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Gli italiani under 40 sono preoccupati per la pensione e fanno bene: lo studio della Corte dei conti

Il 91% degli italiani tra i 35 e 44 anni è preoccupato per la pensione. La Corte dei conti, in un rapporto, ha sottolineato che la situazione è “delicata” per molti, specialmente chi lavora in certi settori e si trova a essere “particolarmente fragile” per quel riguarda la pensione futura.
A cura di Luca Pons
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Il 77% degli italiani è preoccupato per la propria pensione. A rivelarlo è un sondaggio di Swg realizzato per La7, che ha anche sottolineato come a essere più preoccupati non siano i più prossimi a lasciare il mondo del lavoro, anzi. Ben il 91% di chi si trova tra i 35 e i 44 anni ha espresso preoccupazione. Si tratta, infatti, della fascia d'età in cui è comune iniziare a pensare al proprio futuro e ritrovarsi di fronte un sistema pensionistico piuttosto complesso e in cui le aspettative, spesso, non sono promettenti.

A giustificare, in un certo senso, questa preoccupazione è anche la Corte dei conti. L'organo addetto al controllo dei conti pubblici, nel suo annuale Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica, ha dedicato un'ampia sezione alla spesa per le pensioni, e in particolare anche ai "trattamenti pensionistici in prospettiva", cioè alle pensioni del futuro.

Chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996 parte svantaggiato

In particolare, l'analisi della Corte ha riguardato chi aveva 40 anni nel 2020 (quindi oggi ne ha 43, pienamente nella fascia d'età che risulta più preoccupata secondo il sondaggio Swg). Questo gruppo rappresenta i circa 800mila lavoratori che, in Italia, rientrano pienamente nel sistema pensionistico di tipo contributivo. Cioè, sono entrati nel mondo del lavoro dopo il 1996 (con la riforma Dini) e quindi la loro pensione si calcolerà sulla base di tutti i contributi che hanno versato nella loro carriera. Non, come avveniva prima, sulla base degli stipendi ricevuti nell'ultima fase della vita lavorativa.

Il sistema contributivo pone dei problemi a tutta una serie di persone: chi entra nel mondo del lavoro tardi, chi lavora in modo intermittente. Soprattutto, chi ha salari bassi. Stando al campione preso in considerazione dalla Corte dei conti, il 28% del gruppo ha un reddito lordo al di sotto dei 20mila euro all'anno. Ma se si amplia a tutta la platea, al di là dell'età, ben il 40% dei lavoratori si trova al di sotto di questa soglia. Ne deriva che, con un reddito basso, sono bassi anche i contributi versati e, quindi, la pensione accumulata.

Per la Corte dei conti servono meno lavoro precario e salari più alti

La Corte ha rilevato che solo alcune categorie di lavoratrici e lavoratori hanno un ‘montante contributivo' adeguato, cioè versano abbastanza contributi da poter ricevere una pensione soddisfacente. Si parla, in particolare, dei professionisti delle forze armate e di chi lavora nella sanità, in media.

Al contrario, i settori con le situazioni più problematiche sono quelle dei lavoratori parasubordinati (ad esempio chi opera con contratti co.co.co.) e degli autonomi, oltre che per i coltivatori diretti. In questi casi, non solo c'è un reddito medio più basso, ma ci sono molte situazioni di lavoro intermittente, che non permette di versare contributi in modo continuativo.

La Corte dei conti, nella sua analisi, ha proposto sostanzialmente due soluzioni parallele. La prima è "favorire carriere più continue", la seconda è garantire "livelli salariali più sostenuti", che richiedono maggiore produttività e maggiore crescita economica. In più, ha suggerito la Corte, chi si trova in una situazione delicata potrebbe valutare le pensioni integrative, cioè i fondi pensioni con cui assicurarsi un secondo assegno quando ci si ritira dal lavoro. Una scelta comunque non facile, soprattutto quando si ha uno stipendio basso che non permette di mettere molto da parte.

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