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Gli infermieri senza l’indennità promessa minacciano lo sciopero: “Siamo eroi dimenticati”

Il segretario di Nursind, Andrea Bottega, spiega in un’intervista a Fanpage.it che gli infermieri non hanno ancora ricevuto l’indennità promessa un anno e mezzo fa. I soldi ci sono, ma manca la volontà della politica: “Siamo eroi dimenticati – sottolinea – se non ci ascolteranno saremo costretti a dichiarare lo sciopero”.
A cura di Tommaso Coluzzi
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Eroi dimenticati mentre si trovano ancora in trincea. È questo il destino degli infermieri, almeno per quanto riguarda l'indennità che era stata promessa ormai più di un anno e mezzo fa e che nelle buste paga – che già di per sé non sono alte – non si è mai vista. Gli angeli della prima ondata erano e continuano ad essere lavoratori retribuiti, a cui era stato detto che il loro sacrificio sarebbe stato ricompensato. Perciò ora viene chiesto alla politica di agire e di farlo in fretta: "Abbiamo dichiarato lo stato di agitazione del personale sanitario, perché con la Legge di Bilancio dello scorso anno sono stati stanziati dei soldi per riconoscere il nostro valore – spiega il segretario del sindacato degli infermieri Nursind, Andrea Bottega, in un'intervista a Fanpage.it – Sono stati stanziati 500 milioni per i medici, 335 milioni per gli infermieri e 100 milioni per le altre professioni sanitarie e sociosanitarie. Però veniva fatta una distinzione. Il personale medico a partire da gennaio lo ha ricevuto, mentre per gli altri è stato rimandato alla stipula dei contratti. Per decidere misura e modalità di distribuzione di questi soldi". Ma di fatto, "ad oggi siamo ancora in alto mare con il contratto".

Il punto più paradossale è proprio questo: i soldi ci sono. "Considerato che il contratto verosimilmente si chiuderà la prossima estate, abbiamo proposto ai senatori di tutte le forze politiche di modificare la manovra, così da distribuire quelle risorse divise per il numero di persone – continua Bottega – Parliamo circa di 75 euro lordi al mese, 950 euro lordi all'anno per il personale infermieristico". Ora come ora "siamo alle soglie della quarta ondata e non abbiamo visto un euro in più, perché i soldi stanziati sono stati utilizzati per le indennità da contratto". E "riteniamo che sia un segno di vicinanza delle istituzioni nei confronti di quelle professioni impegnate in prima linea". Se questa richiesta non dovesse essere accolta "saremo costretti a dichiarare lo sciopero, perché vuol dire che non ci vogliono pagare". È arrabbiato, il segretario di Nursind: "Dove sono questi eroi? Il Milan ci ha dedicato la curva, i cittadini e i malati si ricordano lo sforzo fatto, ma chi vive dentro le istituzioni? Ci hanno mandato a combattere con le scarpe di cartone nella steppa, questo è stata la prima ondata – si sfoga – Abbiamo avuto un sacco di colleghi infettati e morti. Quale riconoscimento abbiamo avuto? Niente, allora siamo eroi dimenticati".

La carenza di personale e le soluzioni possibili

Gli infermieri devono fare i conti da tempo con un problema storico, ovvero la carenza di personale: "La situazione è tragica da diversi punti di vista – spiega Bottega – Mancano gli infermieri nel mercato del lavoro, perché tutti quelli che c'erano sono stati assunti. Le vaccinazioni le stanno facendo i pensionati e le case di riposo non hanno infermieri, perché hanno partecipato tutti ai bandi per entrare nella sanità pubblica". Ad esempio in Veneto "la Asl assume gli infermieri e poi li manda nelle case di riposo, siamo al paradosso". La stessa Asl che poi "chiude i reparti per ricavare personale". Per lavorare in prospettiva "dobbiamo in primis evitare le fughe all'estero, che ci sono state negli anni, chi in Germania chi in Inghilterra – continua il segretario – Nel frattempo i professionisti che vengono dagli altri Paesi europei sono sempre meno. Ci dovrebbe essere un accordo con l'Albania, ma la situazione è tragica dappertutto". La priorità è "costruire il futuro – insiste Bottega – Anche perché il Pnrr prevede l'aumento di personale con la presenza dell'infermiere di famiglia, ma i conti del fabbisogno del personale considerano la pensione a 67 anni e il fatto che i corsi di laurea sono sempre pieni". Ma attenzione: "Il primo anno il 25% in media abbandona gli studi". E poi "sono 17mila i posti, anche se le Regioni ne avevano chiesti 24mila". Resta l'imbuto formativo: "Tra tre anni da questi 17mila ne vengono fuori 13mila e il turnover è un massacro".

Il segretario di Nursind ha un paio di proposte per provare ad arginare la tendenza nell'immediato: "Togliere il vincolo di esclusività dei dipendenti pubblici e inserire la possibilità da parte delle aziende sanitarie di acquistare ore extra rispetto a quelle previste, con una maggiorazione oltre lo straordinario". Poi bisogna considerare, più strutturalmente, che la professione infermieristica non è molto appetibile per i ragazzi: "Per ogni posto messo a bando c'è una domanda e mezza, rispetto magari a fisioterapia dove il rapporto è uno a otto – ricorda Bottega – Bisognerebbe incentivare, magari con borse di studio per il secondo e terzo anno, visto che vengono utilizzati come forza lavoro. Poi deve essere risollevato il valore retributivo della professione per competere con gli stipendi europei. L'Italia sia come infermieri per mille abitanti, sia come retribuzione, è tra i Paesi più in basso nella classifica Ocse". E infine "bisognerebbe anche lavorare sulla carriera, strutturare la professione in modo che ci sia possibilità di crescita". Ad esempio "in Inghilterra c'è l'infermiere che prescrive dei farmaci, un altro specializzato in determinate aree".

Che Natale sarà negli ospedali con il Covid

"Non sarà un bianco Natale, sarà giallo se ci va bene e rosso se ci va male", chiarisce subito Bottega. La situazione negli ospedali, però, è diversa rispetto alle ondate precedenti di Covid: "C'è meno occupazione in terapia intensiva rispetto alle altre ondate, ma gli altri reparti cominciano a riempirsi – avvisa il segretario di Nursind – Il grosso problema è che dedicare sempre e gran parte del personale al Covid fa sì che tutte le altre patologie vengano tralasciate". Nella prima ondata "avevamo il lockdown e i pronto soccorso erano deserti se non per il Covid, quindi ora è importante avere i posti di rianimazione libera". Oggi, però, "aumentano pneumologie e malattie infettive".

Gli infermieri non vaccinati che continuano a lavorare

"Quelli che non si volevano vaccinare e non si sono vaccinati non sono mica tutti a casa eh, ogni settimana qualcuno viene sospeso", sottolinea il segretario di Nursind. Nonostante il decreto che prevede l'obbligo del personale sanitario risalga ad aprile, "la Asl competente per territorio deve analizzare il caso di ciascuno per capire perché non si è vaccinato e valutare l'eventuale documentazione clinica presentata". Ci sono commissioni "che stanno ancora lavorando e devono chiudere le pratiche, con dei sanitari che intanto continuano a lavorare perché hanno risposto che loro il vaccino contro il Covid non lo vogliono fare o che hanno problemi di salute". E ribadisce: "Ogni settimana arrivano delle sospensioni". In più c'è la questione terza dose: "Guardando il decreto sembra essere stata spostata a carico dell'ordine professionale la responsabilità del controllo – spiega Bottega – Non so con che risorse possano fare questo. Nella mia realtà c'è un dipendente part time e tutti gli altri membri elettivi lavorano per vivere. Non so come possano prendere in mano tutti questi controlli, inviare la comunicazione, cercare i datori di lavoro". Insomma, l'obbligo di terza dose previsto dalla legge "è ancora una volta una forma di persuasione affinché tutti si vaccinino". La situazione resta "molto complessa", ma è "un motivo in più per chiedere un segno di vicinanza dello Stato nei nostri confronti".

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