Al G20 di Roma Mario Draghi ha detto che i leader mondiali hanno riempito i loro "bla bla bla" sul clima di sostanza. Alla Cop26 di Glasgow, poi, ha ribadito che sul cambiamento climatico sono stati "compiuti buoni progressi". E in effetti, sulla carta, alcuni impegni sono stati sottoscritti. Al G20 è stato raggiunto l'accordo sul mantenimento del riscaldamento globale al di sotto degli 1,5 gradi, mentre alla Cop26 è stata firmata l'intesa sullo stop alla deforestazione entro il 2030. Passare dalle parole ai fatti, però, non è sempre automatico e gli ambientalisti puntano già il dito contro le ennesime false promesse.
Le premesse (perdonate il gioco di parole) d'altronde non sono delle migliori. Mentre i leader mondiali stanno discutendo di come evitare la catastrofe climatica, per cui servirebbe ridurre drasticamente i livelli di inquinamento, la Cina ha annunciato di aver aumentato la produzione giornaliera di carbone di oltre un milione di tonnellate. Una crescita di oltre 11,5 milioni di tonnellate nella produzione media giornaliera per far fronte alla crisi energetica e all'aumento dei prezzi del combustibile.
Non è passato inosservato, inoltre, il corteo di circa 400 jet privati, molto più inquinanti di quelli commerciali, con cui i leader mondiali sono arrivati a Glasgow. Il quale, secondo alcune previsioni riportate da Repubblica, ci costerà circa 13 mila tonnellate di emissioni di Co2, più o meno quanto producono oltre 1.600 aerei britannici all'anno. Sulle emissioni e lo stop entro il 2050, del resto, ci sono ancora molte distanze. Il premier indiano Narendra Modi ha detto che il suo Paese raggiungerà l'obiettivo emissioni zero non prima del 2070. E anche la Cina frena, con il ministro degli Esteri Wang Wenbin che sottolinea come le emissioni storiche degli Stati Uniti siano state otto volte quelle cinesi, ribadendo le difficoltà del termine al 2050.
Infine, l'impegno preso sullo stop totale alla deforestazione non convince tutti. In primis per il fatto che è stato sottoscritto anche dal presidente brasiliano Jair Bolsonaro, accusato per ben due volte alla Corte penale internazionale dell'Aja di crimini contro l'umanità per le sue politiche ambientali che stanno accelerando la distruzione dell'Amazzonia. Un dato che mina alla credibilità dell'intesa raggiunta, a cui gli ambientalisti non hanno alcuna intenzione di credere. E forse hanno ragione.