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Gli infermieri potranno fare ricette: perché e da quando parte la novità

Gli infermieri potranno firmare prescrizioni infermieristiche – non ampie come le ricette mediche, ma valide per varii dispositivi e materiali – se completeranno una delle nuove lauree magistrali che il governo vuole lanciare e poi si specializzeranno. Una novità che ha sollevato le critiche dei medici.
A cura di Luca Pons
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Immagine di repertorio
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Si avvicina per gli infermieri la possibilità di firmare ricette, che prescrivano ai pazienti specifiche attrezzature o dispositivi medici. Il governo Meloni, e in particolare il ministro della Salute Orazio Schillaci, ha annunciato che nasceranno tre lauree magistrali a indirizzo clinico per gli infermieri (che per lavorare devono ottenere una laurea triennale, mentre l'unica magistrale che esiste è in ambito manageriale, non sanitario) e tre aree di specializzazione infermieristiche.

Una sarà in cure primarie e sanità pubblica, una in cure intensive e nell'emergenza, e l'ultima in cure pediatriche e neonatali. Siamo ancora agli inizi – queste specializzazioni dovranno prima essere recepite dal ministero dell'Università per diventare operative – ma chi si specializzerà potrà, tra le altre cose, firmare ricette.

Si parlerà di ricette infermieristiche, che sono più ‘contenute' di quelle mediche. Ovvero, possono prescrivere solo alcune cose. Ad esempio cateteri e sacche, altri presìdi per le stomie o dispositivi per l'incontinenza, e in generale presìdi sanitari utili nella pratica assistenziale, legati strettamente all'attività infermieristica. Oggi, per ottenere questi dispositivi serve una ricetta firmata da un medico. L'intenzione del ministero sarebbe quella di "un progetto complessivo" per dare più opportunità di carriera (e anche di stipendio più alto) agli infermieri, ha spiegato Schillaci.

Le ricette infermieristiche esistono da tempo in altri Stati. "In Italia, si potrebbe prevedere la prescrizione diretta di presidi per l’assistenza, ma anche  di farmaci, secondo protocolli condivisi con gli stessi medici, equiparando gli infermieri che operano nel nostro Paese allo stesso livello dei loro colleghi all’estero", chiedeva la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi) già nel 2019. Ad esempio, citavano: "Nel Regno Unito, l’infermiere ha la possibilità di prescrivere un numero ristretto e ben definito di farmaci, nel contesto di un piano clinico paziente specifico dopo diagnosi medica".

Lo scorso anno qualcosa aveva iniziato a muoversi. La Fnopi – che rappresenta circa 450mila infermieri – a febbraio aveva inviato alle commissioni parlamentari competenti un documento in cui tracciavano una proposta di piano molto simile a quella che poi il ministro Schillaci ha annunciato (si proponevano anche altre due aree di specializzazione, una in medicina e chirurgia, e l'altra in salute mentale e dipendenze). A ottobre, la Toscana aveva fatto sapere che – a livello regionale – avrebbe provato a lanciare un iter per arrivare anche alle ricette infermieristiche, in accordo con l'Ordine dei medici.

E sono proprio i medici, finora, che hanno avuto le maggiori lamentele sull'iniziativa del governo. Il presidente della Fnomceo (Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri) Filippo Anelli ha detto: "Siamo sconcertati e rammaricati per non essere stati interpellati come prevede la legge". Anelli ha sottolineato che la ricetta "presuppone una diagnosi e la diagnosi è di competenza del medico", per legge. Non si esclude, quindi, che se la riforma del governo non terrà conto di questi aspetti ci saranno dei ricorsi legali.

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