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News su migranti e sbarchi in Italia

Gli oggetti ritrovati in uno zaino su un barchino di migranti affogati nel Mediterraneo

Fogli di carta, forse di un libro o di un quaderno, scarpe, vestiti, un anello. Ma anche bagnoschiuma, caricatori del telefono, una cintura, dei fazzoletti. Sono gli oggetti che gli attivisti della Ong Open Arms hanno trovato in uno zaino e su un barchino abbandonati in mezzo al Mediterraneo. Una testimonianza degli orrori che avvengono tra queste acque, davanti all’indifferenza dell’Europa.
A cura di Annalisa Girardi
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Credit: Open Arms
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"Oggi, durante la navigazione, abbiamo trovato i resti di una barca e uno zaino abbandonati in mare. Dentro, tanti ricordi, oggetti cari e conservati con cura. L'orrore di queste morti senza testimoni richiamano l'Europa a tutte le sue responsabilità. Noi continuiamo". Questa la tragica storia raccontata dagli attivisti di Open Arms, l'Ong che soccorre i migranti e salva vite umane nel Mediterraneo. E che oggi si è imbattuta nei resti di un barchino naufragato e in uno zaino in mare aperto. Delle testimonianze degli orrori che accadono tra queste acque, sotto il naso dell'Europa per cui si parla di emergenza e di numeri, mai abbastanza di persone, ognuna con la propria storia. Che però, ogni tanto, il Mediterraneo restituisce.

"L'orrore di ritrovare i resti di così tante morti senza testimoni, vite stroncate dall'attuale viltà politica: ecco il motivo per cui siamo qui, perché questi crimini non siano nascosti nella grande fossa del Mediterraneo", ha aggiunto ancora Oscar Camps, fondatore di Open Arms. Le foto scattate dagli attivisti mostrano fogli di carta, forse di un libro o di un quaderno, scarpe, vestiti, un anello. Ma anche bagnoschiuma, dei caricatori del telefono, una cintura, dei fazzoletti. Tutti oggetti della vita quotidiana che però, per i loro proprietari si è interrotta nel Mediterraneo centrale.

A inizio settembre Safa Msehli, portavoce dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni a Ginevra, aveva denunciato come già 350 persone avessero perso la vita nel Mediterraneo centrale nel 2020. Nell'ultima settimana del mese si erano poi contati cinque naufragi lungo la rotta tra l'Italia e la Libia, costati la vita ad almeno 200 persone. A fine ottobre, altre 140 originarie del Senegal erano morte nel peggior naufragio dell'anno dopo che la barca su cui viaggiavano era affondata non lontano dalla costa.

Il tutto mentre le navi che salvano le vite umane sono bloccate in porto dai vari provvedimenti italiani. E mentre l'Europa continua a parlare di solidarietà, collaborando allo stesso tempo con la Guardia costiera libica direttamente implicata nel massacro che ogni giorno va avanti nel Mediterraneo. Senza le Ong in mare non solo aumentano i pericoli per chi salpa, nella speranza di raggiungere l'Europa, ma crescono anche i rischi per queste persone di essere intercettate dai militari libici. Che riportano i migranti ai campi di detenzione nel Paese, dove prosegue la catena di violenze, soprusi e violazioni dei diritti umani.

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