Bankitalia smentisce il governo Meloni, il Pil crescerà meno dell’1% quest’anno
Oggi le commissioni Bilancio di Camera e Senato hanno ascoltato la Banca d'Italia, la Corte dei Conti, l'Ufficio parlamentare di bilancio, l'Istat e altri ancora per avere il loro parere sul Piano strutturale di bilancio, il documento in cui il governo Meloni ha tracciato le sue previsioni e intenzioni sull'economia per i prossimi sette anni. All'interno ci sono stime, ad esempio, su come e quanto potrà scendere il debito pubblico dell'Italia. O su quanti soldi ci saranno a disposizione da investire nella spesa pubblica. Le previsioni sono state considerate per la maggior parte attendibili o comunque ragionevoli, ma su un punto molti esperti sono tornati: con tutta probabilità il Pil, quest'anno, non crescerà quanto il governo aveva preventivato.
Perché la previsione del governo sul Pil è sbagliata
È stato un calcolo dell'Istat, diffuso nei giorni scorsi, a chiarire che l'obiettivo fissato dall'esecutivo è quasi irraggiungibile. Infatti, nei primi sei mesi dell'anno il Pil è aumentato solo dello 0,4%. Arrivare all'1%, perciò, non sembra plausibile. Oggi l'Istat ha confermato che l'Italia è in una fase "di stato stazionario", in cui ci sono "tassi di crescita abbastanza contenuti". Uno dei motivi è che "si sono spente alcune cause che hanno generato, nel corso degli anni precedenti, dopo la crisi Covid, questa spinta propulsiva".
La Banca d'Italia ha chiarito che, a seguito del nuovo calcolo dell'Istituto di statistica, ci deve essere una "correzione al ribasso di due decimi di punto della stima per l'anno in corso". Anche l'Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) ha sottolineato che ci sono "rischi al ribasso", e che per il Pil di quest'anno questi sono di "un paio di decimi di punto percentuale". Insomma, non si può più puntare all'1%, ma allo 0,8%. Una differenza che può sembrare minima, ma che vale poco più di quattro miliardi di euro.
Anche per l'anno prossimo le stime di crescita "saranno un po' sotto di quanto previsto dal quadro programmatico del governo", secondo Bankitalia. Ma non mancano degli elementi "che fanno ben sperare", ad esempio: "Cresciamo più di altri Paesi, è stata effettuata una revisione del sistema industriale selettiva e sono sul mercato imprese più forti, questo si riflette sull'andamento positivo dell'export. Anche gli investimenti in costruzioni, al di là dei generosi bonus, vanno bene".
Il rischio per le pensioni secondo Bankitalia
Bankitalia ha portato anche altre osservazioni critiche. Il Psb stilato dal governo "non è esente da rischi", perché è piuttosto ottimista (tra le altre cose) sulle entrate dello Stato. Dato che c'è una "elevata incertezza" su questo, basterebbero dei "piccoli scostamenti" in futuro per rendere più difficile mantenere gli obiettivi fissati nel Piano. Senza contare che le riforme scritte nel documento non indicato "le scadenze temporali" e altre informazioni cruciali. Anche l'Ufficio parlamentare di bilancio lo ha sottolineato: ci sono "carenze" sulle informazioni fornite, il Piano "non specifica gli impegni in termini di obiettivi da raggiungere, tempistiche e indicatori"
Per quanto riguarda le riforme già annunciate per l'anno prossimo, ce n'è una in particolare che porta dei rischi importanti secondo la Banca d'Italia. Il taglio del cuneo fiscale, su cui il governo Meloni ha puntato molto, dal 2025 dovrebbe diventare strutturale – cioè diventare la normalità, senza bisogno di essere rinnovato di anno in anno. Ma questo rischia che "venga meno l'equilibrio tra entrate contributive e uscite per prestazioni", che è alla base del "nostro sistema previdenziale". Insomma, riducendo così tanto i contributi versati dai dipendenti si rischia che non ci siano più abbastanza soldi per pagare le pensioni, nel medio periodo.
Tagli alla spesa pubblica in arrivo nei prossimi anni
Più in generale, il Piano è a rischio sia per le "tensioni geopolitiche", sia perché per avere successo dipende in gran parte dai progetti del Pnrr (che nei prossimi due anni dovranno essere molto efficienti per non andare oltre la scadenza). Le prospettive sulla discesa del debito sono realistiche, ma richiederanno "un aggiustamento di bilancio impegnativo e prolungato".
Stessa conclusione per la Corte dei conti: le previsioni del Psb in generale sono "coerenti con quanto richiesto dal nuovo Patto di stabilità europeo". Ma sarà un "percorso impegnativo", in cui "saranno necessarie scelte difficili sull’allocazione delle risorse". Scelte difficili, quindi, per decidere cosa finanziare e dove, invece, fare dei tagli, cioè stabilire cosa "non giustifica più l’impiego di risorse pubbliche".
Di fronte ai probabili tagli dei prossimi anni i Comuni (tramite l'associazione nazionale Anci, presente in audizione) hanno protestato: "Negli ultimi dieci anni i Comuni hanno già imboccato una strada di forte contenimento della spesa. Di fatto stiamo già praticando da anni la traiettoria richiesta al nostro Stato dall'Unione europea. A fronte di questo abbiamo costi per forniture e servizi aumentati sensibilmente. Un ulteriore taglio oltre a quello subito nell'ultima manovra sarebbe insostenibile".
E, se le possibilità di spesa saranno poche, i giudici della Corte hanno anche bacchettato il governo sulle entrate. In particolare, sulle detrazioni e deduzioni fiscali che da mesi l'esecutivo dice di voler tagliare, e che invece continuano ad aumentare: "Nonostante le reiterate raccomandazioni della Commissione europea e le dichiarazioni programmatiche di tutti i governi negli ultimi 15 anni, il numero delle spese fiscali supera oramai le 700 unità. Il Psb non fornisce indicazioni generali sulle modalità del riordino e del taglio dei regimi agevolativi. Non sono pochi i passaggi in cui il Piano prevede un allargamento o conferma degli incentivi".