobre il governo non ci sarebbe – ottimisticamente – prima del 20/25 novembre. E approvare la manovra in poco più di un mese sembra un’impresa quasi impossibile.

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