"Ma quando un idiota fa il salto di qualità, lo diventa di più o di meno?". Così si chiedeva Paolo Rossi qualche anno fa in uno dei suoi spettacoli teatrali e così mi chiedo io: se al tizio x, poniamo il caso sia un vero idiota, regali l'illusione della visibilità, credi che impiegherà molto per farsi riconoscere? Per carità, non mi interessa entrare nell'eterno ed inutile dibattito della "violenza verbale" sul web (discorsi che mi provocano l'orticaria, in genere, proprio per la loro totale mancanza di costrutto e di connessione col reale). Si tratta solo di ragionare sulle coordinate nelle quali inquadrare la marea di insulti, auguri di morte e di disgrazie varie piovuta addosso all'ex segretario del Partito Democratico Bersani dopo aver accusato un problema di natura cerebrale (che lo ha costretto sotto i ferri dei neurochirurghi dell'ospedale di Parma).
C'è chi chiede di non dare visibilità a questa "roba", chi si indigna, chi opera mille distinguo, chi gioca alle strumentalizzazioni, chi ne fa una questione di carattere socio-antropologico. E c'è chi, come me, semplicemente li ringrazia. Perché il cinismo a buon mercato e la vigliaccheria da tastiera sono così lontane dal mio modo di intendere la vita da rendermi felice di essere diverso da loro. Perché non importa cosa, chi, come, quando e perché, ma non c'è un motivo al mondo che mi spingerebbe ad augurare la morte a qualcuno. Perché l'abbraccio del branco non mi sarebbe di conforto, ma porterebbe a vergognarmi. Perché il fatto che io, in questo caos e nell'ingorgo di rabbia, indignazione e conformismo, sappia ancora riconoscere l'idiozia è tutto sommato una gran bella notizia.